TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni |
LA POSIZIONE DELLA CUBTRASPORTI SUL PROTOCOLLO D’INTESA DEL 11/12/06 IN MATERIA DI TRASPORTO PUBBLICO LOCALE NELLA PROVINCIA DI SAVONA
LA SITUAZIONE NAZIONALE DEL TPL I processi iniziati nel 1997, che hanno determinato il conferimento agli Enti Locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto e che hanno individuato nelle Regioni i soggetti regolatori, non sono stati accompagnati da una politica finanziaria autonoma certa e specifica per il settore, per cui i trasferimenti dallo Stato alle Regioni delle risorse relative al TPL non sono mai arrivati interamente alle aziende e sono stati progressivamente ridotti in quanto l’incremento dal ’96 al 2003 è stato del 6% mentre l’inflazione si è attestata ad un + 19,36%. Questo dato è stato ulteriormente aggravato dal criterio nazionale di ripartizione delle risorse con un rapporto costi/ricavi 65/35, e dalla maggiore rigidità dei vincoli di spesa che ha determinato come unica soluzione la rincorsa all’abbattimento dei costi, con l’onere maggiore sostenuto dal lavoro che da solo rappresenta circa il 70% delle uscite complessive. Contestualmente non sono state attivate politiche di accompagnamento e di una puntuale e democratica definizione dei servizi minimi essenziali da erogare, non essendo stato tenuto in debito conto l’attuale bisogno di mobilità dei cittadini. I criteri di definizione dei servizi minimi essenziali oltre ad essere un optional, condizionato pesantemente dagli scarsi budget messi a disposizione dai vari Enti territoriali, sono vecchi di oltre 15 anni e rispecchiano una rete sociale che si è fortemente modificata, se addirittura non esiste più. D’altro canto quanto accaduto in questi anni mette in risalto il fallimento della filosofia sin qui portata avanti di privatizzazione e di liberalizzazione del settore. In questi anni se queste politiche liberiste hanno prodotto un incremento di produttività attorno al 25%, conseguente alla diminuzione del personale e ad un abbattimento dei costi di circa 20 punti, fatto interamente pagare ai lavoratori, questo dato “ positivo” è stato vanificato interamente dall’ulteriore abbassamento della velocità commerciale pari a 18 Km/h come media nazionale, con punte di circa 10 Km/h nelle città con maggiore traffico. Il materiale rotabile, la cui età media è passata dai 7 anni del 1996 ai 10,5 anni del 2004, una mancata seria riflessione sull’impatto ambientale dei vari vettori di mobilità, una errata e voluta confusione metodologica sulla fluidità del traffico anziché sul bisogno di mobilità, opere infrastrutturali dai costi alti quali il ripristino dei tram che impattano negativamente con i progetti metropolitani sotterranei e che allo stato attuale sono vettori rigidi rispetto alle esigenze di flessibilità della mobilità sono tutti elementi negativi che asfissiano progressivamente le aziende e riducono l’appetibilità dell’ uso del Trasporto Pubblico. In questo modo è venuto alla luce il fallimento dell’idea di liberalizzazione del settore mediante le nuove regole di libero mercato che si scontrano con il diritto fondamentale alla mobilità e che non tengono conto dei vincoli imposti dal territorio. Non tengono conto altresì del fatto che il settore, essendo strategico per il diritto alla mobilità, alla qualità della fruibilità del territorio, alla vivibilità delle città, abbisogna del reperimento di risorse certe al suo sostentamento e al suo sviluppo attraverso interventi strutturali che, oltre a rendere appetibile il TPL, lo dovrebbero rendere più efficiente ed economico. In questo senso il disegno di legge del Luglio scorso del Governo in materia di servizi pubblici locali, approvato dal Consiglio dei Ministri, che prevede modifiche alla attuale normativa, continua in una direzione che non porta alla soluzione dei problemi anzi, li aggrava, e per questo occorre un confronto democratico con tutte le parti sociali attraverso una Conferenza sui Trasporti nella quale si sviluppi una riflessione seria su che tipo di Trasporto Pubblico e su quale Mobilità vogliamo, al fine di rilanciare una democrazia partecipata e sociale in modo da poter definire anche le risorse strutturali necessarie al rilancio di questo diritto alla mobilità.
