«Banca d'Italia? Una sedeprestigiosa per la Carisa...» IL SECOLOXIX
lo storico edificio di piazza mameli
Il presidente Bartolini: per noi sarebbe il migliore dei biglietti da visita
EURO SU EURO, la fabbrica dei soldi savonese continua a macinare conti economici di tutto rilievo. Nei primi sei mesi del 2007 la Cassa di Risparmio di Savona ha realizzato un utile netto di dieci milioni, pari all'intero utile registrato nel 2005 e con un sensibile incremento rispetto al 2006 (16,6 milioni nell'intero anno). La raccolta globale si è attestata a 2,7 miliardi, mentre gli impieghi economici hanno raggiunto la soglia del miliardo di euro, con un aumento del dieci per cento sul dato di fine dicembre, e le sofferenze (che rappresentano l'1,7% del totale degli impieghi) sono rimaste sotto il livello di guardia.
«Chi dice che la Cassa di Risparmio di Savona fa poco per l'economia locale, dovrebbe dare un'occhiata ai numeri, soprattutto a quelli degli impieghi - osserva il presidente di Carisa Franco Bartolini - Stanno correndo, ma sempre con giudizio.
E facendo attenzione ai mutui...
«Ma no, siamo tranquilli, la nostra banca non ha molta confidenza con i contratti derivati, quelli che sono entrati in crisi. Certo che oggi, con la globalizzazione, nessuno può chiamarsi fuori, per questo stiamo predicando prudenza. Anche perché non è che la congiuntura economica sia molto favorevole: continua a tirare l'edilizia, ma ci sono segnali di rallentamento; sono in corso molti investimenti per migliorare le strutture turistiche, ma calano i turisti. E sui progetti di sviluppo ci sono ritardi e incertezze».
Anche sui vostri?
«I nostri sono poco visibili, immateriali, ma determinanti. Stiamo cambiando modo di fare banca, con forti interventi di formazione sul personale. A livello territoriale prevediamo per il 2008 un'espansione nel Basso Piemonte occidentale, con l'apertura di altri due sportelli in modo da costituire, con i quattro già attivi, un vero e proprio polo bancario, con una sua massa critica».
Certo che, con dieci milioni di utile, potreste pensare seriamente a comprarvi la Banca d'Italia, almeno la sede di Savona, quando e se sarà messa in vendita
«L'utile non resta nelle nostre tasche, ma va agli azionisti. Ma anche se avessimo dei soldi da spendere bisognerebbe davvero pensarci non una ma dieci volte. La sede di piazza Mameli è prestigiosa, sarebbe per noi il migliore dei biglietti da visita, ma dal punto di vista finanziario rappresenterebbe un grosso immobilizzo».
E poi bisognerebbe anche convincere Carige, vostra capogruppo, ad autorizzare l'operazione. Chissà quanto sarebbero contenti i genovesi di mandarvi in una reggia
«No, non siamo a questi punti. Semmai mi sembra di aver capito che il Comune di Savona avrebbe un diritto di prelazione che risale all'Ottocento. Penso che potrebbe essere piuttosto un obbligo a vendere al Comune ad un prezzo prefissato, ma è tutto da verificare, anche perché a quel punto la Banca d'Italia potrebbe rinunciare a vendere e tenere aperta la sede. Che sarebbe poi la soluzione che piace a tutti».
Certo che se la Fondazione De Mari avesse qualcosa di più di quel misero quattro per cento di partecipazione in Carisa, il discorso con la Banca d'Italia potrebbe essere diverso
«Molti discorsi potrebbero essere diversi. Il problema è che la Fondazione aveva dovuto vendere a Carige in contanti quasi tutte le azioni di Carisa e non solo la quota di controllo. A mio parere, e non solo mio, non è stata la migliore delle scelte. Avessimo fatto uno scambio di azioni con Carige, cendendo tutta la quota oggi la Fondazione avrebbe un valore di patrimonio quasi doppio e sarebbe la terza azionista di Carige. Acqua passata?»
Neanche tanto. La vendita è finita nel mirino della magistratura che proprio in questi giorni ha rinviato a giudizio quasi l'intero consiglio della Fondazione di allora, di cui lei era presidente
«Sì, per me è una grandissima amarezza, ma ho fiducia nei giudici».
Sergio Del Santo