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Viaggio nella sinistra italiana

Socialismo e  Socialisti –

Domenico Maglio

  


Domenico maglio

Parlare di Socialismo richiederebbe, come ciascuno può ben comprendere, una discussione di ben più ampio respiro che una breve e frettolosa sintesi come di seguito si leggerà, in ogni caso provarci in questo momento può essere opportuno. Frustata 

Prima di entrare nel tema all’oggetto è necessaria una breve premessa visto il polverone, assolutamente inatteso, suscitato dallo scritto della settimana scorsa sul Partito Democratico che mi ha provocato qualche amichevole rimbrotto, cosa che temo si ripeterà dopo questa settimana. 

 La volta scorsa ho iniziato a descrivere ciò che è per me oggi la sinistra in Italia, “pacatamente e serenamente”, iniziando dal Partito Democratico, che al termine di un ragionamento, anche lacunoso o parziale se si vuole, ho collocato, nell’area più riformista della sinistra.

Un giudizio che qui mi sento di confermare nonostante le rimostranze di personalità diverse, che nella casuale lettura di queste mie affermazioni hanno manifestato il loro disaccordo in proposito e il loro scetticismo sulla tesi da me sostenuta.

Devo dire che, deludendo le speranze di qualcuno, questa mia posizione è tutt’altro che solitaria, anzi trova consenso a quanto è dato sapere anche nella maggioranza del PD stesso ed io continuo fino ad oggi a sostenerla in ogni caso, al pari di molti suoi dirigenti nazionali e del territorio a noi vicino, riconoscendo nel contempo che alcune differenze programmatiche comunque di semplice soluzione esistono se raffrontate con le politiche dei grandi Partiti Socialisti Europei, da anni sulla breccia.

Ricordo, per gli eventuali interessati, che nell’archivio di questo giornale Web che mi ospita si può recuperare un articolo che scrissi tempo fa dove difendevo come meglio potevo l’attuale Assessore Regionale all’Urbanistica, Carlo Ruggeri ex Sindaco DS del capoluogo e cosa che non guasta mio compagno di partito per molti anni.

In quel periodo afoso del 2007 l’Assessore in questione veniva aspramente criticato a mio parere ingiustamente perché diceva apertamente ciò che ho riproposto la settimana scorsa e che ribadisco oggi, a dimostrazione concreta, e presumo con ripetuto dispiacimento di qualcuno, che la mia zona di pensiero sul tema relativo al posizionamento del PD nella sinistra riformista è alquanto autorevolmente frequentato.

Pur essendo quella di chi scrive una posizione assolutamente personale e senza arroganza assiomatica, ricordo per dirla tutta ai meno navigati della politica che la lettura corretta e non di convenienza dei flussi elettorali ha dimostrato che tra le due componenti principali di questa nuova formazione politica, il PD peraltro ancora in definizione, e cioè i DS e la Margherita, quella che ha accresciuto i propri consensi per esempio nel “Nord perduto” è stata soltanto la prima, ed è lei che ha trascinato al consenso ottenuto il PD supportando lo stallo al palo della seconda e surrogando i suoi calandi.

Questo non vuol dire che tra le due anime non esista pari dignità di rappresentanza, ma i fatti sono questi.

Però di questa analisi, importante per impostare una qualche lettura corretta tesa a più accurati accorgimenti, a parte l’ultimo segretario DS e l’ex Ministro degli Esteri nessuno fino ad oggi lo ha sottolineato pubblicamente, limitandosi a prenderne atto nel suo privato con la speranza risultata vana che nessuno se ne accorgesse.

Comunque per quanto riguarda l’area della sinistra italiana nel suo complesso, è evidente anche ai più distratti che mancano all’appello di Camera e Senato altre forze politiche dalla storia antica, forse la più antica, i cui rigagnoli staccatisi costantemente dal fiume principale oggi non trovano testimonianza nelle Istituzioni dello Stato, inteso come governo nazionale del paese.

Sorvolerei sulle tante ipocrisie circolanti in questi giorni, ahimé in modo bipartisan, che denunciano un “…sentito dispiacere e una grande amarezza per non vedere più una parte della sinistra in Parlamento….”, e già questo avvalora la mia tesi su una parte di sinistra assente che sta a significare che invece un’altra parte si da per certo sia rappresentata, e non sta certo a destra.