COSA INTENDIAMO PER SERVIZIO PUBBLICO Il servizio dei trasporti pubblici è un servizio fornito a tutta la collettività, indipendentemente dal suo effettivo utilizzo da parte dei singoli cittadini. Più persone utilizzano i trasporti pubblici, più l’intera collettività ne trae beneficio: • Minor numero di auto in circolazione • traffico più scorrevole • minor inquinamento • minore incidenza di malattie da polveri sottili e idrocarburi • maggior risparmio per la sanità • minor necessità di parcheggi • maggior facilità di sosta • minore ricorso a personale specializzato per la gestione del traffico • maggior risparmio per chi non usa l’auto • minore importazione di petrolio con indubbio vantaggio per la bilancia commerciale con l’estero. Tutto ciò è valido solo se i trasporti sono efficienti, frequenti, economici. Negli ultimi anni, però, una indecente campagna ha accompagnato, fornendole una copertura ideologica, la progressiva privatizzazione dei servizi pubblici, con tanto di leggi ad hoc che mentre ne accreditano la svendita a favore dei privati, in una logica di aziendalizzazione, ne favoriscono contemporaneamente lo smembramento. In tal modo i costi dei servizi, che in passato era normale accreditare ai bilanci delle istituzioni locali, sono improvvisamente diventati enormi, insostenibili, ingiustificati. Da qui la pretesa di aumentare le entrate (sic), ridurre i deficit, garantire i profitti agli investitori. Ovviamente i tagli si sono abbattuti sul personale, sugli acquisti, sull’utenza. Aver trasformato il servizio pubblico in azienda ha significato quindi gestirlo avendo come riferimento solo la logica del profitto, rinunciando progressivamente ai vantaggi sopra elencati. Contemporaneamente l’idea di ridurre il deficit a tutti i costi, oltre a non aver avuto efficacia, ha portato ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti: • riduzione delle corse anche attraverso l’eliminazione di quelle meno utilizzate e quindi meno remunerative • bus sovraffollati o che saltano le fermate poiché saturi • mezzi inefficienti, insicuri, frequentemente in avaria e con notevoli disagi per l’utenza • riduzione degli organici con affidamento a terzi di buona parte delle lavorazioni con aumento dello sfruttamento della mano d’opera e perdita di professionalità interna • personale stressato e demotivato • ritorno alla crescita dell’utilizzo dell’auto privata. Noi riteniamo che non sia con le campagne propagandistiche, mirate principalmente ad addossare la responsabilità del deficit ai pochi che viaggiano “gratis”, i cosiddetti portoghesi, che si possano risanare le casse delle aziende di trasporto e tanto meno si recuperi un “servizio pubblico”. Non è infine tagliando corse o percorsi che si rende allettante per l’utenza l’alternativa pubblica al mezzo privato. Non è di sicuro contenendo gli stipendi dei dipendenti che si riducono sprechi o mangerie: ben altri elementi del bilancio dovrebbero essere analizzati a fondo per individuare possibili “tagli” per economizzare. Ad esempio andando a verificare stipendi e numero dei dirigenti e dei consiglieri (clonati dal continuo frazionamento della società), gettoni di presenza, acquisti non mirati di materiali di consumo e pezzi di ricambio, manutenzioni non programmate, mancato rinnovo del parco macchine ecc. Tutto ciò senza perdere di vista il fatto che un servizio, in quanto tale, non può per definizione essere in attivo e non deve produrre guadagno immediato (cioè un profitto) e che i costi, di fronte ai benefici che ne ricava l’intera collettività, devono essere equamente ripartiti. Non riteniamo giusto infatti gravare economicamente sulle spalle di coloro che, utilizzando il mezzo pubblico, già rinunciano ai vantaggi derivanti dall’utilizzo dell’auto propria, esponendosi al freddo e al caldo, viaggiando spesso stipati come sardine, attendendo quasi sempre in piedi un mezzo che non sempre è certo che passerà o che li porterà fino a destinazione. Anzi, in un’ottica di rilancio del TPL il prezzo del biglietto andrebbe fortemente ridimensionato attraverso un incremento della durata per quelli a tempo o altre forme di abbinamento con servizi aggiuntivi integrati nel prezzo. Siamo quindi per una battaglia che, attraverso un’operazione culturale e di sensibilizzazione della cittadinanza, riporti il trasporto pubblico nell’ottica del “servizio”, recuperandone i vantaggi per tutti e riducendo i danni causati dalla privatizzazione.
