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NUOVA RUBRICA A CADENZA MENSILE SUI LIBRI

Massimo Bianco


 

Come spiega il titolo, questa settimana inizia una nuova rubrica che avrà cadenza mensile e si alternerà ad altri, eventuali, miei interventi. Un rubrica letteraria intitolata “Il libro del mese.” Ebbene sì, avete già capito di cosa si tratta. Se è vero, come si dice, che in Italia si legge poco, mi piacerebbe offrire un contributo per promuovere la lettura.

Perché io, vedete, sono un lettore vorace, abituato a portare avanti anche tre o quattro letture contemporaneamente e ho divorato centinaia e centinaia tra romanzi di vario genere, antologie di racconti, saggi e manuali (oltre, ovviamente, ai passati testi scolastici, nei confronti dei quali mettevo però molto meno entusiasmo).

Le mie saranno brevi presentazioni, nelle quali sottolineerò opere prevalentemente di narrativa che mi sono piaciute e che a mio personalissimo (e, per carità, sindacabilissimo) parere meriterebbero di essere lette, affinché possiate farvene un’idea e capire se il libro in questione può rientrare nell’ambito dei vostri gusti personali. Gusti, sì, perché al di là dell’effettiva validità oggettiva, più o meno quantificabile, nell’apprezzamento di un’opera alla fine prevale sempre la componente soggettiva.

Io spero d’indurvi ad acquistare e leggere qualcuno dei lavori proposti, che potranno indifferentemente essere classici della letteratura come moderni best seller di qualità oppure libri di narrativa passati immeritatamente inosservati oppure ancora, se e quando capiterà, perfino opere di saggistica che, sempre a mio parere personale, abbiano saputo trattare il tema prescelto in maniera riuscita e convincente.

Ogni tanto sento da qualche parte porre una fatidica domanda: “Ma a che serve leggere romanzi?” Quei 12 o 13 milioni d’italiani amanti della lettura la risposta la conoscono già. Per quanto riguarda tutti gli altri e cioè, ahimè, circa metà della popolazione adulta che, secondo i dati disponibili, non legge nulla e a cui va aggiunto un ulteriore 25% di lettori deboli, io chiedo loro: e a cosa serve guardare un film, uno spettacolo teatrale, un qualsiasi intrattenimento televisivo, una partita di calcio, una mostra di pittura oppure ascoltare un concerto o un disco sia pop rock sia sinfonico o visitare una città d’arte? Tra tutti questi ambiti, solo i romanzi fanno sorgere la sopraccitata domanda. Forse perché tra le varie forme d’intrattenimento la lettura sembra la più impegnativa, mentre a guardare un film o un quadro siamo buoni tutti, al di là del fatto che si capisca o no cosa davvero si sta vedendo? Beh, chi ama leggere sa che un buon libro lascia sempre qualcosa dentro al lettore, lo arricchisce spiritualmente e culturalmente e, proprio come un bel film, può far trascorrere qualche ora piacevole. Inoltre credo che molti problemi e punti di vista sul mondo possano essere spiegati e impressi meglio attraverso le pagine di un racconto o di un romanzo che attraverso qualsiasi altro genere di intrattenimento e qualsiasi discorso o articolo di giornale.

Perché un buon romanzo per essere tale deve, secondo me, dar da pensare al lettore, toccare la sua anima, risultando al contempo di piacevole lettura, così da essere fruibile da un vasto pubblico. Se un libro è pesante e noioso, non piace a nessuno e non fa sognare, ha fallito il proprio compito, pure quando la critica specializzata lo incensa e lo trasforma in un classico della letteratura.

La tecnica di scrittura è fondamentale, ma in senso lato. Certo, lo scrittore tot, con i suoi metodi più o meno originali e innovativi, potrà magari mandare in visibilio la critica mondiale (di recente impazzita, ad esempio, per un romanziere autore di un opera interamente raccontata in prima persona plurale!), ma alla fin fine ciò che conta davvero è la storia


Osvaldo Soriano

Occorre cioè che la trama funzioni fino in fondo, dialoghi compresi, senza buchi o svarioni, che sia avvincente e abbia un suo perché, mettendo al lettore l’ansia di sapere come la storia va a finire e al contempo arricchendolo spiritualmente e facendolo riflettere. Infine occorre, appunto, che l’opera sia scritta bene e al giusto livello di complessità, perché è proprio ciò a rendere la lettura chiara e scorrevole. Allora, ma solo allora, un opera narrativa sarà anche un’autentica opera d’arte. Punto.

