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IL LIBRO DEL MESE:

 L’UOMO CHE CADDE SULLA TERRA
(E FUTURO IN TRANCE)

   Massimo Bianco


Questo mese trattiamo fantascienza per cui, se qualcuno ne è aprioristicamente contrario, può risparmiarsi la lettura di questo articolo. Il giudizio del lettore circa la narrativa è soggettivo per un buon 50%, non si scappa, per cui difficilmente si può apprezzerà un’opera disdegnandone il genere d’appartenenza. Se però apprezzate la fantascienza oppure, non avendo preclusioni di sorta, vorreste indicato un titolo per iniziare la scoperta del genere, bene, “L’uomo che cadde sulla Terra” di Walter Tevis, pubblicato in Italia da Mondadori, è ciò che fa per voi.

  Due parole sull’autore, prima di tutto, perché è ingiustamente poco conosciuto perfino dai cultori del genere. Walter Tevis nacque il 28 febbraio 1928, si laureò in lingua e letteratura inglese e  divenne professore universitario ad Athens, cittadina dell’Ohio. Tevis era appassionato di biliardo ed elaborò sul tema alcune narrazioni più la sceneggiatura di un celebre film, “Lo spaccone”, di Robert Rossen,  interpretato da Paul Newman e da George C. Scott. Pubblicò inoltre un’antologia di racconti di fantascienza, “Lontano da casa” (“Far from home”, 1981), invero non eccezionale, e soltanto tre altri romanzi, sempre di fantascienza. Il primo e di gran lunga più noto della sua fantatrilogia è appunto “L’uomo che cadde sulla Terra” (“The man who fell to Earth”, 1963), trasposto anche su pellicola nel 1976 con il medesimo titolo per la regia di Nicholas Roeg e con una grande interpretazione dell’attore e artista rock David Bowie. Il secondo è “Futuro in trance” (“Mockingbird”, 1980), successivo di ben diciassette anni, altrettanto splendido se non addirittura migliore, il terzo infine è “A pochi passi dal sole” (The steps of the sun,” 1983), purtroppo mal riuscito. Walter Tevis morì ancora relativamente giovane, il 9 agosto 1984, ad Athens.

Il mitico “L’Uomo che cadde sulla Terra” narra la storia di Thomas Jerome Newton, un alieno disceso, per l’appunto, sulla Terra per tentare di salvare la propria civiltà, condannata all’estinzione dall’esaurimento delle fonti di energia, delle materie prime e dalla distruzione dell’ambiente naturale a causa anche di antiche guerre nucleari. Il suo mondo si chiama “Anthea. Un mondo freddo, morente, ma un mondo capace di ispirargli nostalgia, dove c’era gente che lui amava, che non avrebbe rivisto per molto tempo… Ma che avrebbe rivisto.

Perché, grazie alle superiori conoscenze della propria cultura, che gli permettono di brevettare tecnologie innovative nel campo della fotografia, della cinematografia, del raffinamento petrolifero, eccetera, costruisce un potente impero finanziario allo scopo di investire ogni dollaro guadagnato nella sviluppo di un progetto spaziale che gli permetta di andare a recuperare gli ultimi superstiti della sua razza prima che sia troppo tardi. Newton sfrutta la relativa somiglianza esteriore con gli esseri umani per fingersi un uomo, la sua specie però è sostanzialmente diversa dalla nostra anche perché adattata alle caratteristiche del suo pianeta, un mondo più freddo e a più bassa gravità. L’alieno che si fa chiamare Thomas Newton è alto, ma ha una struttura ossea assai sottile (con il suo 1e 90 di statura non raggiunge i 50 chili di peso). È dunque molto delicato rispetto agli uomini e soffre costantemente la maggior gravità terrestre, che gli causa continui malori.

