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Socialismo e utopia
Contro l’inevitabilità delle diseguaglianze

di Domenico Maglio

 

Da sempre le grandi rivendicazioni sociali che hanno cambiato il mondo e che hanno trovato in Europa lo sviluppo democratico più tangibile, hanno avuto nell’azione politica la loro principale forza espressiva.

Ed è l’azione politica che agisce sotto forme diverse, adattandosi alla necessità della situazione, la spinta che ha permesso al movimento Socialista di crescere diventando il riferimento di ogni politica europea.

Ed è ancora oggi richiesto proprio all’azione politica del PSE il plasmarsi con le nuove esigenze della società, per dare ad ogni individuo la possibilità di creare la propria esistenza in libertà, di dominarla, di indirizzarla, costruendo le condizioni per il benessere sociale, avendo così la possibilità di tramandare alla propria famiglia, ai propri figli, tutti quei valori e tutti gli strumenti per organizzarsi un futuro certo, senza apprensioni, concorrendo con pari dignità e pari opportunità.

Il difendere questo basilare diritto che deve essere a disposizione di ogni uomo e di ogni donna, è l’atto irrinunciabile che giustifica tutta l’azione politica, di chi si definisce Socialista.

Molti oggi riescono a indirizzare le proprie prospettive riuscendo a costruirsi un avvenire certo e consolidato, sia per il loro che per i propri figli, ma molti altri invece restano imprigionati dalla precarietà della vita portata dall’incertezza del lavoro, e non hanno queste possibilità, altri ancora pur avendole ottenute a prezzo di enormi sacrifici temono di perderle.

Questa situazione rappresenta quella che si chiama disuguaglianza della comunità, ed è la ferita più profonda, la lacerazione sociale più marcata e distruttiva alla quale bisogna saper rispondere proprio gettando sul campo tutta la determinazione di quell’azione politica che è propria di una moderna forza riformista Europea.

Per il pensiero conservatore che trova riconoscimento nelle forze politiche della destra o del centro destra non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo, queste disuguaglianze non sono evitabili, e vengono fortemente riconosciute come una sorta di meccanismo di selezione, necessario per l’economia e quindi giustificato, ma in realtà rappresentano automatismi che tendono a interporre una separazione tra chi ha realizzato il proprio sogno e chi non ne ha avuto la possibilità, spacciandolo per un qualcosa che dovrebbe assicurare tutte le attività sociali.

Ma la storia ci ha già indicato lo sbocco di questa via, una strada pericolosa che porta alla ghettizzazione generale, dove si evitano e si ignorano coloro che hanno tenori di vita differenti.

Spesso tutto il movimento socialista Europeo e Italiano in particolare,  è accusato senza valutarne le opportune distinzioni di rincorrere complessivamente l’obiettivo di costruire  una società di carattere prettamente assistenziale.

Essere riformisti, essere socialisti moderni non significa essere assistenzialisti, ma significa l’esatto contrario.

Il voler creare le condizioni necessarie affinché ciascuno abbia in termini egualitari, i mezzi e le possibilità di assumersi delle responsabilità e costruirsi la propria vita non rappresentano valori conservatori, così come non è valore conservatore il riconoscimento del merito o dello sforzo compiuto.
Tutto l’area di pensiero della sinistra socialista rivendica questi valori progressisti, e li fa propri perché solo attraverso l’innovazione e le riforme ci si può permettere di creare per tutti le condizioni per affermarli, ed è questa azione politica vigorosa
che ha permesso e permetterà certamente di costruire stabilità e sviluppo sociale, ed è senza dubbio la sola via affinché tutto ciò sia realizzato in modo equo.

Esistono delle condizioni prioritarie per avviare un consolidato radicamento egualitario, condizioni che non possono essere eluse ne evitate come l’istruzione, oppure come la formazione professionale necessaria al mondo del lavoro, o ancora come tralasciare l’accesso alla cultura che spesso è oggettivamente negato.

Ma tutte queste rivendicazioni per ottenere una tangibile uguaglianza devono essere oggetto di costante attenzione e perseveranza, essere il risultato di azioni riformatrici impregnate di perseveranza e continuità, mantenendo una rotta stabile,  portando risultati concreti da ottenere con coraggio decisionale, con linearità e con chiarezza.

Troppe volte questi valori sono stati trascurati dalla sinistra sia quando ha espresso possibilità di governo, sia quando ha esercitato la propria funzione come forza di opposizione, ed è quindi necessario riprenderne il tratto caratteristico, partendo proprio da quel mondo del lavoro in evoluzione, con il quale sempre più spesso si apre la strada dell’ incomunicabilità, della conflittualità accesa e destabilizzante, un mondo con il quale è prioritario ristabilire un contatto che diventa sempre più flebile, ricostruendone il valore.