Ma francamente sono frasi di una falsità assoluta, come ben tutti sanno e alle quali non credono oramai neppure più gli enunciatori stessi assordati dalle risate generali a contorno di queste loro uscite.

Generalmente esulo dal facile allarmismo anche se guardo con attenta preoccupazione il governo nascente, però una cosa vorrei sottolinearla: se la Repubblica non sarà in grado di resistere alla trasformazione delle Istituzioni in un moderno e mascherato “bivacco di manipoli” del 2000 allora ci si accorgerà che forse quella mancanza non andava davvero confinata nell’ipocrisia e che quelle affermazioni potevano magari giungere da una parte sola.

Mi pare anche di ricordare a margine di questo scritto che a metà anni ’90 l’allora segretario del PDS - le cui posizioni ultime nel PD di oggi mi trovano alquanto interessato - scese in piazza a protestare contro il governo di centro sinistra che esprimeva come vice premier proprio colui che sarebbe diventato anni dopo quello che è oggi, il segretario del Partito Democratico.

 Ma ora che sono assenti dal Parlamento tutti coloro che protestano in piazza contro il governo che sostengono, tutti coloro ai quali addossare ogni colpa, vera o presunta, verrà a mancare il capo espiatorio calamitante, per cui si aspetta con curiosità di vedere chi sarà l’accusato e chi l’accusatore, quando si paleserà l’impossibilità di realizzare quanto promesso con troppa leggerezza durante una campagna elettorale circense.

Tra queste grandi assenze della sinistra proviamo a concentrarci sull’altra storica forza riformista italiana, quella Socialista che dovrebbe rappresentare la sorgente prima della Socialdemocrazia.

Questa forza socialista nonostante sia stata artefice della costruzione della nostra democrazia, sia stata protagonista della lotta di Liberazione, abbia consegnato alla storia personalità di altissimo livello, sia stata con altre la costruttrice di grandi riforme sociali, ebbene questa forza politica socialista ha lasciato la delega della propria rappresentatività nella società ad una presenza territoriale residuale e in calando costante di consenso, spesso marginale e ininfluente, fuori dalle stanze dei bottoni, senza possibilità alcuna di incidere con le sue idee e le sue proposte, in pratica lasciandosi annichilire nel nostro paese quasi senza lottare, cercando visibilità e rappresentanza in altre case, a volte neppure lontanamente affini, facendo appunto solo eleggere qualche rappresentante a macchia di leopardo con i voti altrui, rinunciando di fatto ad ogni competizione ideale, politica, cedendo al richiamo della possibile trattativa per rastrellare  incarichi e conseguenti prebende.

Come ho già avuto modo di dire più volte, in Italia è successa una cosa piuttosto particolare dal punto di vista politico, e questo denota la tipicità del nostro paese non solo in campo politico istituzionale, basti pensare all’assenza di un produttore nazionale di telefonia mobile della quale siamo primi nella classifica mondiale per acquisti procapite, oppure alla chiusura delle nostre acciaierie quando al contrario esistevano tutti i segnali che indicavano una crescente richiesta sui mercati globali e dell’oriente, ma lascio volentieri agli esperti questo aspetto visto che potrebbero continuare ad illustrarci una lunga lista di occasioni mancate.

Alla fine della contrapposizione dei due blocchi in conflitto nella guerra fredda, che non sapremo mai quanto sia stata tale, in tutti i paesi Europei le forze socialiste hanno in qualche modo ottenuto una rivincita vedendo coronata la linea politica che dalla II° Internazionale, da Bernstein in poi, avevano caparbiamente e cocciutamente portato avanti non senza difficoltà.

Ma in quel momento di riscatto socialista di fine secolo che prendeva corpo con forza ovunque, nel nostro paese, al contrario di altre nazioni, alla crisi del “Socialismo reale” o del comunismo che aveva mostrato tutta la sua fragilità non è avvenuta in Italia quella svolta convinta che ha portato la Socialdemocrazia ai vertici dei governi di molti paesi Europei.

