Poi aveva prevalso sia il senso civico sia la voglia di
punire chi aveva fatto strame della legalità e delle finanze
pubbliche, nella speranza che coloro a favore dei quali
avevo votato mantenessero la promessa di togliere subito di
mezzo la legge vergognosa.
A distanza di un anno la riforma della
legge elettorale è impantanata in parlamento ma è possibile
che lo spettro del referendum, che ci lascerebbe non più la
porcata intera ma solo tre quarti di porco, faccia muovere
il parlamento e che questo, in un sussulto di dignità, ci
restituisca il diritto di scegliere i nostri rappresentanti,
magari solo ripristinando la vecchia legge “Mattarella” che,
pur con i suoi difetti, aveva almeno il pregio di essere
stata emanata per rispettare, sia pure solo in parte, la
volontà del popolo italiano.
Ma sono partito da lontano per arrivare
ad una cosa che mi sta molto più a cuore: il desiderio non
solo di scegliere il mio rappresentante ma anche quello di
scegliere il candidato attraverso primarie, un po’ come
avviene negli Stati Uniti e come è avvenuto in Italia
nell’Ottobre del 2005 quando l’Unione votò per scegliere il
candidato premier o a Genova quando si votò per scegliere il
candidato a sindaco.
Non sfuggirà al lettore più attento che
sotto l’imperio della legge maggioritaria spesso vennero
paracadutati a Savona candidati che con la città avevano
poco a che fare (uno per tutti, il senatore Pedrini) e che a
Savona non abbiamo mai visto né prima né dopo.
Giudico quindi necessario che per le
prossime politiche, se ci sarà una nuova legge elettorale,
che i due schieramenti indicano delle vere primarie per
sentire il polso della gente e scegliere il loro candidato.
Così dovrebbe avvenire anche per i
candidati sindaci: comincio ad essere stufo di vedere
candidati imposti dall’alto e che spesso si rivelano essere
delle delusioni.
Questo mio intervento non è casuale:
dopo che l’attuale sindaco dr. Berruti ha annunziato
pubblicamente che non intende ricandidarsi alla prossima
tornata, ho cominciato a sentir girare delle voci sui
possibili assetti che si potrebbero realizzare, ovviamente
nelle buie (ma non più fumose) stanze di partito, senza che
i cittadini possano dire la loro.
Quei tempi debbono finire, anche e
soprattutto perché cominciamo ad essere in molti ad essere
stufi di personaggi di terza o quarta categoria da premiare
con un posto di assessore o peggio di deputato, alla faccia
del popolo bue che tanto vota chiunque gli si venga
proposto.
La semplificazione della geografia
politica, che tutti auspichiamo, con la creazione del
Partito Democratico, della Sinistra alternativa e del
Partito Unico della Destra, dovrebbe avvenire nel senso di
un riavvicinamento alla politica dei cittadini e questo si
può solo verificare se li si coinvolge nelle scelte di base,
proprio a partire da quella dei rappresentanti.
Bisogna avere il coraggio di dire basta
alle oligarchie di partito ed ai fossili che si perpetuano
attraverso cooptazione, ai sindaci ed ai deputati scelti
nelle stanze segrete: tutto deve avvenire alla luce del
sole. Perlomeno, se ci accorgeremo di aver eletto un sindaco
o un deputato o un senatore non all’altezza, non potremo che
prendercela con noi stessi o con altri cittadini di sponda
opposta.
Il Partito Democratico è il primo
appuntamento per far corpo a certe istanze di base: è bene
che chi si appresta a costituirlo parli subito chiaro e
metta in un angolo chi vorrebbe far prevalere le solite
logiche di potere che hanno portato alla classe politica fra
le più sputtanate del globo.
MAURO CERULLI