NON SONO serviti né i ricorsi al Tar né gli appelli
ambientalisti, né gli striscioni sull'Aurelia. Il destino
delle baracche alla Margonara è segnato. Lo "sfratto"
imposto dall'Autorità portuale, e notificato a fine 2006, in
queste ore si sta concretizzando con la demolizione e la
rimozione dei primi manufatti in legno. All'epoca delle
notifiche della disdetta i concessionari avevano sperato che
la giustizia amministrativa (Tar) li avrebbe soccorsi e
aiutati. Ma i loro ricorsi si sono rivelati inutili.
«L'estate 2007 sarà l'ultima con le baracche in piedi»
dicevano in molti. Avevano ragione.
Da qualche ora sono infatti cominciati i lavori di sgombero
e demolizione dei primi manufatti più fatiscenti, quelli
famosi perché completamente scollegati dal sistema fognario.
Se ne occupano piccole imprese specializzate nello sgombero
di scantinati che fiutando l'affare da mesi hanno affisso i
loro volantini nella zona della Margonara offrendo "sgombero
e demolizione baracche a prezzi modici". In alcuni casi non
c'è nulla da salvare e vengono portati via solo pezzi di
legno e cartoni. In altri gli ex concessionari stanno
portando via mobili e arredi che hanno fatto da sfondo a
tante estati. È la fine di un'epoca che dovrà portare alla
liberazione della fascia costiera tra Albissola e Savona
dove è progettata la nascita del nuovo porto di Massimiliano
Fuksas (il nuovo progetto preliminare, tra l'altro, non è
ancora stato presentato).
Tecnicamente la demolizione non è ancora legata al porto,
ufficialmente è solo un'opera di «bonifica generale». Di
vera bonifica si deve parlare perché negli ultimi mesi - da
quando è stato chiaro il mancato rinnovo dei canoni - i
luoghi sono stati lasciati andare degradandosi nel modo
peggiore. Tante baracche sono persino diventate dormitorio
di senza tetto in cerca di un rifugio.
Certo è un triste epilogo per le "casette" così tipiche di
Savona da diventare anche oggetto di un libro. Il loro boom
ci fu a fine anni Sessanta ma le prime erano state edificate
già agli inizi del Novecento. Un fenomeno unico in tutta la
Liguria.
In origine erano piccoli magazzini per pescatori e certo non
assomigliavano ai "residence" che sono stati - i più belli -
negli anni d'oro (gli Ottanta).
C'erano alla Margonara ma anche al Prolungamento, alle
Fornaci ed in via Nizza. Quasi tutte di legno, simil casette
in miniatura, in origine non avevano praticamente mai
finestre perché non ce n'era bisogno. Le aperture sono
venute dopo segnando il passaggio da magazzini-spogliatoi a
stanze, ambienti, monolocali.
L'architetto Elena Rosa di questo fenomeno tipico ne ha
fatto un libro pubblicato nel 2002 col titolo "Baracche
marine ai margini di un porto" che partendo dalla realtà di
oggi ripercorre la storia in chiave urbanistica e poi anche
socioculturale.
Le mappe e le descrizioni del libro individuano ben 18
insediamenti di baracche, capanni e ricoveri. In tutto si
tratta di circa trecento esemplari di manufatti precari e
autocostruiti che occupano moli, spiagge, banchine, aree
industriali dismesse o sotto utilizzate, cantieri navali. Le
baracche vere e proprie sono però un centinaio di meno. Il
libro è un lavoro di ricerca e osservazione, quasi
un'indagine. «Una fotografia e insieme un rilievo sociale
dell'uso o dell'abuso demaniale, suolo in qualche modo
legalmente privatizzato...», c'è scritto nella prefazione.
D. Frec.
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