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A 27 anni dai primi articoli…/sesta puntata

La storia del “ciclone Teardo”

<Quei 700 milioni dissequestrati

con tre intestatari di massoni….>

Luciano Corrado

 


Teardo a una cena del Rotary,
presente anche Camillo Boccia

 Savona – Rimuovere, dimenticare, distruggere, isolare. Oppure screditare il “nemico” con malignità e carognate. Praticando fino ai nostri giorni l’ostracismo. Nella sesta puntata della “Teardo story”, zigzagando lungo il  suo percorso, ci soffermiamo su alcuni personaggi che ebbero un ruolo, anche di primo piano, nella vicenda iniziata ufficialmente il 4 novembre 1981.

Il primo esposto di Renzo Bailini, del 17 ottobre, un sabato, indirizzato al procuratore capo della Repubblica, Camillo Boccia, va smarrito. Riproposto il 27 ottobre, indirizzato questa volta al sostituto procuratore Filippo Maffeo, viene registrato in Procura negli “atti relativi a…”. Maffeo allora giovane magistrato (alle spalle un’esperienza nel gruppo consiliare della democrazia cristiana di Loano), poi giudice istruttore del tribunale con inchieste che fecero clamore (la scoperta dei primi coca-party in provincia di Savona). Da magistrato inquirente fu il primo a disporre indagini su logge massoniche “coperte” o “riservate” nel savonese. Non è mai stato considerato un “giudice” o un “pretore” d’assalto, anche nella sua esperienza alla pretura di Albenga.

Filippo Maffeo da anni lavora alla procura della Repubblica di Imperia, ma non sono mancati, proprio nel savonese, i tentativi di colpirlo. Con esposti, anche anonimi. Obiettivo non dichiarato? Delegittimarlo.

Michele Del Gaudio (con Francantonio Granero fece deflagrare l’inchiesta) ha pubblicamente dato atto, nel libro “La toga strappata” (Pironti editore) del ruolo del collega Maffeo: <….non so se ti ho mai parlato di Filippo, un ragazzo preparato ed onesto, con cui mi sono spesso consigliato. Senza di lui il processo Teardo non si sarebbe mai fatto. Con grande umiltà si è sobbarcato tutto il carico dell’ufficio ed in particolare la gestione dei detenuti, pur di consentirci di lavorare a tempo pieno sullo scandalo delle tangenti. Grazie Filippo>.

Un passo indietro. Del Gaudio nel ricordare la Teardo bis ha scritto: <…Sulla seconda fase dell’inchiesta – finirà tutto in una bolla di sapone per le cause più disparate ndr -  che ha ormai superato di gran lunga le 120 mila pagine della prima, dovrebbero lavorare a tempo pieno almeno tre giudici istruttori. Ed invece Filippo Maffeo è stato trasferito senza essere sostituito>.

 


Renzo Bailini

BAILINI BERSAGLIO

MA CHI L’HA DIFESO?

Come promesso avremo modo di ricordare chi non lasciò Bailini da solo in quegli anni difficili. E’ quasi la storia di un topolino che lotta contro un elefante. Eppure…

Renzo Bailini, giovane pubblicista, corrispondente nel ponente de Il Lavoro, una breve esperienza in massoneria,  aveva “preparato” il terreno per l’assalto alla “fortezza Teardo” inviando in precedenza una

lettera a Sandro Pertini: <Caro Presidente, in Liguria c’è gente che fa affari sotto il simbolo del Psi….> Seguiva una sfilza di nomi, di indirizzi, di cariche.

A questo punto una rivelazione inedita.  Renzo Bailini l’esposto contenente i nomi di Teardo, Leo Capello, di altri socialisti e di imprenditori, parlando di soldi che arrivavano al Savona Calcio, avrebbe potuto inoltrarlo mesi prima. Fu necessario attendere che andasse a buon fine un tassello. E le previsioni si avverarono senza sorprese.

Era fuori dubbio che l’esposto, una volta sul tavolo del magistrato col potere di disporre indagini, avrebbe avuto “vita breve” e un epilogo quasi scontato.

Altra parentesi di chiarimento. Ecco cosa ha scritto Del Gaudio, sempre nel suo libro: <L’esposto dal tavolo di Maffeo passa al procuratore capo Boccia. E qui inizia il bello. Boccia che fa? Non chiama Bailini, non apre le indagini, ma chiede a Leo Capello, presidente del Savona Calcio, di fare una capatina nel suo ufficio. Capello non sembra avere problemi a spiegare l’origine del finanziamento, una settantina di milioni. Il procuratore gli crede sulla parola e decide l’archiviazione>.

