TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

IL LIBRO DEL MESE: RIFIFI’

 

Tempo d’estate, tempo di letture sotto gli ombrelloni, tempo di noir. Un critico letterario ha scritto tempo addietro che polizieschi e noir sono gli unici generi letterari vitali di questo inizio di millennio. Ebbene, il padre putativo del romanzo noir europeo può essere senz’altro considerato lo scrittore francese Auguste Le Breton, alias Auguste Montfort (1913 – 1999) con il suo “Rififì (1953 Sonzogno). Eppure la cosiddetta (e scadentissima) enciclopedia della letteratura De Agostini nemmeno lo cita e come lei chissà quante altre, esattamente come peraltro accade per il grande Walter Tevis, fantascientifico autore da noi presentato il mese scorso. Il termine enciclopedia, da definizione di vocabolario, significa letteralmente: “il complesso organico e ordinato dell’intero scibile”. Ma quale valore può avere un’autodefinentesi enciclopedia se, non solo non vi appare l’intero scibile dell’argomento prescelto, ma addirittura esclude autori significativi e fondamentali per lo sviluppo della società stessa? Perché dovete sapere, cari lettori, che Rififì influenzò direttamente addirittura gli stessi comportamenti dell’autentica malavita francese del dopo guerra. Poi, certo, Le Breton non avrà lo spessore di un Dostoevskij, è ovvio, però…  Ah, l’ottusità e cecità della mediocre critica letteraria moderna, incapace di prendere in considerazione la letteratura di genere, nonostante quest’ultima si sia ormai imposta all’attenzione di quasi tutti i lettori e non di rado si riveli letteratura di ottima qualità, di serie A sotto tutti gli aspetti e perfettamente in grado di spiegare la società a lei contemporanea. Ma se la critica ufficiale la snobba, motivo di più perché io invece la tratti senza prevenzioni di sorta. 

Rififì, dunque, che per primo raccontò il crimine dal punto di vista della malavita e non delle forze dell’ordine, inaugurando con ciò il cosiddetto noir. Per la verità non è stato l’unico. Va, infatti, considerato anche il suo coevo e altrettanto mitico “Grisbì” di Simonin. Tuttavia, se quest’ultimo deve (o no?) tutta la propria fama all’omonimo film di Jacques Becker, con Jean Gabin, Jean Moreau e Lino Ventura, autentico capolavoro del cinema di gran lunga superiore al moscio romanzo da cui è derivato, il prestigio di Rififì (anche dal quale è stato poi tratto un film, nel 1955, per la regia di Jules Dassin) è ampiamente meritato. D’altronde lo stesso termine gergale rififì, benché fosse stato in realtà inventato di sana pianta dall’autore, finì per essere adoperato dalla malavita francese per indicare uno scontro tra bande, un regolamento di conti. E in seguito, sull’onda del successo di questa opera, il termine entrò di diritto perfino nei vocabolari francesi.

Il romanzo è essenziale, veloce e molto dialogato e racconta, con anche riusciti momenti d’introspezione psicologica, la vita e sovente la morte violenta della criminalità parigina, senza fronzoli e con una crudezza così brutale ed esplicita che perfino oggi, a ben 55 anni di distanza, pochi osano fare altrettanto. È un libro pulp ante litteram, se non addirittura splatter, ma soprattutto è assai efficace. Il testo ti prende alla gola e non ti molla più fino alla fine della lettura.

 (…) Il Bordolese emise un gemito. La macchia di sangue s’allargava sul colletto bianco della sua camicia di seta.

Tony lo guardò di sbieco, poi riportò lo sguardo sul Nizzardo. Riprese:

“Ora a te, bel giovane. Per impedirti di andare in giro a vantarti di avermi fregato a poker, ti…”

Un odore più forte di quello del fumo e dell’alcool si sprigionò nell’aria. Il Nizzardo l’aveva mollata. Le sue finestre si spalancarono, piene di terrore. La fifa gli stendeva sulla retina un velo grigiastro; non doveva più vedere molto, il gran giocatore.

Per un decimo di secondo Tony agitò il cannone nel cavo della mano. Sempre così, sparava. Un po’ dal basso, per risalire al bersaglio. Tre volte di seguito schiacciò il grilletto. La prima palla beccò il Nizzardo in fronte, sotto il “grigioperla”. Le altre due un po’ più sotto, verso le guance.

L’uomo crollò in avanti, sulle proprie braccia. Il borsalino rotolò sulla tavola. Un grumo di cervello schizzò sui tre assi.

Un gorgoglio alla destra di Tony… un fetore ancora più acre. Lo Zoppo, verde, con le mani sul ventre, dava fuori l’anima.

Rinvenuto dallo stordimento il Bordolese si alzò. Era stralunato. Istintivamente la mano gli scivolò alla cintura. Alle spalle di Tony una canna abbaiò. Il braccio del Bordolese, fracassato da una calibro dodici, ricadde con due scatti, come una molla.

Tony si voltò di scatto.

La figura robusta dello Svedese si ergeva sulla soglia. (…)

 

Il protagonista è Tony il Lionese, malavitoso della vecchia guardia, ormai giunto all’età della maturità e senza più prospettive perché ammalato di tubercolosi. Tony, bandito freddo e duro ma a suo modo pure umano e corretto, che crede nell’onore e nella lealtà, è appena uscito di galera e si trova di fronte a una nuova e assai meno scrupolosa malavita, gente che non si ferma davanti a nulla (…Tony entrò per primo. Per quanto incallito, lo spettacolo che gli si presentava gli torse le viscere…) e il cui unico credo è il denaro. Tony organizza con la sua banda, mista di elementi italiani e francesi, un colpo in una gioielleria. Si tratta di un piano magistrale, condotto con grande professionalità fino al conseguimento del pieno successo, ma il denaro rubato attira la cupidigia della spietata concorrenza, nuovi e vecchi rancori vengono alla luce e per le strade di Parigi si scatena il rififì, la guerra tra gang rivali.

E, attenzione, Le Breton, raccontando tali violenti avvenimenti, sapeva bene di cosa scriveva, perché lui stesso aveva iniziato la propria carriera come delinquente, entrando e uscendo dal riformatorio. Fu la letteratura a salvargli la vita. La sua prima opera, autobiografica, uscì dopo anni di rifiuti (tutto il mondo è paese), ma finalmente gli aprì la strada a una carriera letteraria costellata da decine di romanzi e culminata nel 1953 appunto con Rififì, un libro splendido, che piacerà a chiunque ami il noir e potrebbe far scoprire un intero affascinante nuovo mondo a chi questo genere finora non ha mai avvicinato.

Massimo Bianco