TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

 Pubblichiamo alcuni documenti che scrisse il questore Molinari

I SEGRETI DI ARRIGO

A CHI FANNO PAURA?

Ucciso nel settembre 2005, è finito presto nel dimenticatoio. Di lui scrissero giornalisti oggi “famosi”. Le amicizie nelle redazioni, tra i politici, i potenti. Gli ospiti illustri nell’albergo di famiglia, ad Andora.

La promozione del ministro Maroni. Un inedito “curriculum vitae”.

di Luciano Corrado 

 

ANDORA - <Durante il governo Berlusconi ero stato incaricato del ministro degli Interni, Roberto Maroni, di sensibilizzare tutti gli organi di polizia dell’Adriatico (dalla Puglia alle tre Venezie) per combattere l’usura, specie nelle province delle Marche, ove sono insediati miniere di attività di calzature>.

Nelle fotocopie (alcune inedite) che “Trucioli Savonesi” riproduce e che potete leggere su (vedi…), Arrigo Molinari questa ultima frase l’aveva aggiunta di proprio pugno, sul “curriculum vitae” che inviava ai cronisti con i quali aveva contatti. Un “curriculum” che fotocopia un’intera vita in polizia e una carriera.

Molinari il 27 settembre 2005 ha trovato la morte per mano di un assassino-balordo. Il procuratore della Repubblica, Vincenzo Scolastico, dirà che si <tratta di un delitto legato ad un caso occasionale>. Movente, un furto finito malissimo, nel sangue.

PERCHE’ MOLINARI

E’ NEL DIMENTICATOIO

La “Molinari story” (ovvero i suoi trascorsi prima del delitto) è finita presto nell’archivio “dimenticatoio”. Eppure, per anni, è stato un “potente” che trovava molte porte spalancate (ad iniziare dai giornali liguri e non, dai direttori, giù verso la scala gerarchica ). Era nella P2 (tessera 767) e lui giustificava per “motivi di servizio, infiltrato”. Si vantava di essere uno di Gladio e ne difendeva l’operato a spada tratta, anche con iniziative spettacolari.

Rivelava scottanti retroscena e ripeteva di essere rimasto vittima persino di attentati falliti, prima di essere chiamato a testimoniare.

Fino all’ultimo non sono mancate interviste, con argomenti più o meno deflagranti. Citazioni in tribunale nei confronti della Banca d’Italia (truffa del “signoraggio”) e della Bce. Articoli ed interviste raccolte soprattutto da Il Giornale, tre giorni prima di essere ucciso.

Un potente che coltivava amicizie importanti. Che sapeva accogliere ed ospitare nell’albergo di famiglia ( i Pallavicino conobbero un periodo di grande splendore per via delle esattorie in Liguria) ad Andora anche personaggi illustri, magistrati compresi. E quando era il caso persino le camere potevano rappresentare un’alcova, rigidamente protetta, per ospiti di riguardo.

 Un Arrigo Molinari che, ad Andora e dintorni, incuteva “timore” ( vedi Regione Liguria) per il suo ruolo e le sue conoscenze. Che trovò anche magistrati e giudici, a Savona, che non risparmiarono a lui, a sua moglie Maria Teresa (fu vice pretore onorario a Genova), a suo figlio Carlo (ex consigliere comunale ad Andora), capi di imputazione pesantissimi per via di rapporti di lavoro con dipendenti del complesso turistico. E poi le lunghe battaglie con ex sindaci e con il Comune di Andora.

TANTI DOSSIER

AFFIDATI A CRONISTI

Vincende di cui Arrigo Molinari, con un sottile presentimento, si direbbe, lasciava traccia affidandosi a questo o quel giornalista che riteneva “affidabile”. Carte che se non hanno valore, rilevanza per la sua tragica morte, raccontano il “regno Molinari”, entrature, amicizie, testimonianze, meandri. Un personaggio vulcanico, secondo alcuni, con qualche zona d’ombra e di fantasia. Chi ricorda lo scontro (diverse prime pagine su Il Secolo XIX) con l’allora colonnello dei carabinieri Nicolò Bozzo, braccio destro di Dalla Chiesa per il ruolo di Senzani?  Vicenda riproposta dallo stesso Bozzo alla recente presentazione di un libro a Savona, sulle “bombe del 1974-’75.

Insomma Molinari da vivo “mobilitava” i potenti, le “firme” di prestigio, da morto non interessa più a nessuno. Un “già visto”. Una prova del nove. Bisogna rassegnarsi e tacere?

Molinari era nato ad Acri (Cosenza) nel 1932, laureato in giurisprudenza all’Università di Napoli, è stato assistente di Diritto Ecclesiastico presso lo stesso ateneo per dieci anni. Dal 1955 si trasferì in Liguria, funzionario di polizia, ha percorso <conseguendo sempre brillanti risultati>, è scritto nella sua biografia, tutti i gradi della carriera: commissario a Sanremo sino al 1969 e, poi, a Genova, prima presso la Squadra Mobile, in seguito come vice questore vicario. Quindi questore a Nuoro a seguito di un concorso per titoli. Dal 1987 dirigente di diverse scuole di polizia, con selezione e preparazione professionale. Quindi ispettore capo di Ps ed assegnato all’Ufficio ispettivo  Centrale a Roma, poi l’Ufficio Ispettivo per l’Italia settentrionale a Milano.

UN LIBRO:

I CUMPARI

Quando scrive “I Cumpari”, il giudice genovese vittima di un sequestro “rosso” Mario Sossi firma una recensione dove annota, tra l’altro: <Il lavoro di Arrigo Molinari viene a colmare una grave lacuna presente nel campo degli studi sui problemi relativi alle migrazioni…>.