Davanti all’ufficio del procuratore c’erano i cronisti.  Di questo abbiamo già scritto, con Boccia che annuncia l’imminente archiviazione, dopo che Capello aveva dato <esaurienti spiegazioni sull’origine dei soldi>.

 


Il Secolo XIX (prima pagina, a firma di Luciano Corrado)  pubblicò i primi clamorosi sviluppi dell’inchiesta sul Savona Calcio

IL FUOCO

DI SBARRAMENTO

Abbiamo parlato del “fuoco di sbarramento amico” (autunno-inverno 1981-’82) che si scatenò contro Il Secolo XIX, direttore Tommaso Giglio, contro l’autore di una serie di articoli (Luciano Corrado) che poteva contare sulle informazioni dirette dello stesso Bailini.

Comunicati stampa al vetriolo, accuse di dare la caccia alle streghe, di essere al servizio di forze oscure, di mestare nel torbido, di voler bloccare un partito socialista in grande crescita, di essere nemici dello sviluppo economico e di quell’imprenditoria che dava slancio a Savona e provincia, di essere qualunquisti e disfattisti. Insomma i peggiori, in desolata compagnia (allora) con l’Unità e il collega Ennio Remondino di “Paese Sera” (ora inviato Rai).

Quel modo di attaccare chi fa libera informazione, pur tra mille limiti e difetti, sotto alcuni aspetti si ripropone anche ai nostri giorni. Con nuove alleanze trasversali, alcune forse in buona fede, gestite da un manipolo di studi professionali e centri di potere non proprio misteriosi. Siamo fiduciosi, la storia ci aiuterà anche questa volta. Il tempo “è galantuomo”?

CHI BLOCCO’

L’ARCHIVIAZIONE ?

Senza la presenza all’Ufficio Istruzione del tribunale, come capo facente funzioni, di Antonio Petrella, probabilmente il teardismo (che non aveva solo aspetti negativi, bisogna riconoscerlo, quantomeno per la forza d’urto politica contro l’immobilismo che esprimeva in Regione) sarebbe ancora vivo e vegeto. I suoi adepti glorificati.

Non poteva certo un timoroso ed onesto Michele Del Gaudio imporre il suo “veto” all’archiviazione. Ci pensò, com’era nei suoi poteri, il consapevole Petrella.

Non siamo gli unici a conoscere come andarono le cose in quei giorni. Petrella aveva un amico caro, di cui si fidava, ed al quale confidava i suoi tormenti sul lavoro. Quelli vissuti nel periodo che lo videro alla procura della Repubblica, con Camillo Boccia capo ufficio, e Giuseppe Stipo, sostituto come lui.

E l’intuizione sulla sorte di quell’esposto che doveva segnare una svolta storica nella politica e nella pubblica amministrazione della nostra provincia, è uno degli architravi. Per ora non diciamo altro, per aggiungere  che un magistrato molto serio e preparato come Petrella (morto a 46 anni il 23 marzo 1992, lasciando la moglie, Marisa Chianura ed i figli Giambattista e Valerio, di 17 e 16 anni) finì sotto procedimento disciplinare , voluto dal ministero della Giustizia, assolto dal consiglio superiore della Magistratura.

Petrella aveva segnalato a chi di dovere certi fatti, aveva pure scritto una durissima sentenza istruttoria sul modo (pessimo) in cui furono coordinate e fatte le indagini, sulle “Bombe di Savona” chiamando in causa lo stesso collega Camillo Boccia. Che, a sua volta, si difese attaccando.

Antonio Petrella estese le sue critiche ai servizi segreti e alla polizia, mentre risultò che i carabinieri di Savona furono messi in condizione di “non nuocere”.

 

Michele Del Gaudio

LE CRONACHE
DI QUEI GIORNI

Soltanto la pubblicazione di un libro consentirà di offrire al lettore un’informazione più ampia, completa. Leggendo le cronache locali sembrava di vivere in due mondi. Uno che diffamava, calunniava, l’altro che difendeva gli onesti, gli innocenti messi ingiustamente alla gogna. Citiamo pochi titoli apparsi inizialmente su La Stampa-Savona di quei giorni.

