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Eso Peluzzi a Santuario

Margherita Pira

Un vecchio, dei vecchi accanto a una stufa.

Cercano dal fuoco quel calore che il loro corpo non sa più produrre.

Povere cose che il mare ha succhiato e buttato sulla spiaggia.

 Vivono e non si pongono domande. Del resto se una risposta non l’hai trovata prima, ora è inutile chiedere.

Cosa c’è oltre a quel buio? Forse il nulla o forse il tutto

Non aspettano neppure più. Vorrebbero calore, quel calore che è vita, ma lo chiedono a un carbone acceso. Dove altrimenti?

Una volta uno mi ha detto”Aspetto la campanetta”. Ma probabilmente non aspettano nulla.

Vivono per abitudine. Quando l’esistenza è un’abitudine, lo fai meccanicamente.

Vorrebbero soltanto calore, ma quel calore neanche l’estate può darlo.

La vita gli ha fatto l’ingiuria  di non spegnersi in tempo.

Le ossa si sono piegate, i muscoli sono diventati flosci.

Sono i vecchi della valle del Le timbro. Quando l’inverno si fa rigido, restano inerti davanti a una stufa.

Tutti in apparenza uguali, tutti in realtà diversi per fisionomia e per abiti.

Se li guardi bene, ti accorgi che portano sul viso il ricordo di quello che erano.

“La vita si sconta vivendo”. Ma cosa dobbiamo scontare?

Questo è il grosso mistero.

Se ti poni domande al di là del peccato originale, non trovi risposte.

Cosa dobbiamo scontare in una vita che nessuno ha chiesto di iniziare?

Bisogna trovare un senso, ma qui la matassa si aggroviglia e i vecchi non cercano più di dipanarla.

E’ inutile anche cercare calore. Il calore si affievolisce, ogni giorno un frammento in più.

Chissà se questi vecchi pensavano che sarebbero diventati opere d’arte in un museo?

Non sarebbero certamente stati contenti.

E’ già pesante vivere, figurarsi vivere fissati nell’eternità di un dipinto!

Se provi ad immaginarli in azione, vedi quei vecchi con la lanterna muoversi cautamente tra la neve. Molto spesso la vita non è stata buona con loro. Fatica, ansie, angosce. E ora sono là, con i loro berretti e con il loro freddo. E tante rughe. Ogni giorno un qualche impercettibile segno in più

Poco più in là, le donne cuciono, gli orfanelli camminano ordinati in fila, le suore cappellone sorvegliano severe, ma, forse, ti regalano anche una carezza.

E’ la vita de “La malora” di Fenoglio.

 Come sottotitolo di un suo successo editoriale degli anni settanta “La storia”  Elsa Morante aveva scritto “Uno scandalo che dura da diecimila anni”, forse anche di più, da quando è iniziata la storia.

Allora si capisce come in questa vita grigia, senza luce, possa apparire una Vergine bianca vestita di luce.

Vera o soltanto creata da un bisogno umano? Non ha importanza. E’ importante che dia misericordia. La Nostra Signora di Misericordia, appunto.

Questa creatura divina ti offre un sole oltre il buio e invita i potenti della terra a dare un po’ di ciò che hanno a coloro che dalla vita hanno ricevuto troppe ingiurie.

Peluzzi in questo tipo di realtà è vissuto a lungo, l’ha assaporato sino in fondo e l’ha trasposto in immagini. Le immagini degli ospiti dell’ospizio..

Nelle tavole esposte ci sono soggetti diversi, naturalmente, anche molti paesaggi, ma l’ispirazione dell’artista viene soprattutto da questa piazza del Santuario, in un fondo valle un po’ grigia da dove però si vede uno spiraglio di cielo. E’ bello che i quadri di Peluzzi abbiano trovato una loro definitiva collocazione, proprio in quel vecchio palazzo in cui la vita butta i suoi rifiuti consunti.

Salendo per le scale che portano al museo, si sentono dalle porte socchiuse dei reparti venire le voci dei vecchi che si lamentano, ma a volte anche ridono.

Dopo che la campanetta li avrà accompagnati alla terra dove alla fine troveranno riposo, una parte della loro anima andrà a rivivere nei quadri.

La soluzione della carità è la più ingiusta, ma è anche quella che sino ad ora ha funzionato di più.

Non ha senso qui parlare di diritti umani. I vecchietti non ne capirebbero il significato.

La lotta è fuori, lontana da qui. Ed è giusto continuarla , ma qui c’è posto solo per quella Vergine bianca vestita di luce.

A questo mondo il pennello di un pittore ha dato l’immortalità dell’arte.

  

  Margherita Pira