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UOMINI E BESTIE

8: Prospezioni dell’immaginario

 

I Giganti

Nona Parte

 

 

Le testimonianze artistiche piú nobili vengono dalla scultura templare. Nella prima metà del VI sec. va collocata la Gigantomachia sul frontone del Tesoro dei Megaresi ad Olimpia, di cui parla Pausania (VI 19 12-3: "sul frontone del Tesoro è scolpita la battaglia degli dèi e dei giganti"), scavato dalla missione tedesca.

Intorno al 530 fu eretto il Tesoro dei Sifni a Delfi, scavato dai Francesi, adorno di un fregio che sul lato settentrionale ospitava una Gigantomachia. Nell’area monumentale selinuntina il tempio F, della fine del VI sec., ed il tempio E di Era, della prima metà del V, presentano metope scolpite con episodi di Gigantomachia, il primo sul lato frontale, del secondo ben conservata una scena dell’opistodomo con Atena ed Encelado in lotta.

In Atene risale agli ultimi anni della dominazione dei Pisistratidi l’Ecatompedo, i cui rilievi, ritrovati in frammenti, son parzialmente ricomposti nel Museo dell’Acropoli. Poco piú tarda dovrebbe essere la “Stoà dei Giganti” (il nome è moderno, e viene da tre statue anguipedi portate alla luce durante gli scavi), un portico aperto a settentrione ed esteso da est ad ovest presso il Teseo. Anteriori all’intervento di Fidia sono le quattordici metope del lato frontale del Partenone. Si sa poi che la concavità dello scudo della statua criselefantina di Atena Vergine, opera del Maestro, rappresentava deorum et Gigantum dimicationes (PLIN. SEN. XXXVI 18; frontalmente invisibili, dunque), e che nel peplo di lana della dea che arredava la Nave panatenaica, approntata ogni quattr’anni e portata in processione attraverso il Ceramico fino all’Eleusinio, era ricamata l’impresa di Atena contro Encelado, di cui possiamo farci un’idea dalla cd. “Atena Chigi” all’Albertinum di Dresda.

 

 

 

"Propriamente per gli Ateniesi il peplo è quello applicato alla nave pantenaica, che essi costruivano ogni quattro anni in onore della dea, in onore della quale celebravano anche la processione attraverso il Ceramico sino all'Eleusinio. Lo chiamavano peplo perché era di lana. In esso era rappresentato Encelado, uno dei giganti, ucciso da Atena.

(SUID. s. v. Ππλος, π 1006).

 

L’antico Eraio di Argo, uno dei santuari piú venerati di Grecia, distrutto da un incendio nel 423, fu sostituito nel IV sec. da un nuovo edificio, opera di Eupolemo, di cui Pausania così scrive (II 17, 3):

 

 

per quanto riguarda la decorazione sopra le colonne, da un lato è descritta la nascita di Zeus e la battaglia degli dèi e dei giganti, dall'altro la guerra di Troia e la sua conquista.

 

Ossia, a quanto si capisce, non un fregio sui quattro lati coi quattro soggetti iconologici, uno per lato, altrimenti non avrebbe senso la correlazione "da un lato... dall'altro", bensí di fronte la Diogonia sul timpano e una Gigantomachia nelle metope, e sul retro, rispettivamente, l’Iliade e l’Iliupersis.

Sempre da Pausania (I 25, 2) conosciamo la descrizione del “Piccolo Donario” di Attalo I sull’Acropoli, presso il Muro meridionale e il Teatro di Dioniso, un edificio onorifico dedicato dal re per celebrare la vittoria sui Galati in Misia (168-66 a. C.):

 

 

 

Presso il Muro meridionale Attalo fece costruire un edificio in cui sono scolpiti: la guerra dei giganti, quelli che secondo la leggenda abitavano in Tracia e nella penisola di Pallene, inoltre la battaglia fra Ateniesi e Amazzoni, l'impresa di Maratona contro i Persiani e l'annientamento dei Galati in Misia; ogni statua è alta poco meno di un metro.

 

Il progetto propagandistico dell’iconologia è politicamente chiaro: come gli Olimpii difesero l’ordine cosmico contro i Giganti della penisola di Pallene in Tracia, come gli Ateniesi la Grecità, che è sinonimo di civiltà, dalle Amazzoni e dai Persiani in Maratona, cosí fecero contro i Galli i Pergameni in Misia; resta la copia romana di un Gigante al Museo Naz. di Napoli. Influssi dell’iconografia del Donario si riscontrano, secondo alcuni, nel gruppo marmoreo di Wilton House e nel sarcofago Cavaceppi, dissepolto a Tor Pignattara il 1748, ora in Vaticano, un assoluto capolavoro, ascrivibile al IIex., in cui sono descritti nella pagina frontale dieci Giganti anguipedi, sei dei quali in atto di balzare verso l’alto contro i Celesti, che forse eran scolpiti sul perduto coperchio.

MISERRIMUS