 Teardo: <In questa vicenda, io non c’entro. Sono semmai una vittima>. <Il presidente della Regione si presenta al magistrato, subito chiarezza. E’ un’azione strumentale>. <Contro Teardo solo esposti anonimi>. <Teardo smentisce, querela, attacca…>. <Teardo, contro di me ci sono solo calunnie>.

In questo clima il 3 gennaio 1982, Il Secolo XIX pubblica la notizia che <il dottor Francantonio Granero è il nuovo dirigente dell’ufficio istruzione del tribunale di Savona, uno degli incarichi più delicati e pesanti nell’attività giudiziaria. Granero, 41 anni, origine savonese, ha preso il posto del collega Antonio Petrella che aveva espressamente chiesto un avvicendamento. Petrella, giudice mai chiacchierato, ha dato prova di grande serietà, rigore, e soprattutto indipendenza, portando avanti la linea  del dottor Renato Acquarone. Il dottor Granero, già pretore a Savona, poi destinato al tribunale “civile” e alla “giudicante” (collegio di tre giudici durante le udienze) è un magistrato stimato e rigoroso….>

AGGUATO A BAILINI

E GIUDICI ISOLATI

Ripercorriamo per sommi capi e in modo parziale il capitolo “tempi duri” per chi si era esposto contro il “potere Teardo”. Precisando che nulla ha mai provato connessioni, responsabilità. Mai penalmente, moralmente forse, politicamente è invece scontato che alcune forze riuscirano a farla pagare cara, e in modo trasversale, sotterraneo, a giudici, inquirenti, giornalisti. Con un messaggio per chi restava, in gran parte attraverso la “normalizzazione”, lenta, graduale, invisibile. Vedi (ritaglio dell’agguato a Bailini….) con due servizi. Il primo di Luciano Corrado...VEDI..., il secondo...VEDI… di Franco Manzitti, allora  al Secolo XIX dove comincia ad incrinarsi la figura di colui che aveva “colpito”.

Il Secolo XIX-Savona scriveva il 13 giugno 1986: <….Era facile prevedere quali sarebbero state le conseguenze pratiche e di immagine, della paralisi della più grossa ed inquietante inchiesta della storia giudiziaria  savonese.  Anzichè rafforzare l’ufficio istruzione del tribunale, si è favorito il suo indebolimento. La partenza del giudice Maffeo era stata parzialmente surrogata dopo otto mesi, e sulle spalle  dei giudici istruttori Granero e Del Gaudio erano rimasti altri 900 processi da istruire. Con la Teardo-bis che registrava oltre cinquanta indiziati di reato, tra essi sei ex sindaci, un sindaco in carica,  tre ex presidenti dell’Iacp, undici ex assessori comunali, novi pubblici dipendenti, due avvocati, tre architetti, tre ingegneri,  quattro geometri, un vice presidente di banca, quattro ex presidenti di enti pubblici di secondo grado, sette imprenditori, un ex maresciallo di polizia, un comandante dei vigili urbani, un commerciante di petroli, un segretario di sezione.  Non è – rimarcava Il Secolo XIX – una lista di autorità, professionisti ed esercenti da invitare ad una cerimonia, ma il variegato elenco delle più significative rappresentanze della cosiddetta Teardo-bis, informate con una comunicazione giudiziaria che nei loro confronti era in corso un’indagine penale>. 

 


Il generale in pensione Nicolò Bozzo

IN TRIBUNALE

DUE FAZIONI

I cronisti che frequentavano Palazzo di giustizia non possono dimenticare che, tra i giudici, si erano formare due correnti di pensiero. Una, che poi prese a quanto pare il sopravvento,  sosteneva che continuare quella mole di indagini era inutile, quasi tempo sprecato, visto che nel troncone principale erano finiti i reati maggiori e tutti i “pesci” più in vista.

 Inoltre dietro l’angolo c’era la prescrizione e ancora lo smantellamento da parte dello Stato dell’apparato investigativo messo in piedi da Granero, Del Gaudio, dall’infaticabile e coraggioso colonnello dei carabinieri Nicolò Bozzo, dalla Guardia di Finanza e con l’aiuto del questore Pietro Sgarra.

Sta di fatto che (siamo alle soglie dell’estate 1986) Granero dal primo giugno sceglie di andare a lavorare a Roma. Si sa già che a settembre Del Gaudio dovrà prendere servizio a Genova, con l’arrivo del nuovo capo dell’ufficio, Maurizio Picozzi. Tutto finisce sulle spalle del solo Emilio Gatti <che malgrado la professionalità e la buona volontà non potrà fare miracoli>.

