UOMINI E BESTIE 8: Prospezioni dell’immaginario
I Giganti Qinta parte
Gigantum catalogus 2
ENCELADO, fulminato da Zeus (CLAUD. γιγ. 58 sqq.), o abbattuto da Dioniso (EUR. Cycl. 5 sqq.), o da Atena (PAUS. VIII 47, 1; EUR. Ion. 209: infra), e sepolto sotto la Sicilia (PSAP. I 37; app. Verg. Aet. 70 sqq.: infra) o l’Etna (CALL. fr. 1, 36 PFEIFFER: Aet. prol., e schol. PIND. Ol. IV 11c).
"Anche noi guardiamo, amiche".
proxima uiuaces
Aetnaei uerticis
Segue il mito blasfemo che narra delle schiere in Flegra
accampate
spinge allo scontro
alle costellazioni è reso finalmente il cielo che con
gloria fu protetto.
"Segue" (v. 41) ai primi due “blasfemi”, ossia menzogneri, racconti del mito, registrati nei vv. precc., che l’Etna sia l’abitazione di Vulcano o la fucina dei Ciclopi. Al v. 53 il testo è corrotto, e forse anche la ripetizione di provocat è frutto di una dittologia: traduco a senso. Anche al v. 64 testo corrotto e senso incerto. Infine il v. 69 è corrotto e senza significato. EURIMEDONTE, il re dei Giganti dell’Odissea (VII 59: v. Prima parte), amante di Era da cui ebbe Prometeo secondo alcuni (schol. HOM. Il. XIV 296a), secondo Euforione invece la violentò e fu inabissato nel Tartaro da Zeus (schol. D HOM. Il. XIV 295; in evidente concorrenza con Porfirione, secondo quanto ricordato nella scheda prec.: Terza parte). EURITO, ucciso da Dioniso col tirso (PSAP. I 37: Seconda parte). MIMANTE, combatté in Flegra, che non è la piana napoletana bensí quella tracia (schol. AP. RHOD. III 1226), trafitto da Ares (CLAUD. gig. 85 sqq.: tradotta integralmente in una prossima scheda) o da Zeus (EUR. Ion. 215), imprigionato sotto l’isola di Procida (SIL. IT. XII 147: infra) o sotto il monte presso Chio che da lui prese il nome (schol. HOM. Od. III 169)
tradunt Herculea prostratos mole Gigantas
Narrano che abbattuti dalla possa d’Ercole i Giganti
"Procida appare" ad Annibale, che dopo gli "ozi di Capua" tenta ora di espugnare Pozzuoli. Giapeto è in realtà il Titano figlio di Urano e Gea rinchiuso nel Tartaro da Zeus dopo la battaglia contro gli Olimpii. Ebbe dall’Oceanina Climene quattro figli: Atlante, Menezio, Prometeo ed Epimeteo (ACUS. fr. 2F7, HELLAN. frr. 4F6a e 19a JACOBI FGrH; PSAP. I 2, e 8 dove il nome della moglie è Asia; HES. theog. 507 sqq., e schol. 48 che indica Asope, Climene o Temi; schol. AESCH. Prom. 347a e 18c: Asope, ecc.); si noti però che l’Etymologicum magnum (iota 269) scrive: "Giapeto, nome proprio di un dio o di un gigante". Quanto ad Inarime, la spiegazione piú probabile (presso SERV. in VERG. Aen. IX 712) è che, avendo Virgilio frainteso in causa della scriptio continua HOM. Il. II 783:
sui monti Arimi [nella Misia Calcinata secondo Demetrio di Scepsi: fr. 39 GÄDE; in Cilicia o in Lidia: schol. HOM. ad loc.] ove dicono sia di Tifeo il giaciglio,
ed avendo letto nella Teogonia di Ferecide (fr. 14 FHG I MUELLER) che Tifeo fu sepolto sotto Pithēkoũsa (Ischia: “l’isola delle scimmie”, si v. la didascalia dell'illustrazione qui sotto), coniasse il nuovo toponimo. Altri (STRAB. XIII 4, 61; SERV. loc. cit.) affermarono con molta fantasia che in etrusco scimmia si dice arimus. A Virgilio si richiama Plinio là (III 82) dove scrive:
in Puteolano autem sinu Pandateria, Prochyta, non ab Aeneae nutrice, sed quia profusa ab Aenaria erat, Aenaria a statione navium Aeneae, Homero Inarime dicta, Pithecusa, non a simiarum multitudine, ut aliqui existimavere, sed a figlinis doliorum
Nella baia di Pozzuoli si trovano queste isole: Ventotene, Procida, il cui nome non viene dalla nutrice di Enea bensí dal fatto che si distaccò [pro-chéō] dall’Aenaria, Aenaria, [già in Sisenna: fr. 125 HRR PETER] cosí chiamata perché fu l’ancoraggio delle navi di Enea, presso Omero Inarime, Pithecusa, nominata non già dal gran numero di scimmie [píthēkoi] che vi si trovavano, come ritengono alcuni, ma dalle sue manifatture di giare [píthoi].
È però evidente che per lui Inarime-Aenaria non è Ischia, come del resto in Livio (VIII 22: <in> insulas Aenariam et Pithecusas egressi) e in Mela (II 106: sed Pithecusa, Leucothea, Aenaria, Sidonia, Capreae, Prochyta, Pontiae, Pandateria, Sinonia, Palmaria Italico lateri citra Tiberina ostia <ad>iacent), ed anche se in tal modo un’identificazione diventa impossibile, non giova certo seguire chi integra Aenaria a statione navium Aeneae, Homero Inarime dicta, <Graecis> Pithecusa (“Aenaria, cosí chiamata perché fu l’ancoraggio delle navi di Enea, presso Omero Inarime, in greco Pithecusa”), o traduce Pithecussa come fosse apposizione di Aenaria, o espunge dal testo liviano Pithecusas interpretandola quale una glossa. Altre notizie, in particolare su Pindaro (Pyth. I 17 sqq. e frr. prosod. 92-3 MÄHLER) e su Timeo (fr. 566F58 FGrH JACOBI), in STRAB. loc. cit. e V 4, 9.
Frammento di cratere tardogeometrico ischitano da Mazzola con iscrizione sinistrorsa in alfabeto “rosso”: INOS M'EPOIESE. Il Peruzzi (Le scimmie di Pithecusa, in “PP” CCLXIII, 1992) suggerisce d’interpretare nella figura sotto la scritta una scimmia, ciò che confermerebbe l’etimo tradizionale (supra nel testo), ed in effetti non è impossibile che nell’VIIIa esistessero ancora sull’isola simili animali, ma piú mi convince l’affermazione di Ridgway, il quale nell’Alba della Magna Grecia (trad. it., 1984, p. 50) scrive che il nome è probabilmente la “forma ellenizzata di un toponimo indigeno preistorico riferito all’isola, o forse all’intero arcipelago flegreo”.] MISERRIMUS
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