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ESCLUSIVA- Intervista (senza rete) a Michele Del Gaudio, ex giudice

VENTI DOMANDE E RISPOSTE

AD UN “TESTIMONE ECCELLENTE”

L’ultima pagina, mai scritta, della lunga stagione del teardismo

 

Perché la “Teardo bis” si concluse con un fallimento? Si indagò davvero a fondo sui rapporti Pci-mondo degli affari, degli appalti, degli incarichi professionali? Perché i filoni nazionali dell’inchiesta (Craxi-De Michelis)  si arenarono? E cosa può dire della “pista Iacorossi-Andreotti”, mai resa nota? Ci furono pure arresti che il “giudice ragazzino” oggi, col senno del poi, non firmerebbe? Come ha vissuto, dal suo osservatorio, l’evolversi della giustizia, della legalità, in provincia di Savona? Chi è rimasto tra gli amici veri?
                                                      
di Luciano Corrado


Michele Del Gaudio

SAVONA –  Trucioli Savonesi ha incontrato, a Savona, Michele Del Gaudio, l’ex giudice titolare dell’inchiesta più clamorosa e discussa della storia savonese.


A quando risale la sua ultima visita “pubblica” a Savona?


Del Gaudio – Lo scorso anno, nel mese di maggio.  Ero invitato ad un dibattito-conferenza all’Istituto d’arte. Il tema riguardava la stagione delle “Bombe di Savona”.

In quell’occasione c’era l’assessore provinciale Carla Siri. Ho rivisto con piacere il giornalista Marcello Zinola ed altri carissimi amici come Vladimiro Noberasco, Bruno Marengo, Davide Pesce, Marinella ed Emanuele Varaldo, Franco Astengo, l’ex collega Giovanni Zerilli tra i migliori amici e tra le persone che mi sono state più vicine nei momenti difficili. Non posso non citare Gennaro Avolio, Giuseppe Iovino e Marisa Petrella, vedova del compianto collega Tonino Petrella.
Non vedo da 6-7 anni Francantonio Granero, ma è colpa mia. Per un periodo mi sono chiuso in…poi i libri, gli impegni scolastici, editoriali. Spero di rivederlo proprio in questi giorni, non voglio più trascurare gli amici veri…


Lei è stato un “personaggio” pubblico, possiamo aprire un piccolo varco nella sua vita privata?

 

Del Gaudio – Nessun segreto, volentieri. Qui a Savona vive la mia prima moglie, Luciana, che è rimasta, direi, la migliore amica. Dopo ho conosciuto quella che è diventata mia moglie, Maria  con la quale stiamo crescendo un figlio meraviglioso, Luca di 11 anni e mezzo.  Luciana e Maria si conoscono e si stimano. Vivo con Maria a Torre Annunziata; dedico tre giorni in settimana alla scuola…tre giorni al sociale…

Luciana si è risposata con Vittorio Frascherelli, giudice stimatissimo.

 

Dottor Del Gaudio, cosa non rifarebbe da giudice “ragazzino”, titolare dell’inchiesta su Teardo e C, che ha precorso la grande stagione di “mani pulite”, quella che scosse il savonese, la Liguria e l’Italia, con molti arresti “eccellenti”?


Col senno del poi avrei arrestato qualche persona in meno. Ricordo però che all’epoca non c’era la “cultura diffusa” degli arresti domiciliari, di tutte quelle garanzie propagatesi negli anni…Direi che la scelta era tra il carcere o restare in libertà. Ed il contesto su cui indagavamo faceva emergere fatti da grave allarme sociale…si pensi agli attentati ai cantieri di aziende che pagavano tangenti.


Paolo Caviglia

Possiamo azzardare un nome, Paolo Caviglia, ex deputato, ex presidente della Camera di Commercio, oggi vice sindaco di Savona, visto l’esito finale, assolto, con un piccolo dubbio per un reato minore.., era proprio necessario sbatterlo in carcere (prima in Sardegna, in un penitenziario di massima sicurezza, poi a Sanremo), con esperienze umane che lasciano davvero il segno ?…

Per rispetto di chi, con me, firmò quei provvedimenti, cioé il Pm. Giuseppe Stipo e il capo ufficio Granero, preferirei non rispondere.

