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Dobbiamo iniziare a parlare
“Il Socialismo”

 di Domenico Maglio

Il socialismo è una lingua universale, non conosce frontiere, non lo si può incatenare e per questo è destinato a non morire come qualcuno auspica, non può farlo perché è la vita stessa degli uomini liberi che ne ha impedito il declino ieri, lo impedirà oggi e lo farà anche in futuro.

Decretarne la morte o l’esaurimento significa essere affetti ma miopia politica.

Parlare Il Socialismo vuol dire parlare senza demagogia al mondo del lavoro, con le sue preoccupazioni, le sue sofferenze, le sue incertezze, le sue debolezze rese ancora più pesanti e marcate dalla non applicazione delle tutele presenti nelle legislazioni, dal precariato dilagante e strutturato, un mondo del lavoro che è cambiato, si è evoluto, è cresciuto culturalmente uscendo dalla concezione bolscevica di “massa cieca e ignorante”, e che chiede al mondo politico un supporto che spesso non trova, schiacciato tra disagi sociali, dalla mancanza di servizi adeguati alle famiglie che spesso si trovano a dover scegliere obbligatoriamente tra il lavoro e la cura dei figli, uomini e donne che si vedono senza futuro da costruire, senza poter programmare alcunché.

Dare queste risposte, ascoltare il grido di sofferenza del mondo operaio, dargli una speranza e una prospettiva, tendere l’orecchio al respiro della terra quasi al collasso, al mondo dell’impresa che genera ricchezza e lavoro, recepire le esigenze della cooperazione, affermare con forza il vivere laico dello Stato, proteggere e migliorare l’istruzione pubblica, garantire uno stato sociale efficiente, questo è parlare Il Socialismo.

Se qualcuno pensa si possa fare a meno di tutto questo sbaglia e non ascolta il paese.

In questo momento politico che stiamo vivendo, in questo processo in corso nel nostro paese dove forze politiche si uniscono e altre si dividono, dove è in corso un troppo strepitante protagonismo una forza Socialista,  Europea, riformista forte è quanto mai auspicabile.

Deve essere questo lo spirito fondativo della Costituente Socialista, assolutamente agli antipodi di ciò che avviene nella sinistra ancora troppo intrisa di massimalismo nostalgico.

Non credo che ad oggi sia possibile un avvicinamento tra le due sinistre italiane, troppi passi ancora devono essere compiuti.

Un Partito Socialista  che si definisca tale nelle forme e nelle politiche può fare molto per il paese, può farlo oggi con lo stesso impegno e la stessa responsabilità che lo ha visto protagonista nella costruzione della nostra Repubblica, ma la Costituente in itinere non può e non deve essere un processo chiuso, non un semplice rendez-vous di vecchie diaspore ma deve accendere i motori per riprendere quella cultura politica che ha portato a grandi conquiste sociali come lo statuto dei lavoratori, tanto per ricordarne uno.

Certo il Socialismo non può farlo da solo, ma sarà come è sempre stato la base della vita sociale su cui innestare tutte quelle innovazioni che hanno permesse all’Italia di diventare uno dei paesi più importanti del mondo.

Una forza di questo tipo deve contribuire a trovare il giusto bilanciamento tra chi ha troppo e chi non ha nulla, riequilibrare il sistema impresa-lavoro, dare a tutti le stesse possibilità di arrivare dove vuole se ne ha le capacità, governare il sistema dell’integrazione degli immigrati di fronte ad un futuro multi etnico, costruire un legame tra il risanamento di conti pubblici perennemente in sofferenza e la crescita economica del paese, porre al centro l’equità fiscale e la lotta all’evasione spudoratamente di uso comune, fare grande attenzione all’ambiente prima che sia irrimediabilmente compromesso, operare politiche internazionali di collaborazione senza sudditanza alla ricerca di una pace globale, supportare la ricerca scientifica.

E’ un grosso errore cercare di rimettere in piedi il vecchio PCI e sarebbe un errore irrimediabile cercare di rimettere in piedi il vecchio PSI.

L’innovazione che saprà portare la Costituente Socialista all’interno del processo sarà l’unità di misura con cui valutare la serietà del progetto, ambizioso ma possibile.

L’approdo, lo sbocco per essere fondamentale nella politica italiana dovrà essere una formazione aperta, in grado di riprendere ciò che di meglio ha dato l’esperienza di quel PCI e di quel PSI, trasportarne le tradizioni nell’oggi, rendendo concreto quel liberalismo inteso come l’ideologia che sostiene tutti i diritti fondamentali e inviolabili, diritti dell’uomo e dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

Liberalismo e Socialismo, un intreccio fecondo tra sviluppo e giustizia sociale come indicava Carlo Rosselli, a cui con modestia vorrei fare un aggiunta alla sua prospettata “economia a due settori” l’economia socialista e l’economia liberale.

Io credo che il pensiero di Carlo Rosselli  si trasferiva però solo sul terreno dell’economia, non quindi una ideologia vera e propria LiberalSocialista, ma soltanto una economia LiberalSocialista concepita in un tempo con l’orizzonte buio del fascismo preoccupato di costruire un fronte antifascista di tutte le forze Liberali, Socialiste e Repubblicane, dove non si preoccupava di mettere a confronto e in discussione i più remoti presupposti ideologici, ma solo di costruire qualcosa che avrebbe potuto contrastare ciò che vedeva oramai stagliarsi sull’Italia.

Io penso che invece il Socialismo Riformista fortemente agganciato all’Europa che si dovrà costruire a partire dalla Costituente dovrà essere fin da principio una visione integrale della politica e dell’economia, perché oggi i due mondi sono inevitabilmente interconnessi e dipendenti in modo reciproco, infatti ogni regresso o progresso in uno di quei due mondi favorisce il progresso o il regresso nell’altro.

Non si può quindi essere pienamente liberali senza essere pienamente Socialisti, e non è possibile essere veramente Socialisti senza essere insieme liberali, per questo mi sfugge il fine di chi si definisce fautore del liberalismo progressista (da distinguersi dal Liberismo) ma non vuole entrare nella grande famiglia europea del PSE.

E difatti le divergenze piano piano si vedono nell’azione del governo di centro sinistra attualmente in carica, dove un Ministro di formazione di sinistra vede bloccate le sue liberalizzazioni utili al paese dal corporativismo conservatore che crede di essere progressista e innovatore mentre invece non lo è affatto.

Penso che tutto questo non porti all’Italia nulla di buono, nonostante l’impegno aggregativo che prenderà corpo a fine ottobre, troppe le diversità ideologiche, troppe le divergenze di fondo,  le prime fibrillazioni già da tempo attraversano questo processo ma la situazione sembra peggiorare sempre di più.

Auspico che si capisca tutto questo e si metta da parte per il bene di tutto e di tutti quel senso di sufficienza che potrebbe portare a guai molto seri.

Se fossimo cattolici praticanti potremmo pregare, ma dato che crediamo nella ragione faremo di tutto affinché l’incubo della destra non oscuri ancora il cielo del paese.

A questo serve un Partito Socialista. Per questo dobbiamo parlare Il Socialismo.

Domenico Maglio