Il Tempietto? Sotto il Priamar

 

Ci sono, a Savona, due oggetti in ceramica «unici» nella fertile produzione di Giacomo Boselli (1744-1808), in arte spesso Jacques Boselly non tanto – probabilmente - per aggirare le imposte della dogana francese o per vellicare l’esterofilia del mercato italiano, quanto – piuttosto - per lo stretto legame con le maioliche di Strasburgo, la fabbrica marsigliese della vedova Perrin della quale reinterpreta il «vert Savy», il centro di Luneville in Lorena che impiega il decoro a «chinoiserie». Il primo pervenuto alla città con la recente splendida donazione del Principe Arimberto Boncompagni Ludovisi ospitata nel Museo di Palazzo Gavotti, è una bella «Fiasca da pellegrino» datata con certezza grazie alla scritta sul «verso» del vasetto «Aqua di N.Sig.ra di Misericordia di Savona 1775», da oggi ben visibile in una vetrinetta. Giusta valorizzazione di un «maiolicaro» che Arthur Lane, conservatore della ceramica per il «Victoria and Albert Museum» di Londra, diceva aver dato «un contributo nettamente originale alla ceramica europea», sebbene riferendosi in particolare alle figurette in porcellana tenera. Il secondo «oggetto», di dimensioni molto più imponenti, sempre rimasto a Savona fin dalle origini del 1786 (la data sta sul fastigio principale) è il cosiddetto «Tempietto» con pergolato, rivestito di lastre in terraglia policroma

Il «Tempietto», esagonale, con sei colonne ioniche semiaddossate, coperto da una cupola fino a quasi 4 metri di altezza, si trova nei Giardini Dante Alighieri, su corso Mazzini, difeso da una cancellata ma in stato di degrado, nei pressi di un maleodorante orinatoio «a vista», senza nessuna cartellonistica che ne segnali l’importanza culturale.
In effetti l’elegante edificio, come scrisse nel 1990 Giuseppe Buscaglia, è un vero «monumento ceramico e uno dei più puri esempi d’architettura neo-classica in Liguria con il quale Giacomo Boselli voleva rendere palese e celebrare la propria arte», ben consapevole di essere portatore di novità derivate da quel «gusto greco» diffuso in tutta Europa soprattutto dal vasto repertorio delle «Antichità di Ercolano Esposte», molto in voga nella seconda metà del XVIII secolo. «In fondo le opere del Boselli – annotava Gianni Bozzo, Soprintendente per i Beni Artistici e Storici della Liguria, quando nel 1993 il Lions Club Savona Torretta curò il restauro del Tempietto - non si discostano poi molto dai moderni “ready made” dei Surrealisti o degli artisti Pop» poiché mutuava da altre manifatture (Weddgwood-Strasburgo-Marsiglia) un «valore decorativo aggiunto mantenuto su livelli di estrema sobrietà e rigore, divenendo insieme ultimo erede – e liquidatore? - della grande tradizione ceramica barocca».
Il Tempietto Boselli è fortemente rappresentativo, pertanto, di una grande tradizione artigianale, artistica, commerciale e imprenditoriale che ha caratterizzato la storia di Savona fin dal Medio Evo e per questo rispetto verso la città quando nell’aprile 1928 il ragionier Giovanni Rossi fu Lorenzo, proprietario della vecchia casa del Boselli nell’allora via Torino, dovette procedere alla sua demolizione, pensò di donare al Comune quel tesoro culturale che nel luglio del 1930 fu trasferito dalla terrazza dove sorgeva nei giardini pubblici. Collocazione felice per l’epoca, ma oggi non più sostenibile per il degrado, i vandalismi, la non visibilità.
E allora, cogliendo l’opportunità del bicentenario della morte, la rivalutazione in corso del patrimonio ceramistico del territorio savonese e della sua grande tradizione figulina, perché non riposizionarlo laddove possa offrirsi alla vista di tutti e divenire «testimonial» turistico-culturale della città, perfettamente integrato con la storia alle sue spalle? Per esempio, dopo aver verificata ovviamente la fattibilità tecnica dell’operazione, sul prato di levante antistante il Priamàr: sì, proprio al posto della «Rosa» di Pomodoro, ormai definitivamente sfiorita.