TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni |
Povertà e sicurezza non vanno a braccetto
Tutto il gran parlare che si fa di sicurezza mi porta a fare qualche riflessione sulla ricchezza, in quanto i due termini sono strettamente correlati. L’ultimo mezzo secolo è stato connotato da un enorme aumento quantitativo dei manufatti con un corrispondente calo qualitativo del benessere individuale e sociale. Se sulle prime era evidente soltanto il primo fattore, col passare degli anni il prezzo da pagare in termini di qualità della vita, sia come rapporto costi/benefici che come fruibilità urbana e ambientale, espressa in valori che includono l’estetica e la sicurezza, ha continuato a crescere; motivo per cui ogni aggiunta di merci, deperibili o durevoli, al patrimonio della nazione ha comportato una sottrazione e non già un’aggiunta di ricchezza, intesa in senso lato di complesso di benessere materiale e immateriale. Lo Stato applica l’IVA, Imposta sul Valore Aggiunto, su ogni transazione commerciale e prestazione di servizi, convinto che a queste operazioni corrisponda sempre, come in un ormai lontano passato, un incremento di valore, ossia una ricchezza aggiunta. Oggi sarebbe più opportuno cominciare a considerare l’opportunità di applicare un’IVS, un’Imposta sul Valore Sottratto, valutando l’impatto che la produzione e l’immissione sul mercato di un determinato prodotto crea al patrimonio nazionale. Una strada secondo questo spirito è già stata intrapresa, in verità, con imposte proporzionali alle emissioni di CO2, in conformità al protocollo di Kyoto; ma la sua applicazione pratica a livello di produzione resta tuttora un sogno ecologico. E a proposito di CO2 e di distruzione di ricchezza, mi chiedo come mai, con un Partito Verde al governo, non si sia pensato di inserire nel pacchetto sicurezza un capitolo che consideri alla stregua di terroristi i piromani che ogni estate, e non solo, mandano in fumo i nostri boschi, bruciano case, uccidono persone. La mia proposta sull’IVS è volutamente provocatoria, in quanto certi valori non sono numericamente quantificabili. Come valutare, ad esempio, il degrado ambientale, sia urbano che paesaggistico? La vista delle baraccopoli (ma anche dei territori devastati dagli incendi) sono il segno più evidente di questa perdita di ricchezza nazionale, anche se solo oggi sembra che le autorità se ne siano accorte, a causa di una singola emergenza, usata come spunto per scaricare le responsabilità su una particolare etnia, quella rumena. Ma quante baraccopoli “nostrane” ci aspettano, oltre a quelle esistenti, se il trend verso una povertà diffusa continuerà ai ritmi attuali? E’ concepibile il raggiungimento di questa novella chimera, la sicurezza, in presenza di un crescente numero di persone che non possono più permettersi i beni essenziali, come il cibo o la casa, in affitto o con lo spettro di rate di mutuo in salita? In un mio precedente articolo ho stigmatizzato la facilità di ingresso, non più soltanto di extra-comunitari, ma anche di europei dell’Est, che, senza la conoscenza della lingua e delle leggi italiane e senza un onesto lavoro, non possono che delinquere per sopravvivere, come d’altronde accadrebbe ad uno di noi che fosse paracadutato in un paese straniero. Onde placare il risentimento di quanti mi hanno tacciato di razzismo, allargo tranquillamente le medesime considerazioni ai nostri connazionali che, sempre più di frequente, perdono il posto di lavoro o comunque non riescono più, con un salario/stipendio/pensione fissi, a saldare i propri debiti e a far fronte alle spese di una dignitosa esistenza a causa della progressiva perdita del potere d’acquisto, di cui l’euro è stato fuor di ogni dubbio una determinante concausa. Come si può pensare di promuovere la sicurezza con un numero lievitante di persone che non riescono ad onorare i propri debiti? Quante di queste, oneste di natura, non cadranno nella disperazione e nell’allettamento di risolvere la propria sventura con il ricorso ad azioni illegali? Molto emblematica è stata l‘autodenuncia di quella donna, italiana, che ha affermato di volersi prostituire per pagare le rate del mutuo. Se costei ha rivelato di averlo detto a scopo di provocazione, il disagio che denuncia è dannatamente reale, e conferma quanto più sopra detto circa la tentazione, e spesso la costrizione, ad agire illegalmente per sbarcare il lunario. Non si può chiedere ad un lavoratore o a un disoccupato che lui e la sua famiglia saltino i pasti per rispettare le leggi. Ma come siamo arrivati a questi punti? Facciamo un salto indietro, per considerare la situazione mondiale di qualche decennio fa. Allora c’erano, da una parte, un mondo di materie prime, e dall’altra un mondo di “materia grigia”, ossia di creazione di valore aggiunto, tramite ricerca e sviluppo, alle materie prime d’importazione. Il primo si chiamava Terzo Mondo, aveva poche pretese, viveva frugalmente e, grazie a governi servi delle multinazionali, lasciava che queste ultime estraessero le materie prime, pagandole una miseria, per permettere al Primo Mondo, quello della materia grigia, di vivere negli agi. Talmente negli agi che gradualmente non è più stato capace di rinunciarvi; anzi, è venuto avanzando sempre maggiori appetiti. Oggi, però, la situazione è mutata: il Terzo Mondo vive più sfruttato di ieri e ha sostituito alla frugalità la fame; il