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A misura di bambino

 

Lussu Anna  insegnante di scuola dell’infanzia

 


ONMI Opera Nazionale Maternità  Infanzia

Lo smantellamento dei  servizi per l’infanzia prosegue sotterraneamente. Presentato come un arricchimento  -ampliamento dei servizi. Non è così . L’asilo nido ha  una genesi abbastanza lineare e simile per molti aspetti a quella della scuola statale d’infanzia percorrendo lo stesso itinerario con un po’ più di ritardo  gestionale e istituzionale.
Nasce sotto una marca caritativa a gestione privata confessionale  senza alcuna distinzione di età né  tipologia di servizio, sorta per rispondere ai bisogni dell’infanzia abbandonata – diventa un servizio con la nascita dell’Opera Nazionale Maternità  Infanzia. Nelle  metropoli accoglie i figli delle madri impossibilitate o incapaci  di assolvere il compito patriottico di  trattenere e curare i figli a casa. Anche  la legge 860 che rovescia la legge istitutiva dell’O.N.M.I. non si libera dalla visione assistenzialistica. Il nido risponde all’esigenza del mercato che richiede la forza lavoro della  donna:  lavoratore ideale e trattabile in quanto busta paga...con l’handicap dei figli. Quella che era una conquista politica cioè la legittimizzazione del ruolo sociale della donna lavoratrice non  recepisce  la liberazione dal punto di vista assistenzialistico, infatti, il nido diviene corredo aziendale, sorge nelle immediate vicinanze o dentro i luoghi di lavoro. Comunque, passo passo inizia a porsi dalla parte delle donne e del bambino con la legge 1044. L’istituto del nido abbandona  la residenza nei luoghi di lavoro per andare a espandersi nel quartiere, nel paese, nel comune.


Maria Montessori

Acquisisce per la prima volta una funzione sociale pedagogica dove il punto di vista primario è il bambino e assume un fine educativo sancito da una legge (anche se l’art 1 ha una funzione ancora molto  assistenziale rivolta all’interesse della donna  come lavoratrice più che di tutte le donne e  di tutti i bambini). Gli anni settanta hanno inaugurato l’idea pedagogica che si deve garantire, fino dall’anno zero ,un servizio pubblico in tutto il territorio nazionale, senza discriminazione alcuna, rivolto all’intera utenza infantile.

E  stata una lotta politica forte,  nonostante l’intransigenza e opposizione conservatrice  a difesa della famiglia, considerata unica banca dei valori etici  (con l’idea che la diffusione dei nidi pubblici aperti all’intera utenza potesse innescare la disgregazione delle famiglie) del  potere clericale. Le normative regionali hanno disegnato  un’architettura istituzionale e  educativa disposte su finalità – standard quantitativi – gestione sociale  e figure, cosi che ognuno può orientarsi  verso uno o più di essi differenziando notevolmente il servizio   nel territorio nazionale. Un servizio  con un’autonomia istituzionale e pedagogica  mai raggiunto pienamente che anzi ,oggi , sta facendo un percorso a ritroso. Sono tornati gli asili nidi aziendali e la regione Liguria è una delle prime ad averli  reintrodotti – c’è una forte discriminazione sull’accesso – i posti sono pochi – gli standard sono in caduta.  IL percorso  storico – politico, la  ricerca pedagogica  dell’istituzione prescolastica  ha superato il bivio e ha preso la strada sbagliata dimenticando sul ciglio il bambino. Non è possibile leggere senza indignarsi  un articolo che esalta l’apertura delle sezioni primavera nelle scuole infanzia di Carcare  e la propone come  risposta all’esigenza sociale del  territorio con risparmio per le famiglie togliendo al bambino un ambiente specifico che nasce per lui. Gli standard regionali individuano generalmente nelle sezioni divezzi un educatore ogni 6-7 bambini al max . Insomma la conversione pubblica dei servizi prescolastici non si vuole ed è ancora questione di soldi. La politica del risparmio colpisce sempre la spesa sociale di cui una parte è rappresentata dai servizi di cui stiamo parlando dove il maggiore pedaggio è pagato dai bambini e  dalle donne. L’eredità del nido e della scuola dell’infanzia  è la tradizione pedagogica  che testimonia fortemente i propri fondamenti teorici  e pensiamo ad Agazzi a Montessori a Ciari ecc…mentre gli altri scalini dell’istruzione sono sprovvisti di modello pedagogico cominciando dalle elementari . Eppure a quest’infanzia, risorsa dell’umanità, si offrono gli scarti. Per 30000 euro Carcare  ha svenduto l’infanzia nonostante si citi il  tradizionale impegno nel campo della ricerca e dell’innovazione, chi lavora con i bambini  della primissima infanzia riconosce le bugie , così le classi a tappo, a volte addirittura esuberando  il tetto max per sezione (28 bambini )compreso magari i casi di disabilità. Una classe di 20 bambini da 24 a 36 mesi ! In una situazione del genere  un’insegnante  quanto tempo è in grado dedicare ad ognuno di loro  e quanta ricerca ( secondo metodi scientifici) è possibile fare? Perché la nota di attuazione dell’accordo 44 / cu del 14 giugno 2007  non prevede alcuna assegnazione di personale aggiuntivo "in base al contributo erogato, ai contributi delle famiglie  l’istituzione scolastica costituisce un fondo per il funzionamento della sezione che potrà servire all’assunzione di personale con contratto di lavoro a progetto o altro " Il che significa anche  introdurre ulteriori forme di precariato nelle scuole  con personale sottopagato rispetto ai colleghi e non riuscire comunque a mantenere standard di qualità. A chi giova e chi si avvantaggia? Certamente il Governo, le Regioni, le province, i Comuni faranno a spese degli insegnanti che “ facendosi carico dei notevoli maggiori impegni che ne derivano“ la loro bella figura. Hanno  risolto  la generalizzazione dei servizi per l’infanzia  accorciano liste d’attesa al nido e liberano posti per maggiori introiti. La campagna elettorale permanente . Ma  si è perso il bambino e la scuola a sua misura!

 

Lussu Anna  insegnante di scuola dell’infanzia