Per introdurre la rubrica ho sprecato già un mucchio di spazio, ma siccome un romanzo voglio proporlo fin da questa settimana, dovrò essere breve (se talvolta mi leggete conoscerete forse già un mio motto: su internet articoli brevi!). Dunque per risparmiare spazio e tempo inizierò con un magnifico romanzo da me già presentato in passato: “Triste solitario y final” di Osvaldo Soriano, edito dall’Einaudi. Per una trattazione più approfondita del grande scrittore argentino vi rimando a quanto avevo scritto su Truciolisavonesi all’incirca un paio d’anni fa, anche se purtroppo non ricordo assolutamente in quale settimana o mese apparve l’articolo in questione...LEGGI

Lo stralcio in cui mi occupavo in particolare del romanzo prescelto oggi lo riporto invece qui:

Insieme con i racconti sul calcio, l’opera per cui è forse maggiormente conosciuto e altro suo capolavoro è “Triste, solitario y final.” Romanzo abbastanza breve ma genialoide. Soriano, che appare anche come personaggio del racconto, immagina che Stan Laurel, il mitico “Stanlio” protagonista in coppia con “Ollio” delle immortali comiche dell’epoca del cinema muto e dei primi decenni del sonoro, ricorra all’investigatore (letterario) Marlowe per scoprire i motivi per cui non ha più successo e non trova ingaggi. Poco dopo l’assegnazione dell’incarico Stan Laurel muore, ma Marlowe, insieme a un grasso giornalista appassionato della coppia (Soriano, per l’appunto), continuerà a indagare per conto proprio, impelagandosi in improbabili ed esilaranti avventure fino ad arrivare a scombussolare catastroficamente la manifestazione per la consegna dei premi oscar e dando vita a tutta una serie di situazioni tragicomiche. Il tutto con la solita ineguagliabile capacità dello scrittore a fare sorridere e perfino ridere il lettore benché tutto il romanzo sia impregnato di una profonda e amara malinconia. Soriano è unico nella sua capacità di stendere atmosfere apparentemente inconciliabili.

Non mi pento di quanto scrissi allora e, anzi, rilancio. Soriano ha una scrittura semplice, asciutta e incisiva, per cui la lettura risulta scorrevole e leggera. Non ci sono molti fronzoli in questo romanzo, niente descrizioni lunghe e approfondite degli ambienti, niente elucubrazioni complicate sul carattere dei personaggi. I personaggi stessi sono descritti con poche efficaci pennellate, più che sufficienti a farli risaltare e renderli indimenticabili nella loro sofferenza esistenziale. La storia, che tratta di uomini fondamentalmente sconfitti dalla vita, è intrisa di una profonda e intensa malinconia e al contempo è ricca di scene grottescamente brillanti. Una su tutte: il rocambolesco viaggio su di un taxi, durante il quale uno dei protagonisti si lancia in un inseguimento spingendo il tassista, quasi cieco (particolare quest’ultimo di cui ovviamente non è a conoscenza), in una folle corsa a rotta di collo lungo le strade di Los Angeles.

Se cercate qualcosa di originale, provate a leggere Triste solitario y final, ne vale la pena.

Alla prossima settimana, con il libro e l’autore di aprile.

Aprile?, “ma come”, direte voi, “se ci siamo già, ad aprile? Il pezzo appena letto allora cos’era?” Per favore, fatemi un piacere. Considerate il romanzo sommariamente presentato questa settimana come il “libro di marzo”, purtroppo apparso con qualche settimana di ritardo o, se preferite, come numero 0 della nuova rubrica. Un articolo extra, rispetto alla cadenza prevista, per rifarmi almeno un poco dal dispiacere di non avere avuto l’idea in precedenza, perché non c’è nulla di più piacevole e soddisfacente per un appassionato di libri che poter far conoscere agli altri i propri amori letterari, ve lo garantisco.

Massimo Bianco. 

P.S. A proposito, quasi dimenticavo di avvisarvi che, oltre all’articolo su Osvaldo Soriano, in passato ho pubblicato qui anche un pezzo su Giorgio Scerbanenco, padre della letteratura gialla e poliziesca italiana e uno su Stanislaw Lem, forse il più grande scrittore di fantascienza dei paesi dell’est. Se siete interessati ai rispettivi generi narrativi ma non avete mai letto i due autori, provate a scovare quegli articoli, potrebbero aiutarvi a fare delle piacevoli scoperte. Saluti a tutti.