Reportage
LA STAMPA
A monte gli alberi
che formano dighe
e poi tanti canneti
MICHELE
COSTANTINI
Vaggio sul Letimbro
così si scongiura
il rischio alluvione
SAVONA
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Una volta, quando la
legna era preziosa, la vegetazione spontanea che nasceva nei
torrenti non aveva neanche il tempo di crescere perchè tutti la
raccoglievano: dal contadino che tagliava le canne per l’orto,
all’allevatore che prendeva rami e foglie per la lettiera degli
animali e agli abitanti della zona che si procuravano la legna
per la stufa. Oggi tutto ciò è solo un ricordo lontano perchè la
nostra vita è cambiata, e poi ci sono i tanti divieti che
impediscono persino di tagliare un ramo.
Sono trascorsi 15 anni esatti da quel terribile pomeriggio del
21 settembre 1992, quando la furia del Letimbro trascinò dietro
sè case e ponti e allagò strade, negozi e abitazioni. Le
immagini delle auto e dei serbatoi di gas che galleggiavano sul
torrente in piena sono ancora impresse nella memoria dei
savonesi oltre ad aver fatto il giro d’Italia. Purtroppo, a
distanza di molti anni, chi osserva il Letimbro dall’elicottero,
come abbiamo fatto noi, non può che essere preoccupato. Ma non
sono, come potrebbe sembrare a prima vista, i canneti e i grandi
cespugli nell’alveo a rendere pericoloso il corso d’acqua, ma i
grossi alberi e i residui vegetali presenti lungo il percorso
iniziale del torrente. I canneti, infatti, trattengono solo il
materiale trasportato dall’acqua con un’utile azione di
drenaggio, mentre tronchi e alberi, ovviamente, formano una
pericolosa diga.
Qualche hanno fa l’Ana, l’Associazione nazionale alpini, dedicò
due giorni al riordino del Letimbro all’altezza di località
Cimavalle, tagliando e rimuovendo alberi e grossi rami. Un’opera
meritoria e importante, coordinata dalla Forestale e dai tecnici
comunali e provinciali, che a distanza di tempo deve però essere
ripetuta dalle istituzioni responsabili. E’ proprio in questo
che la sensibilità degli amministratori locali e la
professionalità dei tecnici deve essere viva ed attenta, con una
periodica e costante manutenzione dell’alveo. Senza dimenticare,
naturalmente, il torrente Lavanestro, che, dopo un lungo
percorso, attraverso la vallata di Cadibona, confluisce nel
tratto terminale del Letimbro.
Una volta eliminati, nei due corsi d’acqua, i rischi potenziali
rappresentati dagli alberi di alto fusto e dai residui vegetali
scivolati dalle colline, e controllata la larghezza e la tenuta
degli argini nei tratti più a rischio, solo allora si potrà
cominciare a parlare di ripulire il Letimbro anche nel percorso
terminale, a fondo valle.
Come ad esempio nel tratto compreso tra la seconda e la terza
Cappelletta, lungo la strada per il Santuario, dove sono
presenti in notevole quantità acacie, piante acquatiche di ogni
tipo ed estesi canneti. E’ quindi chiaro che la sicurezza
dell’abitato del Santuario, e a maggior ragione di quello di
Lavagnola, può essere garantita solo da un costante controllo
manutentivo delle condizioni di sicurezza degli alvei e degli
argini, sia del Letimbro sia del Lavanestro.
Per il resto della città il problema è ancora più complesso.
Oltre al Letimbro infatti, altri corsi d’acqua attraversano
interi quartieri, come il rio Cadeina all’altezza di via N.S.
degli Angeli, il rio Quattro stagioni e Molinero a Legino, il
rio Termine al confine con il comune di Albissola Mare. Corsi
d’acqua sempre pronti ad esondare non appena piove più forte,
che necessitano tutti di costante controllo e manutenzione, ma
questa purtroppo è un’altra storia. |
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