Non c’è stata la volontà - in assoluta controtendenza europea - di far decollare in Italia quello che oggi ammiriamo per esempio in Inghilterra, Francia, Spagna o Germania, dove grandi forza Socialiste e democratiche sono diventate grandi partiti, plurali, che hanno al loro interno modi di pensare anche diversi tra loro ma sono accomunati da quell’idea progressista e riformista propria della sinistra che fa avanzare il mondo nell’innovazione e nella modernità, valutando i benefici e arginando le miserie  che la globalizzazione porta inevitabilmente con sé.

Anzi il Socialismo in Italia, inteso come Partito Socialista, è lentamente ma gradatamente regresso anziché rafforzarsi, si è indebolito anziché irrobustirsi, arrivando tra vicissitudini varie fino ai giorni nostri in un decrescendo continuo e umiliante che lo ha portato alla scomparsa dal teatro politico parlamentare del nuovo millennio.

Certo, in Italia esisteva un Partito Comunista molto forte, anche se distante dal modello sovietico da cui derivava, un partito i cui leader erano spesso in disaccordo con la nomenklatura russa, ma al momento della possibile unificazione in senso socialdemocratico della sinistra portato dal crollo orientale, le logiche orgogliose delle parti in gioco e la loro intrinseca mascherata debolezza portata dall’orgoglio, sono riuscite a far si che il modello socialdemocratico che si stava avviando con successo a livello europeo da noi restasse una chimera.

E’ qui che si è cominciata ad aprire la strada al conservatorismo, reazionario, illiberale, padronale, quello che oggi governa con il consenso di gran parte del paese, e lo fa in modo del tutto legittimo, eletto democraticamente, ma anche grazie a quell’errore politico portato appunto dall’assenza di una valutazione strategica di lungo periodo.

Inutile poi lamentare oggi la perdita di consenso del voto del mondo del lavoro, quel consenso si è perso a partire dal 1994, diciotto anni fa, frutto anche di quelle scelte non compiute.

Inutile poi lamentare oggi la perdita di consenso del voto del mondo del lavoro, quel consenso si è perso a partire dal 1994, diciotto anni fa, frutto anche di quelle scelte non compiute.

E così si è arrivati fino alla scomparsa istituzionale del socialismo di oggi percorrendo una storia che chiunque può andarsi a ricercare e leggere, dare la propria valutazione su errori compiuti, sulle opportunità perdute, oppure maturando la convinzione che tutto è andato come doveva, rinchiudendosi in un fatalismo che personalmente come uomo che ha come credo la ragione e non il fato rispetto, ma non mi sento assolutamente di condividere.

In ogni caso la storia è fatta dagli uomini e non dal destino letto da chiromanti più o meno accreditate, e la storia stessa si scrive una volta sola, quindi l’importante è guardare avanti e muoversi nella situazione attuale, facendo però buona memoria sulle buone cose fatte ma anche sugli errori compiuti, cosa che spesso si dice per deliziare platee amiche e troppo conformiste, ma raramente si persegue.

E a proposito di quest’ultima questione e alla luce dei fatti odierni bisogna proprio chiedersi se la storia abbia insegnato qualcosa.

O meglio chiedersi come mai la storia Socialista che ha dato e insegnato molto a tutti senza distinzione abbia avuto nei socialisti italiani gli unici allievi europei disattenti.

socialisti troppo votati al minimalismo.

socialisti portati al mantenimento dell’esistente individuale,

socialisti senza coraggio alcuno,

socialisti non adatti al ruolo volto a tenere unito un legame fra le varie scuole di pensiero interne al socialismo Italiano,

socialisti politicamente deboli e senza strategie

socialisti incapaci di rendere forte un legame che si stava invece riallacciando con il paese degli anni ’80-‘90 e poi franato come sappiamo,

socialisti votati spesso alla ricerca dell’opportunità più personale che generale,

socialisti tenaci nella difesa di ciò che avevano ereditato senza lottare,

socialisti convinti che bastasse suonare l’Internazionale per consolidare la presenza sui territori,

socialisti sempre più spesso devoti alla contrattazione di incarichi e potere,

socialisti alla ricerca di spazi pubblici perseguiti molte volte senza coerenza politico-ideale, socialisti a destra e socialisti a sinistra, ognuno con la sua verità, ognuno la sua ricerca del potere,

socialisti polverizzati politicamente in modo così forte che nessuna riunificazione appare oramai perseguibile

socialisti spesso complessivamente coinvolti, ingiustamente in un giudizio globale e cumulativo che trascina a fondo anche l’impegno di molti

Questo sono i socialisti agli occhi degli Italiani di oggi, è una sciabolata nel fianco ma bisogna farsene una ragione, anche se questo giudizio oramai strutturato nel comune sentire che rasenta un semplicismo anche di comodo mi lascia perplesso

Il Socialismo è una forza politica che ha fatto l’Italia ma proprio per l’Italia non ha saputo essere il suo riferimento sociale lasciandola al suo destino.