 

E l’accusa, non confermata, dell’associazione mafiosa a carico dei maggiori imputati?

Su questo punto non ho dubbi, incertezze. L’associazione mafiosa c’era tutta, proprio tutta. Accadde che la procura generale di Genova non fece appello e su questo capitolo, assai delicato, rimando a quanto ho scritto in un mio libro. Ricordo che tutto si giocò su “intimidazione” ed “omertà”. La Corte di Cassazione concluse che sussisteva l’omertà, non l’intimidazione. La nuova sezione della Corte d’appello sentenziò che esisteva l’intimidazione…La motivazione della Suprema Corte di Cassazione

che sancì una serie di condanne definitive la scrisse Alfredo Carlo Moro, fratello dello statista Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse …


Ha più avuto occasione di incontrarlo? Di parlargli? 

Ho avuto la fortuna e la possibilità di avvicinarlo subito dopo la lettura della sentenza. Il Secolo XIX mi aveva inviato a Roma, a seguire il processo. Non l’ho mai scritto per rispetto e non solo…Il giudice Moro, mentre a tarda sera si allontanava dal “palazzaccio”, ad una mia domanda rispose che il maxi fascicolo processuale l’aveva ricevuto solo pochi giorni prima del dibattimento e quando gli confidai che alcuni legali savonesi, in via riservata, era stati “allertati” di un’assoluzione, rispose “non mi stupisco”. Poi si seppe che in camera di consiglio lo “scontro” fu aspro. Il presidente del collegio fu l’ago della bilancia. Seppi anche che il giudice relatore Moro…

 

Alfredo Carlo Moro non l’ho incontrato, apprendo per la prima volta questi particolari. Non mi stupisco…


In quegli anni, la prima emergenza di Savona era la diffusa corruzione nell’amministrazione pubblica, una tangentopoli micidiale soprattutto tra pubblici ufficiali eletti dai cittadini…il malaffare aveva preso il sopravvento in diversi strati della politica  per arricchimento personale. Miliardi. Ci volle uno sconosciuto Renzo Bailini che non era certo un Mario Chiesa di Milano… per far esplodere la pentola, il grande bubbone. Possiamo sapere se ha avuto, diciamo “echi”, di quale sia oggi lo stato di salute della politica savonese? Di certi contesti  negli affari immobiliari? Ha letto cosa sta accadendo a Genova, seppure siano quisquiglie da mini-mazzette, da nani della politica? Ad interpretare alcune vicende savonesi, certe scelte, i burattini, i direttori d’orchestra. Ecco, “a volte ritornano”…

 

Non entro nel merito, non dispongo di elementi conoscitivi. Diciamo che il virus di Savona è il forte individualismo che porta a privilegiare l’interesse individuale, di gruppo ristretto e di affari, trasferito nella politica, con le immancabili eccezioni ovviamente. Forse si è ricostituita, come allora, una ragnatela che la fa un po’ da padrona. Si antepone i propri affari alla solidarietà, ad esempio, a quelli che dovrebbero essere i superiori interessi collettivi. E su quest’ultimo aspetto la malattia è molto diffusa in Italia.


Gianni De Michelis

La cosiddetta Teardo-bis, con decine di imputati, finita in una “bolla di sapone” per dirla in linguaggio popolare.., Che idea si è fatto? Era veramente “aria fritta”, con  reati in via di prescrizione…Può finalmente rivelarci quali erano le piste indiziarie che portavano a Craxi, De Michelis, ma anche Andreotti di cui non si è mai parlato?

 

Spero di non essere frainteso. Qui possiamo solo parlare di attività indiziaria. C’erano sicuramente elementi e mi pare di averlo scritto, per seguire le “piste” di Craxi e De Michelis.