Sempre da Il Secolo XIX-Savona: <Stando cosi le cose non è difficile prevedere la sorte della Teardo-bis. Un’inchiesta che per la sua rilevanza sociale meritava ben altra considerazione>.

Il 24 settembre 2006, Il Secolo XIX: <Granero e Del Gaudio avevano chiesto il trasferimento di fronte all’impossibilità di poter condurre, con serenità e disponibilità di mezzi adeguata, la Teardo-bis con 58 imputati di associazione mafiosa, corruzione, estorsione, interesse privato in atti d’ufficio. I due giudici dopo aver segnalato il loro caso all’Associazione magistrati, ufficialmente rimasta in silenzio sia a livello locale, sia regionale, avevano sollecitato il trasferimento>.

Sul fronte politico, soltanto un intervento (interrogazione parlamentare) da parte della Sinistra indipendente che parlava di <emarginazione e discriminazione all’interno dell’ufficio giudiziario di Savona nei confronti di Michele Del Gaudio….come emerge anche da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 14 giugno scorso>.

Seguì un’intervista, j’accuse, dello stesso Del Gaudio, a Marcello Zinola. Un’intera pagina del Secolo XIX che sollevò ulteriori lacerazioni in tribunale. Giudici contro giudici. E’ il caso di precisare che chi non era d’accordo con Del Gaudio non significa che fosse dalla parte di Teardo e soci.

LA RIVINCITA (MORALE)

DI MICHELE DEL GAUDIO

Un Del Gaudio messo in condizione di non nuocere, si prese una serie di rivincite. Siamo nel luglio 1982, l’ormai ex giudice istruttore, intervistato da Marcello Zinola alla presentazione del libro “La toga strappata” sostiene: <E’ stato un clamoroso errore giuridico aver assolto il clan Teardo dall’imputazione di banda mafiosa. Esclusa a Savona perché alcuni imputati furono prosciolti dall’attentato dinamitardo (ponte Le timbro dove stava lavorando l’impresa Damonte di Albenga-Alassio ndr), in appello si arrivò all’insufficienza di prove e all’esclusione dell’accusa di mafia perché non sussisteva l’omerta.  La Cassazione ha invece sancito che l’omertà sussisteva ed erano carenti alcune motivazioni. Gli atti tornarono a Genova in Corte d’appello la quale ha concluso che l’intimidazione esisteva , non derivava però dal vincolo associativo bensi dal potere che incuteva il pubblico amministratore. Poichè le minacce avvennero sino ad un paio di giorni prima dell’entrata in vigore della nuova legge non si poteva condannare per mafia. Mi chiedo perché il procuratore generale non fece ricorso!>

Tra gli interventi, ricorda il cronista nel suo pezzo, quelli del poeta Enrico Bonino, gli avvocati Angelo Luciano Germano e Francesco Di Nitto, Oreste Roseo, Bruno Marengo. Presenti il sindaco e l’ex sindaco di Savona.

I MISTERI

DI SAVONA

Il 4 dicembre 1993, Il Secolo XIX-Savona pubblica il resoconto ...VEDI…, a firma di Marcello Zinola, di un incontro dibattito di Michele Del Gaudio con gli studenti del liceo Chiabrera. Un pezzo-capolavoro, tutto da rileggere e non dimenticare. In parte sempre attuale. Istruttivo. Riportiamo soltanto due “chicche”, eloquenti. Sulla massoneria, Del Gaudio disse: <Parlare di massoneria a Savona significa scontentare molti. C’erano massoni nelle commissioni tributarie…..>. E sulle Ammiraglie, per le quali “Trucioli” nel 2006 aveva riprodotto tutte i servizi pubblicati dal Secolo XIX (a firma di Luciano Corrado), come esempio di inchieste giornalistiche approfondite, Del Gaudio di fronte a centinaia di studenti aggiunse: <Non credo che Teardo abbia perso tutto quello che aveva….sulla vicenda Ammiraglie (nuovi palazzi sorti nell’Oltreletimbro ndr) avevamo trovato un conto corrente di 700 milioni con tre intestatari di gruppi massonici-politici. Ci venne dissequestrato in buona fede. Se fosse rimasto sotto sequestro…>. E’ ormai storia e purtroppo senza contradditorio.

Luciano Corrado