Portare il lavoro al centro del dibattito politico, farsi carico concretamente delle battaglie per ottenere una piena occupazione, un decoro retributivo, per sconfiggere definitivamente il precariato, per ridare al lavoro la dignità che si è conquistato, con la sicurezza di uno stipendio giusto, queste sono le priorità del progetto Socialista, lontano dalla demagogia, che intende operare e agire con concretezza, perché è intelligibile che tutto il resto dipende dalla risoluzione di questa grande sfida.

E’ noto a tutti coloro che lo vogliono vedere che se i genitori e la famiglia in generale ha una condizione occupazionale non stabile, incerta, insicura, tutto l’ambiente famigliare ne risente, a partire dai figli verso i quali tutta questa situazione evidenzia le palesi difficoltà che nascono quando si tratta di trasmettere loro l’importanza della cultura o dell’istruzione scolastica, necessaria per l’avvenire.

Certezza del lavoro, armonia della famiglia, sicurezza del futuro, possibilità dell’istruzione, sicurezza sociale, quando queste situazioni concatenate tra loro danno segni di cedimento, quando si offuscano le speranze, nasce e prospera lo sconforto, quando un anello di questa catena diviene troppo debole, tutta la catena diventa troppo fragile e rischia di spezzarsi.

Fermarsi un momento a questi primi sintomi, non vuol dire fermare lo sviluppo di un paese, al contrario può essere il punto di svolta per fissare regole certe e porre le basi per accelerare subito dopo verso un futuro migliore, verso quella società che tutti vogliamo.

Riportare quindi il lavoro al centro, e per farlo bisogna dare proprio al lavoro la sua vera funzione di motore del mondo, e in questo contesto non solo l’Italia e gli altri paesi della Comunità Europea presi singolarmente possono fare molto, ma tutta l’Europa nel suo complesso può e deve fare la sua parte fondamentale, affrontando con serietà e in profondità questo tema, mettendosi alla prova usufruendo delle esperienze positive messe in atto da paesi a guida socialista e laburista.

E proprio per mettersi alla prova, l’Europa dovrebbe avere ben presente altre due fondamentali direttrici come la questione ambientale e la ricerca scientifica, sulle quali orientarsi e lavorare con incisività, due strade sulle quali sarebbe bene non perdere l’orientamento, essendo importanti per il benessere di tutti.

Il principale problema cui far fronte e che non può più essere fonte di un approccio superficiale, è il tema ambientale, visto che ogni anno sempre più ampi segnali climatici dovrebbero far riflettere, ma questi ripetuti allarmi sembrano non scuotere le coscienze degli uomini oltre il limite dei proclami e degli impegni firmati a più mani su protocolli impolverati archiviati sulle scaffalature  di mezzo mondo.

Di fronte a tutto questo non si capisce perché l’Europa e gli stati membri non riescano ad imporre il rispetto degli accordi condivisi e ratificati, dimenticando che è dalla qualità ambientale che dipende la nostra esistenza, unendo competenze e forze si potrebbe preparare accuratamente il dopo petrolio, si potrebbero avere sistemi sicuri per le energie rinnovabili, valutare positivamente lo sfruttamento dei rifiuti, senza segnare ogni anno sui grafici statistici gli aumenti dei problemi di salute legati al degrado ambientale, e come non citare le minacce sulla qualità e sulla sicurezza alimentare, sui i rischi sanitari che ne derivano.

Mettere in comune dunque tutti i mezzi a disposizione per combattere i pericoli che pesano sull’ambiente, far regredire l’incidenza delle numerose e nuove malattie, è questa la necessità di oggi.

Quando scoppieranno nuovi e sanguinosi conflitti per il controllo dell’accesso al nuovo oro del mondo: l’acqua potabile, nessuno potrà dire che non se l’aspettava, e nessuno potrà dirsi fuori perché noi sappiamo e non abbiamo nessuna scusa per

rinunciare ad agire con determinazione, visto che disponiamo di intelligenza, tecnica e di tutto il potenziale di ricerca necessario.

  Accettare queste grandi sfide  significa modificare i nostri comportamenti civici, significa produrre in modo diverso, sostenibile, ma significa anche non rimanere ingabbiati nelle dottrine ideologiche che spesso offuscano il buon senso.

Oggi la nostra responsabilità si è maggiormente ingigantita dalla nuova coscienza formatasi con l’Unità Europea, e sappiamo di disporre di sufficienti mezzi scientifici, sappiamo che esiste l’impossibilità per tutti di avere accesso alle risorse, sappiamo che il riscaldamento del clima dovuto alla civiltà industriale cresciuta senza regole va ad aumentare ulteriormente lo scarto e la disuguaglianza dei paesi, dei popoli e sappiamo anche un’altra cosa : quelli che vivono in sofferenza soffriranno ancora di più.