Il sodale, l’anello di congiunzione era Mach di Palmstein,  negli anni latitante come lo fu lo stesso Craxi… Bisognava, naturalmente, scavare, approfondire. Ripeto, era un problema indiziario. Per Giulio Andreotti, e forse ne parlo per la prima volta…esisteva il filone della Iacorossi (gestione calore di edifici pubblici). Fonti riservate, dunque meritevoli di essere verificate, indicavano la pista Andreotti. Mi spiego, l’azienda era sponsorizzata…Quelli erano i filoni nazionali che lasciammo in eredità ai successori.

 

A livello locale, savonese, c’era l’ira di Teardo e di alcuni amici, perché il Pci restò escluso, con la sola eccezione del sindaco di Borghetto S. Spirito, Pierluigi Bovio, arrestato e poi assolto con formula piena, neppure l’insufficienza di prove…


C’era materiale, per approfondire all’epoca, elementi indiziari per la partecipazione di uomini del Pci in alcune vicende. Ricordo, ad esempio,
Antonio Mirgovi. Ci furono degli avvisi di garanzia. Lavoravamo, con l’esordio della Teardo-bis, sugli anelli di congiunzione tra politica ed affari anche nel Pci. Era solo un’ipotesi e non fummo certamente né io, né Granero a rinunciare.


Chi rinunciò, allora…?

 

Lo ripeto per quanti non seguirono quelle vicende. Io e Granero lasciammo Savona in segno di protesta…. Fummo lasciati quasi soli ed era facile intuirne le ragioni…Ricordo, con rammarico, che il giovane collega Emilio Gatti prese assai male quel nostro abbandono. Sul piano umano posso capirlo. Confermo, invece, che sono rimasto deluso dal collega Maurizio Picozzi. Ricordo che, con Granero, ci eravamo recati, mi pare a Chiavari, dove prestava servizio, per esortarlo a trasferirsi a Savona. Disse di no, poi cambiò tutto. Ci ripensò. Non sono mai riuscito a spiegarmi…Non sappiamo se sul piano giudiziario la Teardo-bis avrebbe dato altri risultati, occorreva dedicarci tempo ed energie, non so francamente cosa sia stato fatto in questo senso. Parto, comunque, dalla perfetta buona fede di Picozzi ed Emilio Gatti. Anche se resto del parere che un’attività investigativa approfondita andava fatta. Ripeto, i filoni nazionali portavano a Craxi-De Michelis-Andreotti.


Francantonio Granero

Lasciata Savona, quali echi ha avuto negli anni sullo stato di “salute” del palazzo di giustizia…sono accadute tante cose, in fretta dimenticate…Oggi c’è molta attesa, speranza, per il ritorno di Granero.


Rimasi molto turbato, sotto il profilo umano, dallo scontro
Picozzi-Acquarone. Per me quest’ultimo era un maestro…Sono sincero, non ho nemmeno capito bene l’origine vera…si è arrivati a perquisizioni quasi reciproche. Due persone perbene…Posso dire che spero nella conferma della notizia del ritorno a Savona di Granero?


E i suoi rapporti, da ex parlamentare, con quello che fu il gruppo dirigente del Pci savonese…?

 

Direi ottimi, sia livello nazionale, sia provinciale. Ricordo, con stima Carlo Giacobbe, Sergio Tartarolo, Maura Camoirano. Non ho avuto occasione di conoscere  Claudio BurlandoCarlo Ruggeri, Massimo Zunino

E gli avvocati che più ha stimato?

 

Ricordo l’ottimo rapporto con Renzo Ratti, Tito Signorile, Giuseppe Aglietto. Antonio Di Maggio era il più “collaborativo”…Ricordo il compianto Vittorio Chiusano che tornai ad incontrare quando ero in Corte d’appello a Salerno. Mi venne incontro, abbracciandomi. Era stato uno dei difensori di Teardo. Mi rivolse parole che non si dimenticano, fui felice ed onorato…

In genere con i legali del processo c’era un rapporto di correttezza, con qualche rara eccezione.


E con i sindacati savonesi…?   

 

In riferimento alla mia attività parlamentare, ovviamente.  Nella prima fase ricordo che furono piuttosto tesi. Lo spiego, da giudice del lavoro avevo avuto esperienze in cui il sindacato parteggiava oltre ogni limite ragionevole per troppe persone che avrebbero dovuto essere espulse prima di tutto proprio dal sindacato.


