Ultimatum di Bertolotto IL SECOLOXIX
provincia, via alla corsa
Il presidente al Pd: mi ricandido, il partito decida per maggio. Apertura alla Lega
NEL GIOCO degli scacchi una delle regole auree vuole che il re non muova mai, se non quando si trova sotto scacco o è minacciato. Nella partita per le prossime elezioni provinciali (primavera 2009), il re ha fatto addirittura la prima mossa: la prima mossa pubblica di una partita in corso - sott'acqua - già da tempo. Marco Bertolotto, presidente della Provincia in carica - uomo arrivato al Pd attraverso la Margherita, ponentino - ha posto l'aut aut al partito. «Sì, la mia "autocandidatura"è sul tavolo. Ho chiesto che entro il 31 maggio il mio segretario dia una risposta. Dopo, sarebbe troppo tardi. Per me come per qualunque altro candidato» (vedi intervista a lato).
Insomma, il presidente ha rotto gli indugi. Il mezzo, lo strumento, è stato l'iniziativa che ha avviato la già citata partita pubblica su uno scacchiere dagli scenari complicatissimi: l'incontro di giovedì pomeriggio con il segretario provinciale della Lega Nord, Andrea Bronda. Tema ufficiale, le ronde per la sicurezza lanciate dalla Lega Nord. Tema scivolosissimo che Bertolotto ha deciso comunque di maneggiare. Sullo sfondo, c'è una strategia a più lunga gittata che ha come teatro proprio la corsa alla presidenza. Strategia che Bertolotto nella sostanza conferma: «Siamo una minoranza, occorre porsi il problema di come diventare maggioranza», dice. Senza escludere il dialogo con la Lega e con le istanze che rappresenta. Un terremoto. Le elezioni politiche - che hanno visto il Pd con l'IdV sotto di 16 mila voti alla Camera e 10 mila al Senato in provincia rispetto al PdL con la Lega - hanno avuto un effetto deflagrante. Bertolotto è entrato a gamba tesa ed ha deciso di "aprire" alla Lega su un terreno minato come quello della sicurezza e delle ronde. La Sinistra Arcobaleno - che nella giunta di Palazzo Nervi conta tre assessori su otto - ha subito risposto con durezza e senza neppure consultare preventivamente il diretto interessato. Cioè il proprio presidente. Non è la prima volta che accade, ma tutto ciò si verifica in una fase che prelude alle scelte per le alleanze. La sinistra ha i nervi a fior di pelle dopo il crollo elettorale, anche a Savona. Il Pd, dal canto suo, sa che da solo non potrà mai recuperare il gap che lo separa dal centrodestra. Senza contare i socialisti saliti da tempo sulle barricate contro il presidente in carica. Bertolotto dice che prima si sceglie il candidato, poi si vagliano le alleanze. Altri, nel Pd, invertono l'ordine dei fattori. Nell'entourage del presidente si accarezza la Lega e si pensa ad un Pd affiancato da una lista civica capace di ramazzare voti al centro e a destra. Alla sinistra radicale, ufficialmente, Bertolotto non chiude le porte, ma sembra pronta a lasciarla al suo destino, accusandola di derive «ideologiche». Il re ha mosso e ha fatto il suo azzardo. Il Pd, al momento sott'acqua, dovrà salire a galla e dire con chi vuole giocare la partita del 2009. I giochi son fatti, rien ne va plus.
Antonella Granero
sinistra schiava dell'ideologia»
l'intervista
PRESIDENTE, ha incontrato la Lega ed è nato un caso.
«Ho voluto conoscere il progetto della Lega circa le "ronde". Mi pare una cosa positiva, si tratterà di volontari armati solo di un telefono per chiamare il 112, istruiti da avvocati ed ex poliziotti. Come esistono volontari guardia-caccia, volontari antincendio, non capisco perché scandalizzarsi se ci sono volontari sul territorio».
La sicurezza è un tema delicato, inoltre l'iniziativa è stata letta come un chiaro segnale politico.
