STORIA ALL’ ITALIANA:
a Napoli, la “munnezza”….
                                                     di Sergio Giuliani    versione stampabile

 non è solo per le strade e nelle discariche saturate, ma è ormai nei poteri democratici e costituzionali che sanno benissimo che cosa andrebbe fatto o cosa si doveva fare e  ci dicono, come tanti anni fa il comico Ferrini,”abbiamo le mani legate!”

Eppure c’è chi parla chiaro: il giovane autore di “Gomorra” (un libro che vorrei ordinare a tutti di leggere), Saviano, il procuratore capo della DNA, Corrado Lembo,intervistato alla tv  il 3 gennaio, l’intervista a Pecoraro Scanio su “La stampa” sempre del 3

rivelano chiarissimamente gli interessi camorristici nella vicenda: un antistato più potente della Stato che detta legge a tal punto da essere la causa delle proteste – sacrosante! – ed esserne probabilmente anche il manovratore (nelle notti di fuoco si bruciano anche prodotti chimici residuati ad alta tossicità).

Solo a Napoli non si vuole (non si può?) utilizzare la “rumenta” come si fa in tutto il mondo per ridurla e ricavarne vantaggiosa energia e non mi si venga a dire che ciò accade per innatismo neghittoso e levantino.

Chi viaggia per le metropoli europee, non solo non vede cumuli, ma neanche cassonetti. Gli imballaggi vengono smontati e raccolti per riciclarli ad ore fisse, come i rifiuti voluminosi e non organici e per questi ultimi c’è un orario per il conferimento in strada, contemporaneo alla raccolta per cui non ci sono né possono esserci gatti, topi o gabbiani a disperderli.

Sarebbe poi tanto difficile imitare l’Europa? Oltretutto, si tratterebbe di ricavare energia dalla macerazione e sappiamo tutti quanto la si paga,  l’energia, in Italia.

Napoli produce (come le altre metropoli italiche, credo!) circa 1500 tonnellate di rifiuti al giorno, ovvero, un treno e mezzo di quei lunghissimi convogli merci che ci paiono interminabili se siamo bloccati da un passaggio a livello: la Campania tutta ne produce quasi otto treni al giorno!

Certo che non si risolve il tutto pressando quanto raccolto nelle bianche ecoballe ed ammonticchiandole in colline da far ribrezzo! Si tratta di due milioni di tonnellate l’anno! Altro che botti di festa!

Guido Bertolaso
Guido Bertolaso

Ma queste comuni osservazioni sfuggono ai responsabili? Tempo fa, un onest’uomo come Bertolaso sbattè i pugni sul tavolo e se ne andò: il problema non è né può essere continuare ad ingozzare le discariche prescelte (e come?) come le oche francesi per il paté de fois gras. Occorrerebbe una risoluzione decisa che non si può prendere perché il polpo-camorra ha messo tentacoli negli spazi politici decisionali e li dirige a suo comando.

Questo perché la raccolta del consenso politico, in tempi di disamore per i partiti e le organizzazioni in genere, ha stretto rapporti con “quel” potere che si sono trasformati in ricatto delinquenziale e continuo. La camorra non ha “progetti”, né obblighi a cui rispondere, se non la propria sopravvivenza interessata nel presente e proiettata nel futuro, se possibile dilatata ancor di più.

La camorra è alla base dell’assenza dello stato nelle sedi in cui si affrontano i problemi dei cittadini; poi, approfitta del vuoto da essa voluto e della sfiducia per ricattarli comprandoli,per farli vivere, ai suoi fini. La camorra è più di un cartello di banche, di s.p.a.: è imprenditrice in proprio e datrice condizionante di lavoro. Controlla quindi i voti di chi è costretto ad esserle fedele e comanda così…fino al Parlamento.

Per capire fin dall’origine (almeno in età democratica) il fenomeno, guardiamo alla figura di Lauro: compromesso con faccendieri fascisti ed internato agli angloamericani, di colpo (!!!) diventa il loro acquirente-con-pochi-soldi delle vecchie “Liberty” inutilizzabili in tempo di pace perché primitive in quanto trasporti bellici e il padrone di una flotta a poco a poco onnipotente nell’Italia della Ricostruzione. Naturale che gli servisse essere sindaco e, per lo scopo, comprare Jeppson per 105 milioni di allora al “Napoli”!

Storia vecchia; storie vecchie sempre nuove e con più cascami, più difficoltà per i cittadini.

“Cto dielaiet” si chiedeva Lenin: “Che fare?”

Innanzitutto dare le colpe di questa situazione che è, purtroppo, più generale di quanto si pensi e non certo legata alla sciasciana “linea della palma” a chi, visto il continuo avanzare, in ogni elezione, delle sinistre, per paura del “comunismo” si alleò con chiunque, fascisti e bande della Magliana, a suon di “baci” camorristi. In democrazia si discute con l’avversario, cara vecchia classe politica pretangentopoli, oggi quasi rimpianta; non lo si demonizza e, se sconfitti, si cede il ruolo pronti a riprenderlo a tempo debito e con politiche sicure.

Allorché una sinistra, forse smunta da fenomeni interni ed esterni, è, si fa per dire, andata al potere (figuratamente; quello verace, occulto, dei ministeriales, delle banche, dei servizi segreti etc è sempre rimasto nelle stesse mani e, forse, fuor di casa nostra) il cemento acquoso si era rappreso ed è diventato un muro, non certo di gomma: il muro delle impossibilità, dell’incomprensione, dei vecchi cappi insolubili e c’è ogni giorno da battere la testa.

“Che fare?” Forse come fece il tanto ignorato e bistrattato Ferruccio Parri che capì la differenza tra “compromesso”, strumento politico indispensabile alla democrazia e compromissione, ovvero assunzione in proprio di reati pregressi ed impuniti. Mentre tutti discutevano e gridavano, se ne uscì da un sciolino e non lo vide nessuno.

Certo, beau geste! Ma la pattumiera pesa, puzza, inquina e incombe; come la sua fotocopia, la camorra e non si può uscire in punta di piedi. Coinvolgiamo coraggiosamente l’Europa nella questione e, invece di ricavarne tanti contributi a pioggia per stabilimenti balneari, aree boschive da reimpiantare e abbandonare subito dopo, presi i quattrini, prendiamone subito due lezioni: le tecnologie di smaltimento dei rifiuti e la “forza” civica per farle impiantare fuori da appalti esosi e corrotti.

E’ qui, più che nelle “verifiche” o nei ludi senatori che un governo si guadagna la durata e un Parlamento il rispetto degli elettori.

Sergio Giuliani