versione stampabile 

...passiamo da una notte all’altra
senza mai vedere il giorno…

 Domenico Maglio

Scrivere ciò che si leggerà di seguito mi è costato un pò, però alla luce di quanto sta succedendo nel nostro paese e vista la piega della campagna elettorale in corso, oramai orientata verso una stabilità di consenso che penso immutabile, qualche considerazione vorrei iniziare a farla. Intanto penso si debba prendere atto di un fatto che si sta evidenziando sempre più:

l’Italia non è ancora pronta ad un bipartitismo come quello che a tutti i costi si vuole coattivamente imporre, lo dimostrano le resistenze di molte forze politiche che con ragione o a torto difendono a denti stretti la loro nicchia, l’Italia non è pronta oggi, e cercherò anche di spiegare le mie ragioni, e non sono assolutamente certo che lo sarà domani.

Il fatto che in altri paesi questo sistema bipartitico sia consolidato non significa affatto che sia il miglior metodo democratico possibile da applicare da noi, senza contare che dire bipartitismo è una falsa semplificazione, ma senza lanciarmi in un monologo politologico elettorale che risulterebbe noioso e comprensibile a pochi, riassumerei il tutto come dice Sartori, e cioè che in quei paesi che sempre prendiamo ad esempio, Inghilterra, Spagna, Germania ma anche altri, non ci sono due partiti soltanto, ma ci sono due partiti con più consenso di altri e per governare si regolano di conseguenza con accordi, desistenze bilanciate e ogni altro meccanismo lecito permesso dalle leggi di quel paese.

Nulla di male, certo, ma questo modus operandi è prassi consolidata e strutturata in quelle realtà da molti anni, un sistema che permette una buona governabilità e decisioni strategiche nazionali, per esempio sulla politica estera, prese con assunzione di responsabilità.

Per questo quei paesi sono più avanti di noi o sono in fase di inarrestabile sorpasso, perché sono in grado, senza perdere troppo tempo in lunghe mediazioni istituzionali, di definire linee economiche e sociali di grande respiro piuttosto rapidamente sulle quali saranno poi giudicati alla prima tornata elettorale.

Ma siamo certi che questo sistema sia il più adatto al nostro paese?

Siamo certi, e mi rivolgo ai sostenitori di tale sistema, alla mia confusa sinistra sedicente riformista o radicale, che questo sistema non ci sbatta all’opposizione per molto tempo?

Nessuno me ne voglia ma come diceva Norberto Bobbio è buona pratica intellettuale “…provare a seminare dubbi…” per contrastare e portare sul ragionamento tutti coloro che hanno soltanto solide certezze, dalle quali ho imparato diffidare sempre a priori.

Non credo sia opportuno farsi abbagliare “dall’Obamismo”, altro paese, altra storia, altro popolo, distante anni luce da noi europei per acclarati distinguo che è superfluo ricordare qui, un paese gli USA dal quale potremmo anche imparare qualcosa ma con la dovuta cautela, un paese che in ogni caso ci fornisce spunti positivi ai quali guardare, il punto è che noi le cose che potrebbero anche interessarci le prendiamo solo quando ci fa comodo, e quelle stesse cose che potrebbero interessarci le prendiamo a intermittenza, quando appunto ci fa comodo ma ne dimentichiamo facilmente e volutamente altre che invece comode non sono.

Per esempio, e lo dico ai miei compagni o amici del PD senza polemica alcuna, che si copiano i cartelli che svolazzano ai rendez-vous di piazza, si cita J.F.Kennedy, si clonano gli slogan, ma ci si dimentica che proprio il primo Presidente USA cattolico, Kennedy appunto, in uno storico discorso citato ovunque (ma non dal PD proprio perché non fa comodo) dava un esempio di cosa è la laicità negli Stati Uniti, un discorso che si troverà integralmente a fine di questo articolo, un discorso epocale che metterebbe fra i moderati perfino il prof. Odifreddi, che per inciso proprio per l’ambiguità del PD sul tema ha abbandonato il partito.

E’ soltanto uno degli esempi che potrei portare in modo bipartisan, quindi prenderei con le pinze ciò che arriva dall’estero, anche perché credo sarebbe ora di brevettare qualcosa di nostro da gettare sul palcoscenico mondiale, ne abbiamo le capacità, possiamo essere noi esempio per altri e non viceversa, a patto di uscire dal nostro provincialismo che ci porta per esempio a voler esportare in Europa un modello italiano di gruppo parlamentare solo per evitare spiacevoli attriti caserecci, e mi riferisco al PSE sul quale il prossimo anno alle elezioni Europee si dovrà ben dire da che parte si sta una volta per tutte.

