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L’EUROTOWER PRONTA A COLPIRE ANCORA

     Marco Giacinto Pellifroni


Jean-Claude Trichet 

E così, i neotemplari di Francoforte, guidati dal francese Trichet, nel festeggiare il decennale dell’euro, promettono baldanzosi un altro siluro per luglio: uno 0,25% da aggiungere al 4% in vigore ormai da un anno nell’eurozona, nonostante i danni che un tasso già doppio di quello americano ingenera in molti Paesi europei, Italia in testa. La notizia ha fatto subito rimbalzare l’euro nei confronti del dollaro, dopo soli due giorni dal  vigoroso ricupero di quest’ultimo, dovuto ad una dichiarazione del collega americano di Trichet, Ben Bernanke, che prometteva di non procedere più ad ulteriori tagli dei tassi. Il motivo addotto per entrambe le dichiarazioni è il solito: la lotta all’inflazione (in buona parte preventiva per la BCE, correttiva per Bernanke).  

Un inciso a proposito di banche centrali e inflazione.

Le banche centrali hanno due principali strumenti per incidere sui mercati: tasso di riferimento ed emissione di moneta. Altri poderosi attori sono le banche commerciali, che oggi possono praticamente prestar soldi ad libitum, grazie a una riserva frazionaria prossima a zero. Sia le une che le altre non hanno fatto in questi ultimi decenni che farci passare da una bolla all’altra con relativi scoppi. Limitiamoci all’ultimo decennio: lo scoppio della bolla hi-tech/Internet, in fieri nel 2000 e poi verificatosi d’un botto l’11 settembre 2001, ha spinto i creatori di moneta ad inondarne i mercati, portandoci così alla successiva e devastante bolla immobiliare, scoppiata a sua volta l’agosto scorso. A quel punto, l’unica preoccupazione dei banchieri centrali è stata quella di espletare la loro funzione di salvatori di ultima istanza delle banche in difficoltà. Ma, mentre la Fed americana apriva entrambe le valvole di sicurezza (tassi in discesa ed emissione monetaria in salita), la BCE agiva solo sulla seconda, alzando a ritmo serrato la prima. Così, mentre negli USA si procedeva ad una svalutazione del dollaro, sull’esempio della nostra lira, per stimolare le esportazioni, salvando nel contempo i responsabili del disastro, ossia non solo le banche commerciali, ma anche e soprattutto quelle d’investimento, la BCE concorreva al salvataggio delle banche, con poderose iniezioni di liquidità a tassi di favore, ma stringeva i cordoni del denaro sul mercato interno, provocando una situazione di impoverimento, soprattutto delle classi che già stavano peggio. In sostanza, tutti gli sforzi della nostra banca centrale si sono spesi in soccorso di chi aveva provocato il disastro, lasciando invece i cittadini, ossia la parte più debole, esposti al flutti della c.d. tempesta perfetta. Se la Fed americana,nei 95 anni dalla sua istituzione ha visto il dollaro perdere il 96% del suo potere d’acquisto, la BCE è riuscita, almeno in Italia, a ridurlo di circa il 50% in 7 anni. Eppure, entrambe le istituzioni hanno come primario obiettivo proprio la stabilità della moneta! Morale: non capisco cosa ci sia da festeggiare nei saloni dell’Eurotower, brindando all’imbrigliamento di quell’inflazione di cui il sistema bancario è invece in gran parte responsabile. 

La parola inflazione evoca nei tedeschi le disgrazie della Repubblica di Weimar, quando nel primo dopoguerra si faceva la spesa con la carriola, non tanto per caricarvi gli acquisti, quanto per portarvi le banconote. I riferimenti più recenti, qui da noi, evocano invece il destino dell’Argentina, esortando quanti si lagnano dell’euro troppo forte a immaginare un’Italia che nel 2001 non ce l’avesse fatta ad entrare nell’euroclub.

Rimando ad un colorito articolo, “Quanto è ‘forte’ l’euro”*, per un chiarimento su cosa rappresenti in realtà questa moneta per un italiano (o addirittura per qualunque europeo che non sia tedesco). “Noi, oggi, con l’euro -sostiene l’autore- parliamo una lingua straniera [il tedesco], di cui non conosciamo bene né la sintassi né il vocabolario: per questo siamo diventati legnosi economicamente, facciamo fatica ad esprimere la nostra elasticità sub-legale e sopra-legale, ci sentiamo privati di prospettive. Siamo nella situazione dell’immigrato che parla male la lingua, e si sente inferiore, e sospettoso crede che tutti lo deridano per i suoi strafalcioni; mentre quando parla nella sua lingua è capace di spirito, di raffinate allusioni e di sfumature. […] La moneta è tutt’uno con la nazione, la sua storia e il suo carattere, virtù e vizi.” Per amore di contraddittorio, vedi l’articolo “È la rivincita degli europeisti sugli atlantici!”**, marciante in direzione diametralmente opposta, in sintonia con il trionfalismo dell’Eurotower. 


