FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi

LA SAPIENZA DELL’INSIPIENZA


La Sapienza

Che gran pasticcio quello della Sapienza! Mai nome si è rivelato tanto inadeguato.

In realtà la reazione degli “anti-papisti” è risultata un po’ fuori dalle righe, soprattutto perché riferita a un’affermazione pronunciata quando R. era ancora cardinale, in realtà citando una valutazione storica del filosofo della scienza Feyerabend, tendente a riabilitare

la posizione storica del cardinal Bellarmino rispetto alle argomentazioni, ancora “poco scientifiche”, del padre della scienza moderna.

E comunque, tra antidogmatici, nemmeno Galileo deve trasformarsi in un’icona e si tratterà di controargomentare.

Del resto, anche se quello anti-galileiano fosse, nel ripudio delle posizioni del suo predecessore, il preciso pensiero del pontefice romano, nessuno potrebbe vietargli di dirlo.

Credo che occorra distinguere tra spazio “pubblico” e spazio “politico”. Il papa può dire in pubblico quanto, nel libero esercizio del suo magistero teologico-morale, ritiene di poter e dover dire, compreso il fatto che la vita umana è sacra dal concepimento alla morte e quindi aborto e eutanasia sono crimini. Si tratta di un magistero morale che come tale va recepito da chi ne condivide i fondamenti.

Molto diversa è invece la pretesa di renderne efficace per legge la  proibizione per chi quei fondamenti non condivide. Diversa cioè è la pretesa di ispirare una normativa incoerente col principio costituzionale di laicità, ovvero di stato che non decide in nome di fondamenti metafisici controversi ma in nome della possibilità di convivenza tra cittadini diversamente orientati e ha, tra i suoi criteri ispiratori, il principio della riduzione del danno. Questo il papa e i Ruini vari non dovrebbero fare, mentre invece bandiscono crociate politiche con alla testa le varie Binetti e i vari Ferrara. E soprattutto non dovrebbero consentirlo i politici, cui è affidata la difesa della laicità.

Alla sapienza il papa doveva poter parlare, una volta chiamato ad aprire l’anno accademico, anche per evitare tutto il vittimismo ipocrita che ne sta seguendo.

Il Rettore Renato Guarini

 Il problema è che non doveva essere chiamato! E non solo perché è il papa ma perché è questo papa qui, artefice di una sferzata fondamentalista che lo rende politico prima che rappresentante religioso, avversario della laicità, personaggio controverso e suscitatore di conflitti. Non doveva essere chiamato perché tale è il personaggio e tale il contesto.

Ora, se il rettore Guarini ha fatto questa improvvida e non condivisa scelta, ciò dimostra la scarsa democrazia con cui ci si orienta nelle scelte accademiche. Credo che il fatto varrebbe una lettera di dimissioni, che tutti avrebbero ragione di accogliere di buon grado.

Quanto ai fischi nei confronti di esponenti della Chiesa, già commentati nel caso di Ruini: siamo d’accordo che non rappresentano un modo educato di interloquire ma che fare quando l’interlocutore rifiuta il dibattito perché sentenzia, predica, pontifica e –prostituzione politica permettendo- detta legge per tutti?

Personalmente ho provato a sollevare obiezioni ad un intervento bioetico di Bagnasco, per quanto “ispirato dallo Spirito Santo”, ma solo dopo che lui se ne era andato, senza ovviamente abbassarsi ad ascoltare il dibattito. Lo stesso è accaduto con Monsignor Sgreccia, che, nel corso di una sua lezione per un master di bioetica, ha rinviato di ascoltare le domande dell’uditorio a un dopo che, per motivi di orario (ma tho?), non c’è mai stato.

Nel corso della lezione, la voglia di obiettare si è trasformata in rabbia e, in alcuni casi, allontanamento dall’aula per non sbottare.

La maleducazione ci sarà pure ma è reattiva, in risposta ad una maleducazione maggiore, che lede il carattere di dialogo del dibattito democratico e il rispetto per le persone: qui sta l’anomalia e se non la si riconosce si rischia di confondere la luna col dito che la indica e chiamare vittima il carnefice.

 

GLORIA BARDI

L' ESORDIENTE IL PROF E L' EDITORE MANNARO

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