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Rubrica. Italia allo sfascio

ULTIMA PUNTATA:
dalla scuola alla spazzatura napoletana

Massimo Bianco

 

Sì, avete letto bene il titolo, c’è scritto proprio ultima puntata. Non perché manchino gli argomenti su cui disquisire, ma più semplicemente perché mi pare inutile continuare a farlo, essendo a mio parere più che bastevoli i temi trattati in precedenza.

Poi, certo, si sentono in continuazione notizie preoccupanti sul malfunzionamento della scuola, che sfornerebbe ragazzi sempre più somari.

Responsabile ne è evidentemente il sistema sbagliato, a partire dalla passata abolizione degli esami di riparazione a settembre, decisione politica dagli effetti devastanti, e proseguendo con il tragico alleggerimento dei programmi ministeriali, pur essendo la prima giovinezza la più adatta all’apprendimento. Per comprendere perché i ragazzi sembrano non imparare più nulla basterebbe prendere in mano un qualsiasi libro di scuola superiore. Quello di storia, per esempio. Se il testo scolastico sorvola sulla suddivisione dell’impero Carolingio e relativa assegnazione della corona imperiale alla morte di Ludovico il Pio, non metterà in condizione i ragazzi di capire secoli di storia successiva, come il perché delle origini dell’impero germanico prima e austriaco poi, della nascita e dello sviluppo della nazione francese e in parte del concetto stesso di nazione, che derivano tutti da quell’evento. E non ci si potrà sorprendere se, cambiando epoca storica, in quiz televisivi nozionistici come “Chi vuol essere milionario” troviamo studentesse universitarie ventenni talmente ignoranti da essere incapaci di dare una collocazione alle Gallie! Se la situazione è questa dipenderà però anche dalla presenza di un corpo insegnante inadeguato. D’altronde che razza di professori potranno diventare degli ultratrentenni laureati e vaccinati ma così immaturi da saltare le lezioni dei corsi di insegnamento, falsificando le firme sul registro di presenza, salvo poi litigare e farsi la spia l’un con l’altro quando qualcuno viene colto in fragrante, neanche fossero bambini birboni? Perché quanto ho appena descritto succede, ahimè, succede per davvero, almeno qui in Liguria, ve lo garantisco. E un giorno i nostri figli saranno affidati a gente così?

Poi certo, si sentono notizie preoccupanti sulle disfunzioni della sanità e su presunti casi di malasanità, di cui peraltro non ci si può sorprendere, perché se davvero molti concorsi ospedalieri sono truccati e nepotisti come si dice, l’inevitabile risultato sarà la presenza anche di medici (e infermieri?) incompetenti, ma il vostro tuttologo da due soldi deve ammettere di non sentirsi in grado di affrontare la materia, mancandogli sufficienti conoscenze in proposito. E si che viviamo a Savona, sede dell’istituto ospedaliero San Paolo, il quale, con la lodevole eccezione di alcuni reparti, non brilla certo per fama di efficienza. In caso di malattie serie sarebbe forse preferibile essere ricoverati al Santa Corona di Pietra Ligure, sperando che qualche politicastro non lo faccia nel frattempo chiudere, come si è purtroppo ventilato.

Malasanità? Chiunque debba fare un esame e si vede assegnare l’appuntamento a mesi o addirittura anni di distanza e pazienza se nel frattempo dovesse tirare le cuoia perché la sua malattia non gli è stata diagnosticata, sa di cosa si sta parlando. Malasanità, ok. Un’affermazione credo però la si possa fare con certezza: come il rapporto appena effettuato tra San Paolo e Santa Corona chiarisce a sufficienza, il malfunzionamento della sanità, quando c’è e se c’è, non è un problema generale ma semmai legato a singoli casi. Esistono, insomma, istituti ospedalieri efficienti ed altri malati essi stessi come chi vi è ricoverato, così come in ogni singolo istituto si potranno trovare medici seri e brillanti e altri lavativi e o incapaci. E poi il mestiere di medico è difficile e “imbroccare” la diagnosi giusta è spesso assai più complicato di quanto la gente crede. Si guardino in proposito i telefilm del dottor House: quanto alle volte è complesso capire quale malattia ha il paziente, sempre che poi, una volta individuata, esistano cure valide.

Avanti dunque così di disastro in disastro. Dopo scuola e sanità toccherebbe argomentare sull’eterna litania degli sprechi pubblici, causa di spese esorbitanti utili soltanto ad arricchire qualcuno alle nostre spalle, vergognosi ma ampiamente documentate dai vari inviati di Striscia la notizia meglio di quanto si potrebbe mai fare in questa sede. Quindi c’è la crisi energetica, causata anche dal totale disinteresse storico degli ottusi politici nostrani (ancora loro) per le fonti di energia alternativa, che potrebbe in futuro provocare conseguenze catastrofiche per l’intera nazione (altro che riforme elettorali, cialtroni).

