TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

  

SOPRAVVIVERE ALLO “SVILUPPO”

 

Le scelte urbanistiche di Savona e quelle industriali o energetiche di Vado, motivate da chi le sostiene strenuamente come straordinarie occasioni di “sviluppo” per le città e i cittadini che le abitano, mi spingono a scrivere una riflessione sui contenuti del Convegno che si tenne il 28 febbraio 2002 al Palazzo dell’UNESCO di Parigi.

Il convegno che aveva come titolo “DISFARE LO SVILUPPO/ RIFARE IL MONDO” non era l’occasione d’incontro di folli retrogradi o di miopi incompetenti, ma organizzato da “Le Monde diplomatique” col contributo di Bruxelles e del Ministero degli Affari esteri francese, ha riunito settecento partecipanti che hanno affrontato il tema del DOPO SVILUPPO : oggetto ormai di ricerca e di azioni in numerose e “progressiste” parti del mondo.

 PICCOLA PREMESSA

Il concetto di “dopo sviluppo” nasce proprio da una posizione critica circa il fallimento delle politiche di sviluppo, che ricercatori, in conformità ad analisi ed esperienze innovative sul piano economico, sociale e culturale portano ormai da decenni.

Mentre lo sviluppo  è, per alcuni, la soluzione di tutti i problemi e per altri la causa di tutti i mali legati al capitalismo e alla mondializzazione, c’è chi ha deciso di non lavorare più per un altro tipo di sviluppo ,ma per uscirne .

Per fare ciò è necessario “decostruire” il pensiero economico, rimettere in discussione i concetti di crescita, di povertà, di bisogni fondamentali, di tenore di vita.

Il fallimento del socialismo reale e lo scivolamento della socialdemocrazia verso il social-liberismo, ci impongono di pensare, in modo nuovo, a una società alternativa a quella di mercato. Per fare ciò bisogna rifiutare il nostro contributo alla costruzione di quest’ultima e sovvertire il vero significato di quello che può essere l’unico sviluppo possibile di questa società, operando un vero cambiamento politico, sociale e culturale.

 

LO SVILUPPO: MITO O REALTA’ ?

La tendenza, da parte di politici e d’imprenditori, a finalizzare le loro scelte allo sviluppo del territorio, non solo testimonia “ingenue” quanto infondate certezze, ma anche scarsa memoria su ciò che lo sviluppo ha attestato nel tempo e nella storia.

Cinicamente Kissinger sosteneva :” La mondializzazione non è che il nuovo nome della politica egemonica americana” Precedentemente, in nome dello sviluppo gli U.S.A: si impadronivano dei mercati degli ex-imperi coloniali europei, per impedirne la caduta sotto l’orbita sovietica.

Per l’Europa, sviluppo volle dire “colonizzazione e imperialismo” e oggi, con nuovi strumenti, si attua la “globalizzazione” che ha per  motivazione, il raggiungimento (virtuale), da parte di più ampi strati della popolazione mondiale, di tutto ciò che identifica il MITO dello sviluppo.

Quest’ultimo come realizzazione dei desideri e delle aspirazioni al di fuori di contesti storici, economici, sociali e culturali si è rivelato fallimentare, perché una più attenta riflessione sulla vera essenza del significato del termine, ci porta a constatare che proprio gran parte delle popolazioni mondiali, non ne hanno beneficiato.

Non bisogna necessariamente andare in Paesi definiti sottosviluppati, per rendersi conto che SVILUPPO non è stato “un processo che permette agli esseri umani di sviluppare la propria personalità, di prendere coscienza di se stessi e di avere un’esistenza degna e appagante” .(Rapporto sulla Commissione Sud-1990)

Come non è stato” uno sviluppo che non si riduca a pura crescita  economica, ma sviluppo integrale, volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”(Paolo IV –Enciclica Populorum progressio).

Questo sarebbe il MITO, la realtà è ben altra: quella nata con la rivoluzione industriale in Europa alla fine del ‘700 e identificata come decollo dell’economia, alla quale si sono ispirati implicitamente ed esplicitamente modelli economici successivi.

Lo sviluppo si è identificato, sempre di più, con crescita economica, ma anche con accumulazione del capitale, concorrenza impietosa, crescita illimitata di disuguaglianze, saccheggio e oltraggio della natura e del territorio; mercificando i rapporti tra gli uomini e tra gli uomini e l’ambiente naturale.

Lo scopo è stato: sfruttare,”valorizzare”, ricavare profitto da risorse umane e naturali.

Lo sviluppo ha portato quindi, a una nuova forma di colonizzazione e a un dominio nei confronti del territorio, come fosse conquista, ma lo ha fatto e lo fa tutt’ora, cercando consensi, anestetizzandoci, annientando il nostro senso critico, convincendoci che è per il bene di tutti.

 Non un termine tossico come capitalismo, imperialismo, sfruttamento e accumulazione di capitale, ma  incarnazione del bene.

 

IL VALORE DELLA DECRESCITA

 

L’alternativa a tutto questo non è lo sviluppo compatibile, ma è un’uscita dallo sviluppo stesso,  promuovendo una vera e propria decrescita.

 Essa non è necessaria solo per preservare l’ambiente, ma anche per ristabilire una migliore giustizia sociale, senza la quale il mondo esploderà.

DECRESCITA non significa assolutamene riduzione del benessere, ma significa rinunciare al “falso economico” che “di più è uguale a meglio”.Significa riscoprire, ad esempio, le relazioni sociali e conviviali, in un mondo sano, praticando la sobrietà e anche una certa austerità nei consumi, che Gandhi e Tolstoj  chiamavano la “SEMPLICITA ‘ VOLONTARIA”.

Non sono restrizioni, ma  forme di resistenza attiva alla colonizzazione dei bisogni socialmente costruiti, che ci porterebbero ad uscire da una forma distruttiva dell’economia. Si potrebbe pensare, così, a una società più giusta, che consumerebbe in quantità più limitate, ma qualitativamente più esigente. Si metterebbero in discussione spostamenti esagerati di uomini e merci sulle strade del pianeta, col relativo impatto ambientale, si farebbe a meno di pubblicità ossessive e all’obsolescenza dei prodotti usa e getta con la decrescita di consumi e di relativi rifiuti.

 

 

ALCUNE CIFRE

 

Nel 1999 le spese pubblicitarie in Francia             45 miliardi di euro

         ( stessa cifra dell’aiuto di tutti i paesi dell’Ocse  ai Paesi del Sud)

Costo diretto incidenti stradali in un anno               20 miliardi di euro

Costo indiretto                                                            60 miliardi di euro

Costo effetti salute umana per inquinamento atmof.  27 miliardi euro

Nel 2010 il mercato del disinquinamento       sarà di  640 miliardi di euro

Il disinquinamento delle acque                       sarà di  400 miliardi di euro

 

Chi crede che la crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista” (M.Bonaiuti)

                       

                                                           ANTONIA  BRIUGLIA