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Rubrica Italia allo sfascio

I TRASPORTI AEREI
di Massimo Bianco

  Questa settimana solo poche righe di considerazioni generali sugli aeroporti. Che mi dite di Alitalia e dei trasporti aerei italiani in generale? La nostra compagnia di bandiera ha accumulato un debito colossale ed è sull’orlo del fallimento.

Non a caso lo Stato (con la esse maiuscola per regola grammaticale ma senza merito), stentava a venderla perché nessuno la voleva e per convincere l’Air One e le compagnie straniere ha dovuto ridurre le proprie pretese in maniera drastica. Perché poi qualcuno dovrebbe accollarsi un’azienda tanto indebitata e decotta non è dato sapere.

 Un azienda per giunta imbottita di personale in eccesso che guadagna più dei colleghi europei pur essendo soggetto a un monte ore lavorative minore e a turni più leggeri. E nonostante i tanti vantaggi gli aeroportuali italiani in genere e gli “Alitalici” in particolare da trent’anni in qua non fanno che scioperare, per qualsiasi motivo, ragionevole oppure no, (sovente no, al contrario di quanto accade in qualsiasi altro comparto, ferrovie a parte) contribuendo allo sfascio dell’azienda dalla quale sono lautamente stipendiati. Certo, oggi chi lavora in Alitalia ne ha ben donde di preoccuparsi, peccato però che dimentichi di avere dato in precedenza un significativo contributo alla crisi della azienda stessa. Un paio di decenni fa Ronald Reagan risolse uno sciopero selvaggio licenziando tutti i piloti e sostituendoli con piloti militari. Vi suggerisce niente, ciò?

Intanto ogni volta che si deve prendere un aereo ci si deve preoccupare. Gli aerei viaggeranno o ci sarà il solito sciopero a paralizzare i trasporti lasciandoci miseramente a terra e addio vacanza o incontro di lavoro?

E che dire del problema bagagli? I dati ufficiali, assai moderati, forniti dal personale aereo sono evidentemente sballati. Per rendersene conto basta fare quattro chiacchiere con chiunque si conosca che abbia l’abitudine di viaggiare con un minimo di regolarità in aereo.

Occhio e croce direi che circa un viaggiatore ogni tre ha dovuto subire in almeno un’occasione lo smarrimento del proprio bagaglio. Alla mia vicina di casa glielo hanno smarrito, alla mia amica tot, che pure ha viaggiato in aereo appena un paio di volte in vita sua, le hanno smarrito il bagaglio. A quell’altro mio amico, viaggiatore incallito, ovviamente qualche volta gli hanno smarrito il bagaglio. A dei signori catanesi, padre madre e due bimbi, casualmente in coda subito dopo di me durante un check in per tornare a casa, all’andata gli avevano smarrito il bagaglio e per tre giorni si sono dovuti arrangiare. Eccetera, eccetera, eccetera. Se poi ci va peggio finiamo nelle grinfie dei soliti impiegati truffaldini e al termine del viaggio i bagagli li ritroviamo, sì, ma svuotati di buona parte del proprio contenuto.

Quest’estate, dovendo partire per le vacanze “volando nel blu dipinto di blu”, onde evitare rischi prima di tutto ho scelto agosto perché in quel mese gli scioperi sono vietati e poi ho compresso tutto ciò di cui avevo bisogno, ridotto allo stretto indispensabile, nel bagaglio a mano e così mi sono tolto ogni motivo di preoccupazione. Ma se questa è l’unica maniera di viaggiare sicuri allora vuol dire qui l’è tutto da rifare.

Ma vendere ai privati l’Alitalia e magari pure gli aeroporti non risolverebbe ogni problema. Ciò del resto vale pure per le poste trattate le settimane scorse o per qualsiasi altro ambito. Finiamola di mitizzare il privato rispetto al pubblico, almeno qui in Italia, dove lo spirito imprenditoriale fa a pugni con la realtà. Ogni qual volta i privati mettono mano su una azienda provocano più danni che utili, vedasi ad esempio il tracollo Montedison. L’IRI non nacque negli anni ’30 per il desiderio dello stato fascista di tenere sotto controllo il paese, ma semplicemente per salvare dal fallimento innumerevole aziende private e perfino banche decotte e indebitate fino al collo a causa dell’incapacità dei loro proprietari e che lo Stato fu costretto a ingoiare una alla volta. E la stessa Fiat sarebbe fallita da un bel pezzo se in passato non avesse ricevuto aiuti statali, oggi peraltro vietati dall’Unione europea. Idem per i quotidiani, i cui editori sproloquiano attraverso i loro giornalisti ma sopravvivono solo grazie alle solite sovvenzioni statali.

Non sempre la soluzione migliore per far funzionare le cose è privatizzarle. Saluti e buon anno.

Massimo Bianco