Secondo Mondo si è ridestato da un secolare torpore e si è messo a consumare le sue stesse materie prime, più quelle del Terzo Mondo. Oggi Brasile, Russia, India e Cina (BRIC) si sono affrancate dall’etichetta di Secondo Mondo (tranne che per l’esiguità o l’assenza di regole ambientali e sindacali), e si trovano nella condizione degli USA nel secondo dopoguerra: autosufficienza di materie prime e grandi investimenti in ricerca ed innovazione tecnologica. A differenza dell’Italia, che si è cullata nelle mollezze del Primo Mondo senza accorgersi che ne stava gradualmente uscendo. Infatti, a differenza del BRIC, ha investito poco in ricerca tecnologica, ha lasciato languire le Università scientifiche ed ha costretto ad emigrare i suoi talenti migliori; dapprima verso gli USA, oggi verso il BRIC e i suoi Paesi satelliti. Risultato: mentre le materie prime continuano ad affluire in Italia dal Terzo e dal Secondo Mondo, a prezzi crescenti per la sempre maggior richiesta degli stessi paesi produttori, la materia grigia viaggia in senso inverso; mentre verso l’Italia migrano, quando va bene, le manovalanze, disposte a fare quanto i nostri lavoratori non sono (o erano) più disposti a fare, e quando va male, la criminalità, più o meno organizzata. In questo modo, la competitività diminuisce, il mondo del lavoro si dequalifica, con la moltiplicazione di call centers e precariato, e il territorio è preda di facili speculazioni che detraggono ben più di quanto aggiungono alla ricchezza nazionale. Ci sono tutti gli ingredienti per un progressivo declino, non solo della produttività, che sembra ancora, per bocca di Montezemolo, l’unico miraggio dei grandi imprenditori, ma della ricchezza nazionale, insomma per una declassazione terzomondista, senza neppure l’esistenza di materie prime. Tradotto in altri termini, ciò significa: povertà crescente. E quindi crescente insicurezza. Che non si combatte solo espellendo qualche rumeno, ma creando le condizioni per la produzione di ricchezza reale, quella col segno più, quella che non degrada l’Italia al mero rango di, peraltro cattivo, custode delle risorse naturali e dell’eredità culturale dei nostri antenati. Insomma un’Italia che non si riduca a vivere soltanto di turismo, ossia di natura (finché resiste) e passato. Eppure, In questo desolante scenario, che è quello dell’Italia impoverita per la sistematica distruzione di una ricchezza un tempo condivisa, e cioè della ricchezza pubblica, c’è chi invece veleggia controvento: le banche. Apprendo da un’inchiesta in TV che gli utili bancari lo scorso anno sono cresciuti del 50%! Non stento a crederlo, visto che i loro utili sono basati su una conduzione fraudolenta, come può apprendersi dalle denunce di varie associazioni dei consumatori, in primis l’Adusbef e la Federconsumatori. Fraudolenta a cominciare dalla massa di derivati e bond fasulli appioppati agli ignari clienti; dai prestiti ad interessi crescenti fatti senza averne la disponibilità (prestando 100 contro 2 esistenti in cassa); dall’apposizione a passivo di soldi creati dal nulla onde compensare l’equivalente entrata di soldi “buoni” che lo Stato “rimborsa” alla scadenza dei BOT e CCT consegnati alle banche per la semplice stampa delle banconote circolanti: se denunciassero questi utili reali, il totale schizzerebbe verso cifre inimmaginabili, ed altrettanto diminuirebbe il prelievo fiscale dalle nostre tasche. Per giunta, le banche continuano imperterrite a indurre la gente ad indebitarsi, pur in presenza di un debito delle famiglie già pari al 50% del PIL, come annunciato da Draghi il 31 ottobre scorso, ex-giornata del risparmio, visto che il debito cronico ha ormai preso il suo posto. Ovvio quindi che le banche non risentano della crisi, che per loro si traduce in una manna, pignorando beni solidi ai clienti in sofferenza, a fronte di aria fritta da esse “prestata” all’accensione di ogni prestito o mutuo. Eppure il nostro Governo, sedicente di centro-sinistra, non fa che elargir loro favori, con la scusa, indovinate un po’, della sicurezza e dell’evasione fiscale (naturalmente la nostra, anziché la loro). Allora, cari signori della politica, se davvero volete che la sicurezza torni tra noi, a parte le giuste misure di controllo sull’immigrazione, dedicatevi a studiare il meccanismo di depredazione della ricchezza nazionale da parte delle banche; e allora vedrete che è più semplice di quanto non pensiate ridurre drasticamente le dimensioni della povertà ed aumentare di converso quelle della sicurezza: la gente non ruba e non delinque se ha di che vivere dignitosamente. La delinquenza rimarrà, come è fisiologico, ma non contagerà le persone potenzialmente per bene, ossia la stragrande maggioranza. La stessa mafia, altro grande fattore di insicurezza, faticherebbe a reclutare i suoi picciotti, se non fosse la miseria e il degrado a buttare i giovani senza lavoro e senza speranza nelle loro braccia. Vorrei vedere lo stesso colpo di reni esibito in questi giorni nel demolire le baraccopoli rumene in un’analoga demolizione dei vari quartieri camorristici e mafiosi che infestano la nazione in grado ben maggiore. Ma come sperarlo se le inchieste giudiziarie non fanno che confermare il legame tra mafia, politica e affari? E allora, di chi è la responsabilità ultima della miseria, e quindi dell’insicurezza, crescenti?
Marco Giacinto Pellifroni 4 novembre 2007 |