Tutto questo, non smentito da fatti concreti non poteva, prima o poi, che portare agli avvenimenti politici odierni, una diaspora ben difficilmente ricomponibile e che continuerà ancora.

Molti politologi indicano la situazione Italiana come il disastro del Socialismo.

Personalmente io credo che sia un disastro dei Socialisti, o per dirla fuori dai denti, di coloro che sotto queste insegne cercavano e cercano tutt’ora gratificazioni che alla luce dei fatti non verranno più, proprio a causa di un incomprensibile auto isolamento che troverà nel proseguio sempre meno adepti.

E questo, nel male complessivo della deriva socialista italiana, credo in fondo possa invece rappresentare un bene assoluto.

Un bene da cui ripartire per proporre quella via nuova da mettere sui binari di una storia secolare, andando verso il domani, contrastando le derive liberiste di una globalizzazione che sta travolgendo i più deboli, lavorando ad un progetto politico e  strategico nel campo di quella che è la sua unica casa, la sinistra riformista, in una autonomia programmatica convergente con altre forze politiche di quel campo, con Associazioni, con il mondo della Cooperazione, che contribuisca a dare la forza nell'insieme necessaria per la costruzione di un’alternativa progressista e socialdemocratica e soprattutto per renderla irreversibile.

Solo questo è il posto del Socialismo e dei Socialisti.

Al servizio del proprio paese, sempre, e mai soltanto di se stessi o di piccoli gruppi territoriali, perché alla fine ci si può ritrovare soli, senza prospettive future, isolati e messi in disparte.

In ogni caso sbaglia chi pensa che il Socialismo in Italia abbia esalato l’ultimo respiro, perché è una storia che non si arresterà e sarà in grado di continuare la sua azione di giustizia sociale trovando forme nuove, lontano da strascichi opportunistici incomprensibili, riconquistando il posto che le spetta per diritto storico nelle Istituzioni della nostra Repubblica.

Il socialismo è vivo nella sua ricerca costante di libertà, era vivo ieri nella lotta contro il nazifascismo e nella Resistenza, vive oggi nelle Fondazioni e nelle Associazioni culturali, vive nel lavoro dei buoni amministratori e arrampicandosi sulle impalcature, opera nella solidarietà sociale e nel rispetto di ogni credo religioso, si batte per la difesa di tutti i diritti e suda alle catene di montaggio.

Questo è il Socialismo.

Questa è a mio giudizio la funzione del Socialismo oggi, ed è una posizione largamente condivisa, il resto sono inutili chiacchiere.

Questa credo sia la funzione dei veri Socialisti oggi, cioè ritornare ad essere tali, come peraltro molti già fanno individualmente, ritornare a essere degni portatori di onestà e progresso, leggendo finalmente con gli occhi del futuro le domande pressanti portate dal disagio sociale, dall’insicurezza, ascoltando la voce del lavoro, facendo dell’interesse generale la linea distintiva che li rende riconoscibili nella società ovunque siano collocati nella sinistra Italiana, perché è questa la casa del Socialismo, la casa della sinistra Riformista.

Se i Socialisti sapranno riprendere la loro strada, se sapranno fare tutto ciò, se sapranno chiudere questa pagina e aprirne un’altra, completamente nuova e inedita nella rappresentanza nazionale e soprattutto territoriale, assolveranno la funzione a cui la storia li ha delegati e potranno veramente definirsi degni di essa.

In altri termini, dovranno trovare il coraggio delle scelte forti e radicali, riscoprendo il significato profondo della parola Socialismo.

Allora , sarà tutta un’altra storia, per il Socialismo, per i Socialisti e per tutti.

 DOMENICO MAGLIO