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La sinistra Italiana –

 un bandolero stanco

Domenico Maglio


Domenico maglio
Di certo in queste settimane si scriveranno molte pagine su quanto sta accadendo al Comune di Genova nell’area del centro sinistra per i fatti che stanno emergendo e che si stanno riversando come un fiume in piena sull’opinione pubblica.
Per quanto mi riguarda non contribuirò, pur con tutti i miei limiti, ad alimentare tale fiume d’inchiostro che si appresta a inondare le cronache italiane.

Però una breve considerazione che per quanto riguarda chi scrive sarà la prima e anche l’ultima su questa che si propone come l’inizio di una brutta storia, credo vada fatta con tutti i limiti delle informazioni che i media riportano, si spera con obiettività di cronaca.

, ma come tutti d’altronde, come spettatore esterno, non so se i personaggi coinvolti siano soltanto degli “isolati mariuoli”, se esiste un comitato d’affari, se si riveleranno pedine di un gioco d’interessi più grande che salterà fuori dal lavoro della Magistratura che sta indagando.

Su questo nessuno dovrebbe avventare giudizi lasciando agli organi competenti ogni parola definitiva.

Certo è che un senso di scoramento sale piano piano nella coscienza popolare, soprattutto in quel popolo che vedeva nelle novità portate da una nuova stagione in corso una nuova strada verso una politica non più autoreferenziale, non più votata alla cooptazione familistica, non più premiale soltanto per amicizia o vicinanza, non più utilizzante il bilancino degli equilibri per la gestione della rappresentanza e del potere pubblico.

Si vedrà come tutto si evolverà, ma lo sconforto per molti non si può negare che sia molto più che palpabile e sta diventando quasi rabbia portata da ciò che viene, almeno fino ad oggi, interpretato come una sorta di voltafaccia di quelle prospettive, di quella voglia di voltare pagina, di quei progetti che sono riusciti a coinvolgere  tante persone fino dall’ottobre del 2007.

Credo che in momenti come questi servano riflessioni caute e attente, ma nello stesso tempo riterrei opportuno anche un ulteriore passo, deciso, coraggioso e non timoroso da parte di tutti quei dirigenti politici che per conoscenza personale in alcun modo mi sento di affiancare, come molti stanno già proponendo, a quello che si prospetta come un terremoto politico territoriale.

Un passo riflessivo di questo tipo servirebbe anche a provare a recuperare una situazione politica che prospettive oggi pare non averne più, almeno per quanto riguarda il centro sinistra del nostro territorio.

Lo dirò senza mezzi termini per evitare l’addebito che spesso mi viene fatto, a volte con ragione, di giocare con la lingua italiana che porta ad una difficoltà comprensiva dei messaggi che a volte cerco di far passare.

Serve per rigenerare il centro sinistra un’azione forte, uno strappo come si dice, serve aprire una pagina nuova, è necessario uno scossone politico che proponga volti non usurati.

Serve in tutto il centro sinistra, sia in quelle formazioni appena nate che in quelle che stanno approntandosi a svolgere i loro congressi, soprattutto in queste ultime c’è assoluto bisogno di aria fresca.

Vale per la Sinistra l’arcobaleno, vale per i socialisti, se non lo faranno temo che l’unica cosa che gli resterà da governare saranno rimpianti e nostalgie da gestire in uno splendido isolamento.

Quando tutto sembra perduto solo un qualcosa di questo tipo può far rinascere la fiducia, proprio quando le condizioni sono le peggiori nascono le prospettive migliori, e se guardiamo il nostro territorio, perché è questo che ci interessa più da vicino, questa operazione appare quanto mai opportuna e necessaria.

Per questo dobbiamo valutare con obiettività la situazione, almeno da parte del centro sinistra.

Auspico che questa valutazione si possa fare alla luce dei numeri impietosi che le ultime elezioni del 13-14 aprile ci hanno consegnato, numeri che si ribalteranno come un torrente anche nel Savonese indipendentemente dal fatto che qualche forza politica possa vantare una crescita di consenso che non sarà in grado, in ogni caso, di ribaltare il trend negativo in corso. 

Come fare ? Questo è il punto, il nodo da sciogliere.

Essendo “Trucioli Savonesi” di pubblico dominio sarebbe inopportuno anticipare qualcosa qui, nessuno si aspetti quindi la descrizione di una qualunque strategia, ma credo che nei prossimi mesi si potranno evidenziare novità importanti, anche inaspettate ma credo determinanti per la futura continuità del governo territoriale.

Credo sia l’unica strada oggi, l’unica percorribile.

Tutto ciò è portato dal fatto che penso serva uno sussulto politico, ci sta provando il PD ma si è visto che non è sufficiente, e le sue vicende interne in fase di assestamento non aiutano tale processo in itinere, serve quindi anche qualcosa d’altro per formare un fulcro più forte, progressista, che apra al centro sinistra una prospettiva più larga visto che tutta quest’area è ancora alquanto frastornata da un brusco risveglio che ci ha consegnato un governo conservatore e piuttosto autoritario.

Il centro destra è riuscito a parlare la sua lingua ad un paese sofferente, un linguaggio che ha attecchito in tutta quella parte di società, piena di sogni e di progetti ma anche piena di paure che fanno parte del suo vivere giornaliero, e tutto si è disfatto e rimodellato dentro il racconto della promessa di sicurezza individuale e di nuovo benessere diffuso.