Maurizio Blondet
Per i banchieri dell’Eurotower motivo indiscusso di vanto è una moneta forte, tanto forte che sta diventando moneta di riserva per le nazioni esportatrici, come Russia, Cina, membri OPEC, ecc. Questo accaparramento, a scapito del dollaro, così come l’incetta di merce, ne determina la sopravvalutazione, in questo caso un tasso di cambio eccessivo, con la conseguenza di falcidiare le nostre esportazioni e quindi il livello produttivo delle nostre imprese. Si insiste in ogni talk show sull’aumento di produttività come passo essenziale per aumentare la crescita.

       Ma per produrre in misura adeguata ad una piena e decorosa occupazione occorre aumentare l’esportazione dei prodotti finiti. Se questa è ostacolata da una valuta troppo onerosa per i Paesi importatori, la produttività, per quel poco che si è riuscita a farla crescere, è dovuta ad un vistoso abbassamento di salari e stipendi, nonché all’introduzione di quelle forme di lavoro a termine che sono ormai una vera piaga sociale, per i giovani come per i meno giovani. Quindi, l’esportazione è l’unica via d’uscita in un contesto sociale impoverito e incapace di far lievitare la domanda interna. L’euro troppo forte va precisamente in direzione contraria a questo obiettivo e deprime le nostre aziende e coloro che vi lavorano, i quali, con retribuzioni troppo basse e quindi bassa capacità di spesa, non riescono ad incentivare l’economia nazionale.

Ripeto perciò di non vedere le ragioni di tanta euforia nelle stanze della BCE, vista la depressione economica che l’euro ci ha regalato a causa del suo irrealistico cambio con la lira, prima, e con il dollaro, poi. L’euro si sta rivelando per quello che è: qualcosa che non ci potevamo permettere, perché ci allineava ad una nazione, la Germania, di livello economico e produttivo decisamente diverso, se proprio non vogliamo dire superiore, dal nostro. Così siamo diventati i parenti poveri, mentre con la nostra divisa avremmo meglio fronteggiato i marosi della competizione internazionale; anche con sporadiche svalutazioni, per essere più competitivi nelle esportazioni. Certo, avremmo pagato di più le materie prime che ci mancano, ma l’alto livello creativo e il talento indiscusso dei nostri imprenditori e delle nostre maestranze, oggi dispersi oltre confine, avrebbe saputo creare quel valore aggiunto necessario a compensare i maggiori prezzi delle materie prime.

La flessibilità concessaci dall’avere una nostra propria valuta ci avrebbe permesso di non essere legati mani e piedi a parametri di germanica rigidità, e, chissà, forse il discorso sul signoraggio avrebbe avuto maggiori possibilità di svilupparsi ed essere recepito, ridisegnando i meccanismi di creazione della moneta, assegnandone il compito allo Stato (un’opzione oggi considerata illegale!), anziché ad una Banca d’Italia, o, peggio, ad una BCE, privata e tesa soltanto a fare gli interessi dei suoi proprietari.

Ma di questo ho già detto e ridetto a sufficienza nei due anni in cui ho posto questo tema al centro delle mie riflessioni.  Per cui voglio fermarmi qui, invitando quanti mi leggono a guardare nella giusta luce l’auto-celebrazione dei vari Ciampi, Prodi, Draghi, Trichet e compagnia cantante; così come ad osservare con occhio disincantato tutto quanto s’è detto il 2 giugno a proposito della Costituzione della Repubblica, che si vorrebbe difesa dalla classe politica, a cominciare dal Capo dello Stato, mentre il suo rispetto è sceso probabilmente al punto più basso da quando è stata promulgata, a cominciare proprio dalla sovranità monetaria, ceduta a mani straniere.

  Marco Giacinto Pellifroni                                                   8 giugno 2008

  * Maurizio Blondet,  www.effedieffe.com/content/view/3419/179/

** Marco Sarli, www.diariodellacrisi.blogspot.com