 Infine per buon peso aggiungiamoci l’inquinamento, correlato anche, ma guarda un po’, allo scarso interesse politico verso l’ambiente.

Quanto alla recente situazione napoletana, dove purtroppo la brutta figura nel mondo la facciamo tutti noi italiani, non i singoli campani, viene quasi da ridere a parlarne, perché le varie forze in campo giocano a scarica barile e fingono d’ignorare la tragica verità e cioè che i napoletani annegano in un mare di spazzatura da decenni. Raccolta differenziata in Campania? “Ma mi faccia il piacere”, direbbe Totò. Il concetto stesso provoca spontanei sorrisetti ironici.

Chi scrive è stato a Napoli l’ultima volta non meno di venti anni fa e ricorda benissimo gli enormi mucchi di spazzatura abbandonati perfino lungo i bordi di alcune strade principali del centro metropolitano, tra il disinteresse un po’ sprecone e un po’ fatalista della gente. E se il problema si trascina da tanto tempo la responsabilità deve per forza essere un po’ di tutti, dalle forze politiche locali (cioè napoletane e campane!) e nazionali alternatesi al governo da almeno 30 anni in qua, alla locale (cioè napoletana e campana!) e disfunzionante azienda della nettezza urbana, alla piaga di una camorra (napoletana e campana!) pronta a speculare su tutto e tutti pur di arricchire se stessa, fino ad arrivare a ogni singolo cittadino (napoletano e campano!) cieco, sordo e muto come le tre famose scimmiette. Colpa dei campani e napoletani tutti, insomma. A Napoli, infatti, la furbizia avida e arraffona, gli sprechi senza lungimiranza, il menefreghismo e il fatalismo hanno sempre imperato. E mentre Prodi non trova di meglio che distribuire la loro rumenta (anzi, monnezza) in giro per l’Italia, tutti quei napoletani e campani che oggi scatenano la guerriglia urbana si facciano un bell’esame di coscienza.

No, no, basta, basta, per carità. Volendo si potrebbe continuare all’infinito con “Italia allo sfascio”, rubrica di durata eterna, ma il suo estensore non ne può più e d’ora in avanti tratterà argomenti più di suo gradimento, quando ne avrà. Tanto non cambia mai nulla. Come faceva notare a proposito delle ferrovie il pendolare citato nella rubrica la scorsa settimana, saranno almeno quattro anni che dalle nostre parti scrivono ai giornali circa i disservizi ferroviari. Nel frattempo però nulla è cambiato e state certi che nulla cambierà.

Termina dunque la rubrica ma gli interventi del suo autore non si concludono qui. Non riuscirete ancora a sbarazzarvi di lui, cari 25 lettori, e quando capiterà l’occasione giusta qualche suo commentino ad hoc ve lo dovrete sorbire lo stesso, magari con qualche racconto, con cui si trova maggiormente a proprio agio. E, infatti, giusto per restare al succoso tema delle ferrovie, appuntamento alla prossima settimana con un racconto autografo e inedito di narrativa, intitolato “In treno, ore 7,05” e diviso in due puntate.

Come esplica il titolo stesso si parla di ferrovie e del loro mal funzionamento. Questo però non è il tema principale. Il vero tema è quello dell’indifferenza. La società moderna ci rende, infatti, sempre più egoisti e di conseguenza sempre più indifferenti verso il nostro prossimo. Tutti noi cadiamo in tale colpa, senza eccezioni, compreso il sottoscritto, forse soprattutto il sottoscritto. Pensiamo tutti solo a noi stessi e al nostro piccolo mondo, anche se magari ogni tanto ci si lava la coscienza per mezzo della beneficenza. Probabilmente sarà giusto così, non lo so, si tratta in fondo d’istinto di conservazione. La sopravvivenza di una specie nel suo complesso richiede altruismo, è vero, ma la sopravvivenza dei singoli individui appartenenti alla specie stessa vuole il suo esatto contrario e cioè, appunto, l’egoismo. O forse, chissà, dipende solo dal fatto che la negatività del mondo circostante con gli anni porta un po’ tutti, per autodifesa, a diventare più falsi, furbi e cinici, rispetto agli schietti e ingenui adolescenti che erano e non ricordano più di essere stati.

Indifferenza ed egoismo e ferrovie che non funzionano, dunque, ma il racconto ha pure un terzo tema: la vita, preziosa nonostante tutto. Saluti e alla prossima settimana.

Massimo Bianco