Newton è un essere senziente, “umano” a tutti gli effetti, con la sue speranze, le sue gioie e i suoi dolori. Un personaggio indimenticabile, psicologicamente tratteggiato con grande maestria. Newton ha studiato per anni la società terreste attraverso le onde radio dei programmi televisivi diffuse nel cosmo fino al suo pianeta e ne è rimasto affascinato, ma è pur sempre uno straniero, completamente solo sulla Terra. “L’Uomo che cadde sulla Terra” è dunque anche un romanzo sulla solitudine, sulla difficoltà di rapportarsi con gli altri, sulla xenofobia, sui pericoli che corre l’ambiente. Temi sempre attuali, come si può costatare. Soprattutto, “The man who fell to Earth” è un romanzo di profonda sensibilità, di grande malinconia e pessimismo, assai critico verso la nostra società, e di autentico spessore letterario. Come scrissero in due diverse occasioni Fruttero e Lucentini:

<<Nell’Uomo che cadde sulla Terra non è impossibile cogliere echi più raffinati e profondi, un certo malinconico, fatale abbandono che fa pensare a una specie di fantascientifico vangelo riscritto da Scott Fitzgerald.>> E ancora: <<È un libro semplice e misterioso, delicato e crudele, un gioiello isolato che non ha avuto predecessori né imitatori.>>  Come finisce non ve lo riferisco: spero che lo scopriate da soli leggendolo. A quanto mi risulta il testo è stato ristampato dalla Mondadori nel 2005 e dunque non dovrebbe essere introvabile.

 
Walter Tevis

Poi, se una volta letto vi dovesse piacere, provate a cercare anche “Mockingbird”, pubblicato in Italia con il titolo di “Futuro in trance” dalla Mondadori e di “Solo il mimo canta al limitare del bosco”, dall’editrice Nord. Non giurerei che sia altrettanto reperibile ma datevi da fare, scavando eventualmente anche nelle bancarelle dell’usato, perché merita ampiamente la lettura. I suoi due lavori principali sono entrambi splendidi, non a caso c’è chi ritiene superiore l’uno e chi preferisce l’altro, ma per chi scrive è forse Mockingbird il vero capolavoro di Tevis.

 Si tratta di un romanzo bellissimo e malinconico, una triste distopia (cioè utopia negativa) sul tipo di “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley, rispetto al quale è assai meno noto e acclamato, anche perché di molto successivo, ma a personalissimo parere di chi scrive perfino migliore, soprattutto perché narrativamente più convincente. Aggiungo che quest’opera non è inferiore né a “1984” di George Orwell né a “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury, capolavori riconosciuti del genere, e meriterebbe altrettanta considerazione.

 Mockingbird” è la storia di un mondo futuro, alienato da una società così oppressiva da divenire autodistruttiva, un mondo in cui è vietato leggere (proprio come in Fahrenheit 451) e pensare con la propria testa. Un mondo in cui gli esseri umani vengono intontiti con le droghe affinché non si pongano domande e vengono asetticamente nutriti con cibi sintetici e insapori e accuditi dalle macchine come neonati. Un mondo dove la storia stessa è stata abolita, perché potrebbe risvegliare le coscienze, tanto che non vengono neppure più contati gli anni. “Non fare domande, rilassati” è l’ordine vigente di una società che cerca stabilità a ogni costo. Quello di Mockingbird è un mondo in cui l’umanità, come ben spiega il titolo Mondadori, vive letteralmente in stato di trance e va lentamente estinguendosi per inedia. Tre sono i protagonisti di questa storia, Paul Bentley e Mary Lou, con la loro lenta riscoperta del reale valore dell’esistenza e del significato di essere uomini (indimenticabile ad esempio la scena in cui in cui Bentley conosce per la prima volta una cosa per noi normalissima come la frittata e si entusiasma per il gusto del primo cibo naturale della sua vita) e il potente e umanissimo Spofforth, forse il più riuscito e convincente androide dell’intera storia della fantascienza. Al contempo questa è anche una riuscita storia d’amore e un inno all’umanità e alla speranza. Ovviamente la tematica prescelta dall’autore non è nuova, in compenso è trattata con grande sensibilità e raffinatezza. “Futuro in trance” una volta letto non lo si dimentica facilmente.

E così con questo grande romanzo i libri di giugno 2008 sono diventati due, ma ne vale la pena.

Massimo Bianco