L’immagine della politica come casta, come oligarchia è inoltre stato il principale moto di discussione pubblica, ha offuscato i reali bisogni e ha scatenato tutte le delusioni, tutte le irritazioni popolari moltiplicando la condizione escludente al governo del paese di larghi strati di popolazione che non si sentiva rappresentata, si sentiva ingannata e si sentiva solo uno strumento per convalidare privilegi di altri.

Questo è stato il corto circuito provocato dal centro destra tra rappresentanti e rappresentati, non ha fatto neppure molta fatica e con un’operazione politicamente convincente ha catalizzato verso di se la visione salvifica per tutti, in grado di dare quelle risposte che la sinistra non riusciva a dare, un masso lanciato contro un ceto politico che stava governando tra mille difficoltà e che nonostante la situazione coalitiva instabile riusciva a mettere le basi per il futuro.

Il cavalcare malcontenti popolari, il fomentare l’odio per le diversità, il rinascere del protezionismo nazionale, il vanificare le differenze tra destra e sinistra, il rancore antifiscale che ha unito incomprensibilmente imprese e lavoratori, sono stati questi i cavalli di battaglia del centro destra, e a fronte di questo il centro sinistra nel suo complesso si è rivelato debole, non in grado di arginare una tale potenza di convinzione.

L’antipolitica è diventata una formidabile resurrezione per la destra italiana, è diventata il nuovo vestito di ogni corpo sociale, da quello confindustriale a quello che sopravvive nelle periferie, le ultime elezioni di aprile hanno mostrato un nuovo volto del liberismo all’italiana incarnato dal gruppo conservatore “delle libertà”, che non ha più necessità di mimetizzarsi perché accreditato ad unico salvatore del paese.

Non importa se per risolvere il problema della sicurezza si utilizzerà l’esercito, non importa se per risolvere il problema partenopeo si riempiranno le carceri di povera gente, non importa se risuoneranno le cadenze battute dagli stivali delle ronde nei vicoli delle nostre città,  tutti saranno contenti in ogni caso, niente spazzatura per strada, niente immigrati, solo tranquillità.

Lo Stato forte, lo Stato con il quale non si tratta più, lo Stato che non vuole intoppi sulla sua strada, lo Stato che usa la forza per fare ciò che vuole.

I più anziani ricordano molto bene tutto questo ma è ciò che abbiamo creato ed è con questo che ora bisogna fare i conti, con il ritorno alla politica forte, autoritaria, il ritorno alle identità che per troppo tempo avevano dovuto rimanere nascoste, il ritorno disinibito alla simbologia

Solo il Partito Democratico ha provato a rimestare tra gli avanzi di un pragmatismo incolore, ma in generale tutta la sinistra moderata ha definito la sua convinzione riformista in modo che sembra subalterno ad una agenda programmatica che di riformismo ha ben poco, sia per la sicurezza, che per la precarietà che non è riuscita a distinguere dalla flessibilità, ha derubricato i residui ideologici ma con essi anche il conflitto sociale, ha congelato la memoria storica, è stata debole con la difesa dello Stato laico, e si è così suicidata.

Il fulcro catalizzante che doveva essere il PD non ha retto all’urto, forse perché ancora troppo debole e forse anche portato da convinzioni di autosufficienza che sta ora rivedendo, e nonostante la sapienza di un marketing consistente non ha bucato il cuore del paese, i suoi progetti hanno rimbalzato contro il muro invalicabile che si era ormai formato tra la sinistra e le periferie urbane così come nei salotti bene.

Tanto al nord come nel mezzogiorno, posti in cui maggiormente abita lo sgomento, il disagio dei non garantiti, e tutte le paure di un ceto medio terremotato fatto di piccoli imprenditori, artigiani, operatori agricoli, lavoratori delle Pubbliche Amministrazioni e delle fabbriche, ebbene tutto questo mondo ha trovato nel centro destra ciò che il centro sinistra non ha saputo proporre.

 E la sinistra pura e dura, quella che si definisce alternativa, radicale, quella che alle ragioni del lavoro ha dedicato con alti e bassi tutta la sua storia politica, quella sinistra che non accetta ancora o non riesce a leggere l’evoluzione della società, quella sinistra di lotta e di governo, ha solo intuito, ma non ha capito o ha fatto finta di non capire nonostante oscuri presagi la attraversassero come una sciabolata,  ed è stata anche per questo motivo disintegrata dal suo stesso popolo che gli ha voltato le spalle.

E ora al centro sinistra tocca di nuovo risalire la china, ricostruire un tessuto culturale per dare speranza e coraggio a quelle donne e quegli uomini che vogliono reagire, riaprire quei cantieri di dialogo sull’innovazione, sul valore del riformismo, sul valore della socialdemocrazia, lo deve fare per dare credibilità, efficacia politica, radicamento ad una vera cultura riformista e socialdemocratica.

Francamente non mi è possibile negare la preoccupazione sul  come sta evolvendo la situazione del paese, ma la mia non è disperazione nonostante veda tutta la sinistra italiana come un vecchio bandolero stanco.

Se guardo il mio paese, se guardo Napoli che brucia sento sulla pelle il calore di quelle sofferenze, la disperazione di quelle persone, ma nel contempo vedo ovunque una grande voglia di capire, di ricominciare, di ripensare il nostro modello sociale, vedo tante persone che non sono rassegnate ad un cambiamento possibile.

Ma tutto questo come molti dicono deve avvenire “dal basso”, ebbene questo “basso” sono i territori, come il nostro, come i nostri comuni, come la nostra Provincia.

E’da qui che deve partire una storia nuova.

E’ necessario.

DOMENICO MAGLIO