Un passo indietro, da cronisti si ebbe notizia che, all’epoca degli arresti di Teardo, ci furono tensioni con la Procura generale di Genova. E non solo per Teardo, ma anche nella vicenda del pittore Mario Berrino di Alassio che lei ha seguito…


Spero che
Granero non me ne voglia, se ammetto che mi recai dall’allora procuratore generale Boselli (non mi sembra corretto coinvolgere ora altri colleghi) per informarlo degli arresti e lui chiese di essere sempre informato preventivamente. Cosa che, tuttavia, io non feci.

Per Berrino non so nulla, se non per sentito dire. Le mie conclusioni, nella vicenda che lo riguardava, lo adirarono, ma feci con grande scrupolo il mio dovere, a prescindere da…e proseguendo l’ottimo lavoro di Vincenzo Ferro.


Come vive un ex magistrato a Napoli e dintorni? La giustizia esiste, funziona…?

 

Malissimo, a livello sociale vivo da depresso, a livello individuale sono felice. Sulla giustizia bisogna distinguere. La Procura antimafia con l’amico Franco Roberti è eccezionale, lavorano moltissimo e bene. I problemi della giustizia napoletana, secondo la mia visuale, sono a monte. Vedo insomma una magistratura superiore, non intesa come casta, ad altri gangli dello stato, delle istituzioni. Conosco i colleghi dell’antimafia che operano a Santa Maria Capua Vetere, anch’essi persone di valore, animati da grande impegno.


Dove vorrebbe vivere, qual è la sua città ideale?

 

Non ho dubbi, Savona. Qui ho trovato e trovo molti valori, stimoli veri. Ad iniziare dalla cultura.


Il ministro Melandri con Luca Martino in Sala Rossa
il 5 aprile scorso

I blog Uomini Liberi e Trucioli Savonesi hanno portato alla ribalta, di recente, il risalto che i due più diffusi quotidiani locali, assegnavano da mesi all’assessore comunale di Savona, del Pd, Luca Martino. Il Secolo XIX, in piena campagna elettorale, ha pubblicato sulla prima pagina di Savona la foto “solitaria” di Luca Martino mentre presentava il ministro Giovanna Melandri, a palazzo Sisto. Come spiega, dalla sua visuale, quelle scelte martellanti, per un compagno di partito che lo aggredì, gli semidistrusse l’ufficio perché lei non fece nulla, pare, per evitargli la “naia”? Lei lo denunciò...Seguì una dichiarazione di scuse.

Oggi appare come uno schiaffo, a chi? Un messaggio? Oppure è questione di buon senso, buon gusto, opportunità?

 

Non discuto il ruolo dei giornali, dico che da parlamentare savonese il punto di svolta, per quanto mi riguardò, fu proprio quella triste vicenda. Fui rimproverato dai potentati locali del partito; non avrei dovuto arrivare alla denuncia penale verso i Martino, padre e figlio. Avrei dovuto affrontare il caso il “sede politica” e non giudiziaria. Ho letto, l’articolo di Uomini Liberi sull’assessore Luca Martino, ma si è taciuta la condanna-patteggiata ad un anno e qualche mese di reclusione"per calunnia" . Patteggiamento non significa assoluzione, ma riconoscimento…


Nel Comune di Savona c’era anche il precedente di quell’assessore alla polizia urbana, si proprio alla polizia urbana, finito in arresto dopo un esproprio “proletario” a Loano, con percosse al maresciallo dei carabinieri Giuseppe Pantè. Chi lo volle proprio in quel ruolo? Promosso…

 

Di quella vicenda non so nulla, non ero più a Savona.


Sono le 18, le sedie della saletta della libreria
Ubik sono già tutte occupate per la presentazione del libro di Del Gaudio. Arriva, per un fulmineo saluto, il sostituto procuratore “storico” di Savona, Alberto Landolfi: <Non posso fermarmi, il lavoro mi aspetta, siamo oberati…sapessi!>. Del Gaudio: <…..Grazie, grazie, spero di vederti ancora, coraggio>. Abbracci.

Luciano Corrado