La funzione di una sinistra che si definisce socialista, che si definisce riformista non può far finta di non vedere, non può restare appoggiata alla veranda guardando ciò che succede nella piazza, ma deve agire con concretezza e senza mediazioni, domani questi problemi ambientali sfoceranno in  nuove catastrofi, perché anche tutte queste questioni aperte non riguardano solo una parte del mondo, ma la totalità dell’umanità visto che il mondo veleggia verso fasi di grande instabilità e diventa sempre più pericoloso.

Non è stato sufficiente porre termine alla guerra fredda, non è servito porre termine a questa fase del ‘900 per pacificare il pianeta, come ben ce lo ricordano la guerra del Libano e la situazione esplosiva di tutta l’area del Medio Oriente, del Centro africa, dell’Asia e le minacce terroristiche dalle quali nessuno può ritenersi prioritariamente immune.

La recrudescenza e la reiterazione di situazioni di conclamata disuguaglianza aumentano enormemente il rancore tra persone che vivevano e vivono insieme nello stesso paese, la mancanza di una cultura laica e rispettosa verso le scelte religiose, il risentimento e la sete di vendetta esplode improvvisamente gravido di odio nazionalista, di febbre identitaria, di lotte tribali e tutto questo non fa altro che attizzare molti bracieri in ogni parte del mondo.

Le guerre non sono mai la soluzione dei problemi, soprattutto quelle preventive, e quelle combattute in quest’ottica sbagliata non solo non hanno risolto ciò che sostenevano di sanare ma hanno aggravato i problemi soprattutto nelle parti più povere del mondo.

Ma esiste anche un ulteriore fattore di destabilizzazione che è rappresentato dalla crescente miseria, e sono proprio sono le disuguaglianze che la creano, portando all’esasperazione le condizioni di sopravvivenza, dove la necessità dell’essenziale porta alla violenza, dove l’umiliazione degli offesi e il bisogno permette la giustificazione di ogni sorta di manipolazione dei nuovi mercanti di schiavi.

Per chi sente propria la funzione Socialista, per chi appartiene al popolo della sinistra, comunque si identifichi e in qualsiasi partito si riconosca, l’utopia realizzabile del nuovo secolo è questa: che i paesi poveri del mondo escano dalla miseria grazie a uno sviluppo più ragionato e  più solidale, più efficace, con il controllo dei mercati e della globalizzazione, ed è qui che si trova la vera risposta ai problemi delle migrazioni della miseria, è qui che bisogna richiamarsi a quella morale universale fondante del pensiero Socialista che crede nella capacità di giudizio dei cittadini e li fa protagonisti delle grandi scelte.

A volte si mette erroneamente in ridicolo l’idea di cittadini che decidono, ma non può essere nascosta la  convinzione che ciascuno di quei cittadini, ciascuno di noi sia in grado meglio di chiunque altro di conoscere ed esprimere i propri problemi e le proprie aspettative, conoscere le proprie speranze, senza per questo chiudersi al punto di vista di coloro che hanno obiettivi diversi.

Se un gran numero di questi cittadini si astiene dal partecipare alla vita sociale, se non sente importante la propria partecipazione alle consultazioni elettorali, non lo fa per una sorta di leggerezza d’animo, o magari per indifferenza ai fatti nazionali o del mondo, nella maggior parte dei casi non lo fa per marcare il proprio distacco, ma perché sente di essere tenuto in disparte, e matura la sensazione di non poter influire in alcun modo sulle decisioni, una percezione purtroppo epidemica spesso avvalorata dai comportamenti politici, modi di agire non responsabili che hanno il demerito di allargare il divario tra la realtà più semplice delle difficoltà quotidiane da affrontare e coloro che questo disagio dovrebbero risolvere.

Affinché nasca la voglia del coinvolgimento generale, bisogna dare vita alle comuni decisioni, non rinchiudere la discussione e il progetto nell’inaccessibilità partecipativa, bisogna credere e far sì che le proprie idee e le proprie opinioni possano avere un peso.

E’ sempre più marcato il riconoscimento della vera legittimità soltanto nei confronti di quelle decisioni in cui il coinvolgimento è richiesto, dove si ascolta, si decide insieme democraticamente per costruire opportunità migliori,  condivise, dove ognuno è tenuto in seguito a rendere conto delle decisioni con la responsabilità che si è assunto.

Più i cittadini saranno coinvolti, più le riforme saranno capite e manterranno la loro solidità, soltanto in questo modo si potrà mantenere una rotta.

 Ma si tratta di fare una scelta politica, una scelta politica forte, si tratta di scegliere di combattere la sensazione d’impotenza che mina la democrazia, si tratta di condividere più largamente le decisioni per migliorare l’azione pubblica.

E’ è questa la via Socialista che porta allo sviluppo della democrazia partecipe, e ogni paese democratico che vuole guardare al futuro deve far crescere il rispetto degli uni verso gli altri, creando la fiducia e nutrendo il desiderio dell’avvenire.

DOMENICO MAGLIO