Il Lavoro nell’edizione del 24 gennaio 1981 dedica un’intera pagina “Servizi e inchieste” alle “Memorie di un poliziotto calabrese (Arrigo Molinari, appunto) con un’ampia recensione-commento a firma di Gad Lerner. Un articolo ancora più ampio  su “Intellettuale, professore e brigatista”, cioè la figura di Enrico Fenzi, a firma di Daniele Protti.

Molinari che sosteneva la tesi  di aver segnalato nel 1978 al ministero dell’Interno che Giovanni Senzani era un infiltrato  all’interno delle Brigate Rosse. Aggiungendo, davanti alla Commissione stragi, che sarebbe stato necessario rendere pubblico un suo rapporto riservato. E l’allora deputato dei Verdi, De Luca, chiese invano di ascoltare l’ex ministro Virgilio Rognoni.

I SEGRETI DELL’OAS-CIA

IN QUEL DI IMPERIA    

Tra i documenti che pubblichiamo (integrali per la prima volta) c’è anche un resoconto minuzioso (vedi sotto appunto 27 ottobre 2000, rielaborato…) ciò che Arrigo Molinari racconta su cosa accadde dal 1960 – 1962 sulla Riviera Ligure di Ponente, ad opera dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno. La sorte di ex appartenenti all’Oas, rifugiati nel ponente ligure, le pressioni della Cia, le protezioni della polizia italiana, gli agenti segreti e killer dei servizi segreti francesi impegnati a liquidare gli oppositori, gli ordini e le strategie del generale De Gaulle.

L’intervento dell’allora prefetto di Imperia, Vittorio Passananti e le sue proteste con l’Ufficio affari riservati del ministero dell’Interno e al suo responsabile Federico D’Amato. L’arresto in una villa di Giulianova di Georges Bidault, ex presidente del Consiglio, capo dei democristiani francesi e padre spirituale dell’organizzazione rivoluzionaria Oas. La figura di Jean Jacques Susini nascosto a Roma sotto falso nome, nonché Jacques Soustelle, cervello dell’Oas, rifugiato a Milano.

I rancori tra i liguri del ponente per la sorte toccata a Briga e Tenda passate alla Francia.

IL RUOLO DELLA BANDA

DEI MARSIGLIESI E DELLA MAGLIANA

I ruoli avuti dalla banda dei marsigliesi guidati da Jacques Berenguer e da Albert Bergamelli andati a dar man forte alla banda della Magliana con i rapimenti del re del caffè Alfredo Danesi, del figlio di Umberto Ortolani e del gioielliere Giovanni Bulgari. Infine, secondo Arrigo Molinari, le indagini sui marsigliesi e della Magliana del giudice Vittorio Occorsio ucciso con una raffica di mitra il 10 luglio 1976.

Hanno scritto e recensito giornalisti “importanti”, come Gad Lerner ( vedi recensione di un libro di Arrigo Molinari dal titolo “I Cumpari, aspetti criminologici dell’immigrato in Liguria” (Pirella editore 1980).

Vedi la recensione di un giornalista autorevole di lungo corso come Massimo Zamorani (oggi opinionista de Il Secolo XIX) che esordiva la recensione ai “Cumpari” con queste parole: <Arrigo Molinari è uno dei pochissimi uomini-isola rimasti indenni di fronte a quell’alluvione di egoismo che è, probabilmente, la caratteristica tipica della nostra epoca. Fedele alla sua vocazione, egli ha conservato intatta quella capacità di entusiasmo che è condizione necessaria per svolgere qualunque tipo di azione, a cominciare dal lavoro>.

Altro passaggio: <Molinari riporta alla mente la deleteria azione della Fiat a Torino. L’industria di Agnelli offrì lavoro agli immigrati, ma in una situazione sociale disperante per gli emigranti stessi e degradante, a lungo andare, per la città che li aveva ospitati. Quella sollecitudine umana che aveva caratterizzato esemplarmente Olivetti e Marzotto, per esempio, lasciò sempre olimpicamente indifferenti ni condottieri della Fiat. Gli effetti si vedono ad occhio nudo. La percentuale dei devianti sociali – incalza Massimo Zamorani sempre nella recensione – è molto più elevata tra la popolazione immigrata che tra gli indigeni del medesimo ambiente topografico e sociale. La sindacalizzazione estrema del Norditalia industriale si è rivelata come un ostacolo all’ambientalismo  dell’immigrato>.

E ancora: <La disperata, ineducata, bacata carne da officina spinta dalla povertà a trovar lavoro là dove c’è ricchezza, è destinata ad accamparsi fatalmente in fredde baracche e a subire la tentazione della criminalità nelle più prospere e bene organizzate Nazioni d’Europa? La morale che scaturisce dal saggio di Molinari – concludeva Massimo Zamorani -  è realistica. E’ indispensabile far qualcosa per evitare che in una sempre più integrata comunità continentale l’emigrazione nostrana sia destinata, ancora una volta e in sempre larga misura, a far sì che nelle future suburre europee la lingua ufficiale sia l’italiano, nella sua estesa e pittoresca varietà di dialetti>.

C’è chi sostiene che il “personaggio Molinari” andrebbe discusso e studiato a fondo, magari facendo parlare le persone che gli sono state più vicino. Ex questori compresi. E forse il figlio, la figlia, volendo, potrebbero raccontare. Mettere a disposizione, se non è stato distrutto, il suo “archivio”. Chi sa parli! Per colmare un vuoto storico.

Luciano Corrado