Dove sta….la monnezza?
Aspettiamo con civile rabbia e con curiosità…il miracolo
dell’efficienza. Stiamo ancora sintonizzati sulla “cara” monnezza.
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Formazione politica ed informazione corretta e libera sono pressochè
sinonimi: senza l’una non c’è l’altra. Si autosostengono,
inevitabilmente, e la mia generazione ha dovuto assai tribolare per
orientarsi nel gran mare delle notizie montate e deviate a seconda della
“Voce del padrone” (ricordate: era un celebre marchio di una fabbrica di
grammofoni: una gran tromba di ottone lucente e un cane che stava ad
ascoltare chissà che, buono e remissivo.). |
Ricordo le falsità dei bollettini fascisti; addirittura la requisizione
degli apparecchi radio (non il nostro!) perché non si ascoltasse radio
Londra, che invece mio padre ascoltava, col volume al minimo e nascosto
sotto coperte per soffocare il suono. Ricordo il tamburo di Francis
Drake e la voce del colonnello Stevens che diceva agli italiani l’esatto
andamento del conflitto. La grande carta che il duce aveva fatto
distribuire all’inizio della guerra-passeggiata, con le bandierine
dell’Asse e dei nemici, ora viveva il contrasto di veder retrocedere chi
pareva dovesse sempre vincere e credo che mio padre, riemerso dopo
l’ascolto, nel quale spesso mi infilavo anch’io, fosse molto soddisfatto
nel riposizionare gli eserciti, dopo Stalingrado ed El Alamein.
Ci fu
Si ricominciò a cercare (non più, certo, sotto le coperte) stazioni come
Mosca e “Oggi in Italia”: giornali radio, ora lo so, faziosi e
comunisti, ma almeno qualcosa d’altro dal doroteismo asfissiante.
Ricordo con che emozione ho sentito suonare la mezzanotte sulla Piazza
Rossa pochi anni fa: la stessa musica che, alle ventidue, apriva le
trasmissioni in lingua italiana: miele per chi le voleva ascoltare.
“Oggi in Italia”, si seppe poi, trasmetteva da Praga ed era diretta da
fuorusciti con la coscienza poco pulita per misfatti dell’immediato
dopoguerra.
Nacque, a metà dei cinquanta, la televisione e ci si illuse che non
fossero solo le pecore degli interminabili “Intervalli”. C’erano sì le
tribune politiche, la matita nella mani di Gianni Granzotto, la “lisca”
fischiata di Ugo Zatterin e
il dire bleso di Jader Iacobelli, ma l’informazione restava timonata dal
potere (allora “velina” voleva dire foglio intimativo di istruzione;
guarda come cambia la lingua!). |
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Poi venne la moltiplicazione…dei canali e l’inevitabile lottizzazione.
Ma nacquero anche le attuali malizie come audience e sondaggi alla
ricerca del consenso e l’informazione,ancora una volta si piegò.
Pareva che radio e televisioni locali rompessero il privilegio del
decidere come incartare un fatto e quando presentarlo, con chi e con
quanto tempo sapientemente disposto e invece...fu un allegro caos di
banalità cantate e gridate. Ancora “veline” (le altre…) |
A noi che non sappiamo stare al gioco, perché ci dà fastidio come e più
di una mosca, restano “spazi” sulla Tre e sulla Sette, ma quest’ultima
pare in disarmo economico e, col vento elettorale forte, anche
Ci risiamo: mancano soltanto le…coperte. Ricordate il chiasso-monnezza
prima delle elezioni? Non si apriva telegiornale senza immagini
disgustose insistite ad ore pasti proprio per demolire quei governanti
ed aizzare i rottweilers. Adesso; anzi, dal lunedì del “trionfo”, Napoli
è scomparsa dai telegiornali. Eppure non credo che il Commissario De
Gennaro l’abbia ingoiata tutta (ma non erano tonnellate e tonnellate?) o
che il berlusconi l’abbia fatta fuori di lontano in una cena coi suoi in
quel di Arcore.
Dove è la monnezza? Non dico finita perché, con quel che se ne produce
di continuo e con discariche e impianti di recupero bloccati a furor di
plebe,dovrebbe aver coperto anche i tetti della metropoli, C’è, di
sicuro; ma ora non se ne parla. Direbbero i servogiornalisti; non fa
notizia, non “buca lo schermo”!
Camorra comanda; camorra dispone che la monnezza diventi oro, da vera
alchimista. Su di essa, sui suoi movimenti fa loschi e spregiudicati
affari, fino in Germania (!!!); se è troppo inerte vi mescola i residui
tossici e si fa pagare, tanto, e con minacce, da chi deve smaltirli.
E’ apparso a Napoli un cartello ironico come sanno esserlo soltanto i
suoi cittadini: ”Lasciateci la nostra mo nnezza: è proprio nostra e ci
siamo affezionati!” Come sempre, nella capriola di Pulcinella e nella
“battuta” di Eduardo c’è una saggezza triste ed infinita, inesorabile.
Ma adesso basta! Non ci si deve più preoccupare, perché i primi consigli
del ministri si terranno, guarda caso, in quella Napoli irridente e
disperata che, inc…… con Bassolino e c. ha votato per l’uomo delle
promesse.
E la monnezza? Chissà se c’è ancora. Temiamo fortemente di sì, perché
non siamo tra coloro che, se non sentono nominare un qualcosa, credono
che basti questo per non farlo più esistere. Siamo testardi, e dalla
memoria lunga più che si può, per non farci mettere in trappola.
Aspettiamo con civile rabbia e con curiosità…il miracolo
dell’efficienza. Stiamo ancora sintonizzati sulla “cara” monnezza.
Sergio Giuliani
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