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Che succederà il 15 aprile?  E chi lo sa…

...comunque iniziamo a preparare sacchi di sabbia per le finestre…

Domenico Maglio

Oggi ho ricevuto un messaggio sul cellulare, un sms, da uno dei tanti amici, dei tanti compagni che conosco e che navigano oramai senza meta alcuna, persone oramai preda della confusione politica e ideale che monta giorno dopo giorno, d’altronde sono crollati i riferimenti storici e quindi non si può dar loro torto, senza contare il fatto che ognuno si adopera al meglio per fomentare tale mescolanza disordinata forse utile a scopi più personali che generali

Comunque il  messaggio ricevuto era questo “…le Langhe ci stanno aspettando….”

A Fine articolo si troverà la mia risposta.

Chi conosce la storia partigiana sa bene cosa hanno significato nella lotta di liberazione e nella Resistenza ligure e piemontese la zona delle Langhe in quella terra di frontiera che è la Valle Bormida, ma al di là dell’ovvietà della battuta ironica implicita nel messaggio un qualche ragionamento tali parole dovrebbero suscitarlo in molti come è successo per me, perché in effetti quando la maggioranza della popolazione si sente disarmata, oppressa, sottoposta a ingiustizie sociali macroscopiche, quando fa fatica a sbarcare il lunario, ha lavoro e futuro incerto, in altre parole quando le persone sentono la pelle bruciare la loro rabbia, il loro rancore può anche diventare incontrollabilmente irreversibile.

Irreversibile non perché vuole sfociare in un periodo simile a quello del ’43 ma perché monta la disaffezione verso ciò che la politica dovrebbe generare, e cioè tutto quello che ognuno può trovare nei programmi elettorali, viene meno la speranza, muore la fiducia nella possibilità di un miglioramento sociale e cresce lo scetticismo, si spegne l’entusiasmo verso chi è delegato a porre in pratica tali obiettivi.

Ma come fare per riportare il tutto a condizioni di governabilità accettabili?

Come ricostruire un tessuto sociale in grado di amalgamarsi attorno ad una piattaforma sociale vera, sentita, condivisa, che coniughi giustizia sociale e sviluppo?

E le due cose possono andare di pari passo o sono destinate a confliggere?

Come dare speranza per il futuro ad una popolazione allo stremo delle forze?

Per ognuna di queste domande esiste una risposta ma oggi nessuno è stato in grado di darla in modo convincente, ognuno ha la sua verità che ne occulta altre, ognuno propone la sua ricetta miracolosa, a volte fattibile a volte no, ma è assolutamente assente un’analisi critica che vada oltre la ricerca del consenso elettorale necessario all’oggi.

Tanto è vero questo che la discussione attuale è concentrata sulle candidature che possano spostare e attrarre voti senza stare tanto a guardare se la conflittualità esistente nella società viene trasferita in una lista elettorale.

Questo errore è già stato fatto nel governo di Romano Prodi ma nessuno lo ha notato o lo ha volutamente occultato e oggi per cecità o per opportunismo lo ripropone in discutibile vocazione solitaria cambiando solo gli attori in campo.

Il famoso programma di Prodi delle 280 pagine era il frutto di una mediazione tra forze politiche altrimenti sarebbe stato molto più breve, infatti il dilazionamento letterario era dovuto alla puntualizzazione che ogni partito voleva fosse inserito per una forma di autotutela, e nell’azione di governo tale mediazione ha continuato con i risultati che sappiamo.

Facciamo un esempio di ieri?

Nel programma Prodi era indicato il superamento della legge 30, ma la parola superamento non significava  cancellazione, una mediazione trasferita nell’azione di governo con le fibrillazioni note.

Facciamo un esempio di oggi?

Nel governo che Veltroni auspica di guidare ci sarà chi vuole continuare nella lotta all’evasione fiscale che sta dando ottimi risultati e chi invece è contrario quindi al dunque voterà contro, ci sarà chi vuole dare un giro di vite alle morti sul lavoro e chi è contrario e farà di tutto per ostacolare tale pratica, chi vuole difendere i diritti acquisiti dalle donne e chi li vuole cancellare, parlamentari che voteranno in modo diverso dal vicino di banco.

Cambiano quindi gli attori, ma la mediazione resta.

