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CHE COSA ACCADDE DAVVERO NEL CIELO DI USTICA?

(un libro da non perdere)

di Sergio Giuliani

 

La sera del 27 giugno 1980 scomparve di colpo dai radar che ne accompagnavano il volo, in un polverìo elettronico, la traccia, fino allora decisa e sicura, di un aereo di linea, il volo Bologna-Palermo.

Fummo sommersi di mezze notizie, di falsi pudori televisivi, fino al giorno dopo, quando fu inquadrato un mare pieno di piccole e care cose, staccate ormai da chi le viveva e diventate relitti e il pianto di un giovane soldato che aveva visto e raccolto ciò che restava dei corpi dei passeggeri.

Con amici, la sera dopo, stavamo seduti e zitti allo scaletto delle Fornaci e guardavamo quel calmissimo e colorato mare dove si erano dissolte 81 vite. Le parole costavano molto e faticavano ad uscir di bocca e di pensiero.

Profani, si pensava all’incidente. Ed era ancora l’ipotesi più acquietante, se si può dire così. C’era da prendersela,almeno, col caso.

Poi…..ci insospettimmo. Tutti questi radar spenti, tutte queste “esercitazioni”, tutti questi grafici che non si trovavano, tutti questi addetti silenziosi e “non ricordo..”, sempre di più a mano che si saliva di grado.

Erano anni “esplosivi” e ci venne subito detto: “scoppio terroristico a bordo”. Ma qualcuno riferì le ultime parole del pilota (“Guarda…..”) registrate dalla scatola nera e non quadrava…

Poi un giornalista, Andrea Purgatori cozzando contro non tanto muri di gomma quanto facce di bronzo, sollevò interrogativi logici, pur senza supporto di prove certe, perché o inesistenti o riservate, che inquietavano anche i profani (che però sapevano distinguere tra un’esplosione e un’implosione!). Un altro giornalista, Corrado Augias, durante una trasmissione “gialla” fu contattato da un radarista, che volle l’anonimato, e che prospettò ben altra verità da quella ufficiale.

Capimmo tutti che l’aereo era stato fatto bersaglio; non c’era stata avaria! Intanto, mi par di ricordare che s’era lasciata fallire l’Itavia, la compagnia cui apparteneva l’aeromobile disintegrato in cielo.

La faccio breve, perché parla assai meglio di me il libro dei due ingegneri aeronautici di cui, se potessi, non consiglio, ma impongo la lettura. Una lettura, tra l’altro, che m’ha creato parecchi sensi di colpa: il primo, come cittadino di uno stato che consentì che il suo spazio aereo fosse un colabrodo in cui passava di tutto e di uno stato che, in modo goffo e fellone, truccò tutte le carte che portavano ad una verità, dicono e dimostrano gli ingegneri autori, sotto gli occhi di chiunque le sapesse accostare e leggere: non certo noi, poveri sudditi e non cittadini a cui si possa e debba dire sempre la verità,costi quel che costi. L’altro senso di colpa è perché sono giunto alla verità sotto la forma di un “romanzo storico”, espressamente scelta e dichiarata dagli autori, suppongo a scopo didattico.

I cittadini, infatti, non sono in grado di orientarsi tra sigle, gergo aeronautico in inglese tecnico e tracciati radar, ma hanno diritto, eccome! A che il tutto venga loro spiegato, quando c’è di mezzo una strage come Ustica.

Ci ricordiamo tutti il MiG precipitato sulla Sila, la sicurezza senza arroganza dei pastori sulla data e sull’ora dell’impatto (guarda caso, le stesse in cui cade l’aereo Itavia!), la macabra farsa dei resti del pilota occultati e riapparsi come “attuali” due mesi dopo!

Poi, il Ministro Giuliano Amato fa recuperare, costosissimamente, ma con merito, i rottami dell’aereo che, ad esperti, parlano come un libro stampato. Di qui la precisa e coraggiosa istruttoria del giudice Rosario Priore, pressochè esaustiva, se pur di complessa decifrazione per noi, ripeto, profani e,finalmente, ma tardi, i felloni riconosciuti tali.

Diffidavo dell’etichetta “romanzo storico”: temevo un “Codice Ustica” e invece la dichiarata modestia degli autori, a loro dire, ha messo in ordine le tessere di un puzzle già tutte pronte e dentellate al modo giusto per essere connesse. La verità  -sola cautela per rendere leggibile l’insieme, penso scientificamente inattaccabile un leggero maquillage,serio però, come le coloriture delle immagini degli astrofisici – dicono gli autori, s’è costituita da sola, addirittura lampante.

Devo riconoscere che la lettura mi ha “preso” d’interesse non soltanto civico, ma per i dati tecnici spiegati benissimo in corso d’opera e nelle note e anche per la bellezza del corredo fotografico, e non me lo vorrei perdonare. Ma so che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro e mi piace di esser italiano come i due ingegneri che si mascherano appena sotto pseudonimo, che hanno lavorato con perizia e coscienza a rivelare una verità, a sentir loro, già pronta. Fosse così per tutti gli italici misteri!

Il prossimo 27 giugno, quando si farà sera, tornerò allo scaletto delle Fornaci e guarderò il mare. Saprò molto, molto di più, su come e perché quelle persone finirono. Il mare parla eccome, a chi lo sa ascoltare fuor di baccano. Un grazie di cuore e di mente agli autori.

 Sergio Giuliani 

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