A questo proposito credo sarà complicato far capire che si sta con Zapatero, con Blair, con la Royal, con la SPD tedesca, tutti rigorosamente socialisti, e si sta seduti da un’altra parte magari con un capo gruppo che li critica o peggio che gli vota contro.

Ma per tornare a tema azzarderei una tesi : l’Italia è un paese nel quale un sistema bipartitico porterebbe al governo sempre e solo quelle forze politiche che vengono definite conservatrici o liberiste.

Se qualcuno provasse con calma a ragionare, senza fare esercizi di arroganza o provando a mostrare muscoli che ancora non ha, senza farsi offuscare da facili entusiasmi e facendo due conti dopo aver guardato con attenzione la società di oggi in Italia, capirebbe che questa prospettiva potrebbe diventare veramente reale.

Se prendiamo le elezioni del 2006, che per inciso sulla vittoria del centro sinistra esistono opinioni diverse e qualche perplessità su tale affermazione, vediamo che questo risultato è stato raggiunto raccogliendo nell’Unione di tutto e di più, era quindi ampiamente prevedibile quell’implosione latente sempre negata sperando in un miracolo che invece è purtroppo avvenuta per cause molteplici sulle quali ognuno degli interessati ha le sue ragioni.

L’analisi è facile, basta far di conto, se anche tutte le forze sedicenti riformiste, radicali, moderate entrassero – per ipotesi - tutte nel PD non ci sarebbero comunque i numeri per governare “da soli”.

Quindi domando a chi vuole provare a fare uno sforzo :  di cosa stiamo parlando quando si dice andiamo soli?

Non è possibile oggi andare soli, o meglio si può fare,  ma per fare che? Per dimostrare che siamo coraggiosi?

L’idea di un grande partito riformista, del popolo, in grado di rappresentare una sinistra moderna e innovatrice è senz’altro una buona cosa da realizzarsi, ma bisogna fare i conti con la realtà delle cose e queste cose dicono che allo stato attuale, alle condizioni esistenti questo progetto è fattibile ma per governare serve una nuova cultura politica da far crescere nel paese, una nuova cultura politica (io picchio sempre li da tanto tempo e spero che qualcuno prima o poi mi ascolti) nasce con il tempo e non in pochi giorni.

Possiamo sventolare tutti i cartelli Obamisti che vogliamo, noleggiare  tutti i Bus e i Tir disponibili, mettere in lista anche i Santi, ma il “principale esponente dello schieramento avverso” avrà sempre i numeri più grandi, e speriamo che la sua non sia l’inizio di una dinastia altrimenti ci troveremmo il “figlio dello schieramento avverso” per molto tempo vista l’anagrafe dell’interessato.

Che fare allora? Rinunciare alla competizione? Abbandonare la lotta? Non provarci?

Certo che no, ma bisogna ripartire con i piedi per terra, ripensare l’Italia di oggi e quella che vogliamo per domani, e soprattutto guardarla nella dimensione Europea.

Le vocazioni solitarie, che poi tanto solitarie non sono ma su questo ho già detto in altre occasioni su questo blog che pazientemente mi ospita, gettate in modo politicamente traumatico su un elettorato sfibrato e ancora legato a ideali storici, non fa altro che dividere sempre più la base del possibile consenso disponibile, altro che unire, si alimenta la disaffezione delle persone che non trovando più di colpo i loro riferimenti si autoescludono dall’esprimere il loro diritto di voto.

Questo buio improvviso non aiuta le forze progressiste, al contrario le disgrega, le disperde in mille rivoli ininfluenti, viene meno lo zoccolo duro del consenso portato dalla base che non verrà certo sostituito ne da ex Prefetti ne da ex esponenti di Confindustria.

Questa base si sente sola e senza riferimenti più o meno certi, sbanda, resta in balia delle ondate populistiche, senza difesa.

Il percorso prospettato del grande partito riformista necessita quindi di una gradualità che oggi è stata accantonata ma che confido, per il bene di tutti, venga ripensata.

Il bipartitismo nel nostro paese c’è già, non bisogna inventarselo o codificarlo in una legge, c’è nelle coscienze, c’è nel pensiero, c’è nella voglia di innovazione, c’è nelle difficoltà delle persone che lavorano, che studiano, è il bipartitismo che da sempre divide il paese in destra e sinistra, ma quando la seconda perde la direzione, scarta di lato improvvisamente resta solo la prima, che farà passare tutti noi da una notte all’altra senza mai vedere il giorno.

 Maglio Domenico 

Nel 1960, John Fitzgerald Kennedy primo Presidente cattolico degli Stati Uniti, pronuncia...
un memorabile discorso sulla separazione tra Stato e Chiesa