UNA VICENDA PENOSA

 

Nel corso di una seduta del Consiglio Comunale, svoltasi qualche sera fa, il Sindaco di Savona e candidato al Consiglio Regionale, resosi recentemente autore di uno dei colpi più distruttivi inferti alla credibilità della politica mai realizzati nel corso dei questi ultimi anni neppure dai peggiori epigoni del berlusconismo, ha sottolineato come la buona qualità dell'amministrazione savonese  sia evidenziata proprio dalla presenza di un buon numero, tra assessori e consiglieri candidati, come lui, in diverse liste per le elezioni regionali del 3 – 4 Aprile.

Come ci accade quasi sempre, quando apre bocca questo signore, non siamo d'accordo, e vorremmo operare una distinzione dialettica, neppure tanto sottile.

Davvero il giudizio sulla buona qualità dell'amministrazione, collegato alla presenza nelle diverse liste elettorali,di centrodestra come di centrosinistra, di una pletora di assessori e consiglieri, appare avventato.
In realtà si tratta di un fenomeno di – relativamente – nuovo conio, apparso sulla scena con la crescita del fenomeno della personalizzazione della politica.

Il faccione stampato sui manifesti dei singoli candidati (o, addirittura, il solo cognome, mandato a capo su due righe: incredibile!) rappresenta l'estrinsecazione più evidente, di quella che ci permettiamo di definire come “una fiera delle vanità”.
Un tempo c'erano i “rivoluzionari di professione”, oscuri personaggi che, in cambio di un magro salario, dedicavano la loro vita alla causa del riscatto del proletariato.Oggi ci sono, invece, i professionisti della candidatura, che si dividono in due categorie, accomunati però dallo stesso principio di partenza: le elezioni, la raccolta del consenso personale comunque e dovunque, rappresentano il fine ultimo e definitivo dell'attività politica,

svolta esclusivamente al fine di gratificare sé stessi, in diversi modi (come vedremo meglio in seguito).

Questi professionisti della candidatura, dicevamo, si suddividono in due categorie:

a) la prima, formata dai cosiddetti “razionalisti”, cui le candidature (scientificamente studiate a tavolino) servono per crescere nella carriera, assicurandosi stipendi, possibilità di stare lontani da noiosi posti di lavoro “veri” (perché “fare politica” è sempre meglio di lavorare). Questi saltano da un post all'altro, sempre coperti e paracadutati (c'è chi si candida tutti gli anni, a tutte le elezioni, facendo sempre il capolista) e, raramente, si trovano fuori dai giochi;

b) la seconda categoria è quella formata dai cosiddetti “presenzialisti”. Quelli, cioè, che quando arriva una qualunque tornata elettorale smaniano, non riescono a stare fermi, debbono vedere il loro nome (e adesso anche la faccia) sui manifesti, disturbare amici e parenti, per contare alla fine, quando va bene, qualche decina di voti (ricordiamo a memoria, perché non siamo politologi di professione, forse sbagliando per difetto, che su circa 800 candidati presenti nelle liste per le elezioni del Consiglio Comunale di Savona, nel 2002, almeno 200 finirono, per numero di preferenze, a quota zero).

A nostro modesto avviso i cosiddetti “presenzialisti” sono i più pericolosi, perché la loro ingiustificata ambizione finisce con il rappresentare il comodo sgabello, su cui si accoccolano i “razionalisti”, quelli che poi fanno gli affari veri (il più importante dei quali,lo ricordiamo per la seconda volta ma non  sarà sufficiente è : “meglio scaldare una sedia in Consiglio Regionale, Provinciale, Comunale, che lavorare”).

Insomma: una vicenda penosa.

Al vento