Tutto è legittimo ma non credo sia questo il sistema più adeguato per aprire una fase nuova del nostro paese.

Il centro destra non vincerà le elezioni di aprile, ma ahimè le stravincerà e se la legge elettorale del Senato fosse come per la Camera con premio su base nazionale ne vedremo delle belle, questa annunciata vittoria conservatrice avverrà perché esiste una differenza fondamentale tra le parti in gioco, il centro destra pur diversificato è compatto e invece l’area del centro sinistra no.

Storicamente sappiamo che la destra è spinta dall’interesse e la sinistra dall’ideale, ed è proprio questo il punto: l’interesse comunque resta e così i relativi adepti ma se distruggo gli ideali di botto senza una fase ponderata che li trasli avanti avrò un popolo confuso e disorientato senza punti di riferimento, un popolo che mi abbandonerà perché non riconosce più nella mia azione politica i suoi punti di riferimento.

Questa è la situazione di oggi e per ritrovare quel popolo, se esiste la volontà di recuperarlo, si dovranno sudare sette camicie.

Nel centro sinistra è in atto una strana gara al massacro portata da una fase di ripensamento ideale alla quale nessuno vuole venire meno, ostinatamente e orgogliosamente c’è chi vuole voltare pagina in modo perentorio e chi invece non vuol vedere che la società è cambiata.

La manutenzione di tutta questa area sarà lunga e complicata ma è un passaggio necessario altrimenti la “bella politica” si potrà fare “pacatamente” ma sempre dai banchi Parlamentari dell’opposizione, e non vale la storia che però negli Enti locali la sinistra governa.

Una Provincia o una Regione governata in modo asincrono con la politica nazionale sarà sempre soccombente e ricattabile, può facilmente essere isolata e  messa in difficoltà politicamente ed economicamente, può essere messa sul lastrico e fatta crollare alla prima tornata elettorale.

Questo non significa che si suggerisce un sistema elettorale particolare altrimenti si tornerebbe ai Podestà inviati direttamente dal governo centrale, ma ciò che conta indipendentemente dalla cadenza temporale delle elezioni è la costruzione di una coscienza sociale che sia chiara e definita, non chiusa nella sua dottrina ma dialogante, in grado di radicarsi ed essere cosciente della sua funzione determinante e responsabile nel funzionamento del motore complicatissimo del sistema paese nel suo complesso.

Questa coscienza sociale responsabile non prende vita certo da un nuovo conflitto di classe ma neppure da un’amalgama precario tra le classi,  bisogna mettersi in testa che non può nascere da un giorno all’altro come si sta tentando di imporre ma ha bisogno di macinare pensieri diversi, nel suo tempo necessario, senza fughe in avanti, senza rotture traumatiche che come sta avvenendo oggi disperde energie fondamentali, lascia per la strada capacità da valorizzare.

Quando l’area della sinistra più votata al riformismo e all’innovazione, quando tutta quest’area nessuno escluso, saprà nel suo complesso comprendere questo inevitabile passaggio storico, quando abbandonerà un’inutile simbologia, quando si sapranno riunire tutte le potenzialità allora sarà una sinistra che potrà avere ambizioni di governo duraturo, farà rinascere la fiducia in chi oggi la abbandona e non la sostiene, ritroverà la sua gente, tutta la sua gente che rappresenta la spina dorsale del mondo del lavoro e dell’intellettualità migliore che proprio dal periodo Resistenziale ha preso vigore.

Da questo passaggio dipendono i destini dell’Italia progressista.

Questo senso di sfilacciamento e di sfiducia ha portato l’invio dell’sms di inizio articolo al quale con la stessa ironia ho risposto che “…le montagne dei nuovi partigiani sono le sezioni dei partiti sui territori, le loro armi il dialogo democratico e la forza delle idee, la loro liberazione la nascita di una cultura politica nuova che porti ad una vera giustizia sociale…”

Ecco, io penso che così si possa provare a cambiare il nostro paese, bisogna cominciare seriamente a discuterne al 15 aprile, quando saranno passati i flash e le teatralità, e tutti avranno di fronte ciò che si è creato con colpevole disattenzione.

Nel frattempo, chi ha sacchetti di sabbia………. cominci ad avvicinarli alla finestra.

Non si sa mai.

 Domenico Maglio

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