«Se parliamo del paragone con le bombe, sono fatti diversi, l'epoca lontana. C'è di comune un momento in cui la gente pensa di doversi mobilitare per la propria incolumità. E allora dico: bisogna imparare a interpretare la realtà per quello che è, non con le lenti dell'ideologia come fa la sinistra. E la realtàè che la gente ha paura, la percezione di insicurezza (che è ciò che conta) altissima: lo dice l'Istat».
Questa vicenda sembra aver avviato la campagna elettorale: la sinistra radicale è in amministrazione con lei, ha tre assessori, ma le ha risposto con durezza.
«Non so se sarò il candidato. Se e quando lo sarò, inizierò la mia campagna, ora mi occupo di amministrare e incontrare la Lega ne fa parte. Il fatto è che ogni volta che dialogo con elementi del centrodestra nascono problemi con la sinistra extraparlamentare, ormai si chiama così, no? Leggono tutto attraverso le lenti dell'ideologia».
Un dialogo col quale lei prefigura nuovi scenari politici, però.
«Al momento io mi occupo di istanze e non di scenari. Il centrodestra non ha bisogno di noi, con la forza che ha per conto suo. Siamo noi che abbiamo il problema di diventare maggioranza, da minoranza che oggi siamo».
Ha parlato con i tre assessori?«No. Mi hanno fatto un processo a porte chiuse, questo il loro metodo, certo non il mio. L'assessore Filippi, per fare un esempio, è andato a raccogliere le firme per Grillo, ma io non ho certo aperto una questione politica».
Lei sarà il candidato del Pd?
«Nelle prossime settimane dovremo fare un bilancio. Io ho posto il tema della mia candidatura e chiesto una risposta definitiva entro il 31 maggio».
E se tale risposta non arriverà?«Ognuno trarrà le sue conclusioni. Per recuperare il terreno e tessere allenze c'è bisogno di un orizzonte lungo».
Quali alleanze, appunto, in questo quadro?
«Le alleanze le deciderà il partito. Personalmente sono aperto a tutte le soluzioni. Certo che alcune alleanze andranno riviste, anche in base a quello che ha detto il voto. Il centrosinistra oggi è minoritario, se vuole andare all'opposizione non ha che da presentarsi come è oggi».
Altrimenti?
«Altrimenti ci si siede intorno ad un tavolo, ma certo non con l'ideologia espressa oggi dalla sinistra radicale. Gli elettori ci hanno chiesto pragmatismo, di non litigare e di risolvere i problemi. Questi sono i punti cardinali. Il presidente Burlando ha detto: la sinistra non può dire no a tutto. Da noi dice no a Maersk, no a Piaggio, no a Ferrania, no non e no. Occorre riflettere». In questo quadro ha pensato ad un' alleanza con la Lega?
«D'Alema stesso dice che non può più esserci una logica maggioritaria, ma scelte basate sui problemi. Dunque, perché no la Lega? Ma non ci abbiamo ancora neppure ragionato. Se fossi il segretario del Pd mi chiederei: il presidente ha governato bene o male? Se bene lo candido. Se male, domanda successiva: c'è qualcuno della sua squadra, ad esempio Scrivano o Rambaudi, che hanno lavorato bene e sono "spendibili"? Oppure: devo cercare altrove? Fatto questo, scelto il candidato, solo allora, mi porrei il problema delle alleanze. Aggiungo: se il giudizio sul presidente è buono, il secondo mandato è, per statuto del Pd, praticamente "fisiologico", senza primarie».
E torniamo alla Lega.
«Sono aperto a tutte le alleanze. Ho governato con la sinistra radicale, ma ho avuto rapporti ottimi anche con parti del centrodestra. Se il partito cambia il sistema di alleanze, sono pronto. Il punto è: non è la gente che sbaglia, votando in un certo modo. Siamo noi a dover capire cosa vuole la gente e a saper offrire un progetto. Con la Lega o con chiunque sia possibile condividere questo progetto. Per far questo, non è necessario spostarsi politicamente: si sposta l'elettorato, se noi capiamo le sue istanze».
A. G.