TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni |
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Vorrei chiarire un punto che mi sembra ricorrente nel ping pong politico di casa nostra: la politica è mediazione. E per interpretarlo non evocherò nessun filosofo e politologo ma solo un po’ di buon senso.
Il concetto di “mediazione” fa riferimento al fatto che le decisioni prese a nome di una comunità devono tener conto di ragioni, diritti, interessi, aspirazioni differenziate e per ciò stesso elaborare procedimenti di comune soddisfazione, trovare le soluzioni che possano accontentare se non tutti, almeno il maggior numero. Ma si può mediare sui contenuti ma non sulle premesse della mediazione. Sui suoi “sine qua non”.
Che la politica sia mediazione, con i distinguo che andrò a fare, è sacrosanto e per questo sono paladina della laicità.
Mi spiego meglio e lo faccio con una domanda: Qualcuno ritiene che la mediazione debba tener conto di chi recisamente la nega? Qualcuno ritiene che si debba mediare anche sulla mediazione?
Che cioè, per mediare, si debba accogliere anche il punto di vista di chi invece ritiene che debba essere al contrario la sopraffazione a conferire legittimità al potere? Ma voglio estremizzare per fare la massima pulizia a livello mentale: qualcuno pensa che si debba mediare con Hitler (storiacamente lo si è fatto) o con i neonazi? Con chi cioè nega le premesse della mediazione stessa? Per me, rispondo: no, perché la libertà democratica è una premessa della mediazione e non ne è un oggetto.
La laicità è l’essenza della mediazione, ovvero della possibilità di scelte differenziate in una società pluriideologica e pluriculturale. Si può mediare sulla laicità? No, perché la laicità è condizione della mediazione e non ne è oggetto.
Ma la stessa “mediazione” non è poi un assoluto quanto un relativo, non un fine quanto uno strumento di civile convivenza. Come pure la politica in una società liberale. Essa è una condizione perché vi sia convivenza, perché si costituisca società di liberi e di uguali: è mediabile solo ciò che è compatibile con tale dimensione, non lo è ciò che è socialmente incompatibile.
Estremizzo: in nome della pluralità culturale non potremmo ammettere l’antropofagia perché socialmente incompatibile, in quanto lede il diritto altrui all’esistenza.
Non tutto quindi è mediabile e chi lo sostiene non per questo è uno che non ha mai sentito dire o che proprio non vuol mettersi in mente che “la politica è mediazione”.
Lo è, fatte salve le premesse e fatti salvi i diritti.
Quando si media tra interessi la cosa va abbastanza liscia e spesso trova soluzione attraverso calibri quantitativi, “do ut des”, tipici dei contratti.
Quando si media tra diritti la cosa è molto più spinosa ed eticamente pregnante: ma accade che lo si debba fare e si è obbligati a istituire una gerarchia di diritti di cui ci si assume la responsabilità etica, oltre che politica, stabilito il dovere di esibire le ragioni delle proprie scelte. Ragionamento pubblico e pubblico discorso: questa è mediazione, come ben sapevano gli antichi greci.
Per fare un esempio, il diritto della donna alla salute è stato stabilito debba prevalere su quello del concepito a nascere. In questi casi un largo margine riveste il principio della riduzione del danno. Così spesso si stabilisce che in nome del diritto alla sicurezza si debba sospendere il diritto alla privacy. Le carceri nascono dalla violazione di un diritto in nome della convivenza sociale.
Poi c’è un terzo caso, ovvero quando ci si trova a mediare tra interessi e diritti. Quando ciò non accade siamo tutti soddisfatti ma quando si dà conflitto, chi governa a nome della società ha il dovere di far prevalere le ragioni dei diritti su quelle degli interessi, perché è coi diritti che si dà la possibilità di una società di liberi e uguali.
Il liberalismo deve condizionare il liberismo.
Quando l’ interesse di pochi prevale sui diritti di tutti, allora è avvenuta una lacerazione della democrazia, il trionfo del più forte: i “mediatori”, ovvero i politici hanno mancato al loro compito e tradito il concetto stesso di mediazione.
Quindi, per cortesia, smettiamola col ritornello deresponsabilizzante che bisogna sempre mediare, nel senso banale che non può esistere, se non nell’estremismo, la politica del NO ma sempre e solo quella del NI.
Così nelle speculazioni edilizie di cui si è parlato sono in gioco INTERESSI contro DIRITTI, salvo nel caso Piaggio, dove abbiamo DIRITTI (al territorio) contro DIRITTI (al lavoro) e le cose vanno rese chiare e soppesate, senza impennate irrazionali, che non giovano a nessuno.
Qualcuno può dire che le cose non stanno così, che si tratta di interessi contro altri interessi o di diritti contro altri diritti: lo si dimostri, siamo pronti al ragionamento, ma che sia tale e non FATTI COMPIUTI, NEGAZIONI DI REFERENDUM, RICATTI o simili.
Del resto, AltraFinale aveva sostenuto un referendum (NEGATO) su ghigliazza che prevedeva un margine di trattabilità: edificazioni per PRIME CASE e strutture alberghiere. Un diritto, quello a trovare casa e lavoro da parte dei giovani, a poter vivere sul territorio anziché emigrare, con lacerazione del tessuto sociale (!!!!!!!) veniva così messo sull’altro piatto della bilancia. Una parte di sviluppo (alberghiero) veniva ritenuta compatibile.
Non si tratta né di MURO contro MURO né di ESTREMISMO ma piuttosto del contrario, del senso della complessità e della necessità di chiamare in causa una mole di distinguo. La responsabilità non si accontenta di sparpagliare tarallucci e vino quando la posta in gioco sono le chances di vita delle generazioni future.
La politica è mediazione ma di alto profilo e non di bassa bottega degli allegri compari.
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