LA SITUAZIONE IN PROVINCIA DI SAVONA Nella nostra Provincia attualmente operano, su bacini diversi, due società che nel tempo, prima ACTS e recentemente SAR, si sono suddivise in più soggetti societari. Al di la delle motivazioni tecniche o di legge (la necessità ? di scorporare la proprietà dalla gestione del servizio al fine di poter concorrere nelle gare d’appalto) tutti questi spezzettamenti (SAR SPA, SAR TPL, ACTS SPA , ACTS LINEA, ACTS SERVICE) hanno portato o porteranno nei fatti ad una moltiplicazione delle spese, con relativo aumento del personale amministrativo e dirigenziale ma anche a una divisione dei lavoratori rendendoli più deboli. Nello stesso tempo analoghe motivazioni tecniche e di legge consentono di ottenere direttamente la gestione del servizio TPL o una proroga dello stesso in caso di fusione di soggetti già operanti e con bacini diversi. La situazione delle due società principali è sotto gli occhi di tutti: Mentre per una non si può non parlare di una gestione fallimentare (dovuta al fallimento del progetto Metrobus ma anche per via di una gara di appalto vinta a parer nostro con un ribasso di fatto non sostenibile), per l’altra si tratta di un affidamento assegnato non per aver vinto la gara ma per irregolarità nella stessa individuate dalla magistratura. Riteniamo però che la responsabilità di queste situazioni non siano addebitabili solamente agli amministratori ed ai dirigenti di queste società, senza con questo voler minimizzare comportamenti individuali e/o e scelte di gruppo che hanno indubbiamente pesato nell’economia gestionale. Ci riferiamo ai soggetti politici ed istituzionali che sono intervenuti con critiche e pesanti accuse solamente quando ormai le scelte erano fatte ed i risultati negativi ormai irrimediabili.
L’INDIRIZZO DEL PROTOCOLLO D’INTESA Pur condividendo l’impostazione generale del documento quando parla di fusione fra le due società, non possiamo non rilevarne la contraddizione quando in realtà favorisce un ulteriore moltiplicazione dei soggetti, con la creazione di due nuove società, la SAR TPL e l’ARCA precedentemente inesistenti. Altresì riteniamo che le finalità espresse nel documento, laddove si parla di realizzazione di un bacino di traffico provinciale unico, di un unico ente gestore del TPL e di gestione del servizio più razionale e condivisa siano obiettivi di per se condivisibili e sui quali non abbiamo difficoltà a concordare. Siamo però perplessi di fronte alla indeterminatezza dei contenuti, alla generica definizione di obiettivi non accompagnata da riscontri concreti e tempistiche certe, nonché dall’assoluta mancanza di impegni precisi e definiti da parte delle società per quanto riguarda la garanzia dell’occupazione attuale e quella del mantenimento almeno dei servizi attuali nei confronti dell’utenza. il Protocollo d’Intesa, infatti, al comma b) dell’art. 1, prevede la predisposizione - da parte di ARCA - di un piano industriale unitario… ….. nel rispetto dei principi contenuti nello stesso Protocollo d’Intesa, … nonché l’elaborazione di … uno studio del sistema del TPL per l’intero territorio provinciale … e quindi …. l’elaborazione di un nuovo Programma di Esercizio. Ma quali sono i principi contenuti nel Protocollo d’Intesa? Dov’è l’articolato e approfondito studio sul TPL provinciale che dovrebbe portare all’elaborazione di un nuovo Programma di Esercizio (e che nella migliore delle ipotesi necessiterebbe di diversi mesi di gestazione)? Il tutto sembra delegato al cosiddetto Tavolo Tecnico. Ma in realtà, al momento, l’unico argomento concreto sul tavolo tecnico sembra sia solamente il punto C del Protocollo d’Intesa che prevede la riorganizzazione e razionalizzazione degli attuali servizi. Si è tornati quindi a discutere di nuovo della riorganizzazione (leggi riduzione delle corse) sulla linea SAVONA - ANDORA (così come era previsto nella bozza originaria dell’ agosto 2006), nonostante i lavoratori in due assemblee (il 3 Novembre a Legino e il 24 a Finale) avessero già espresso pareri negativi in quanto erano previste riduzioni di corse, modifiche in senso peggiorativo di numerosi turni e la conseguente riduzione di personale con un presunto risparmio per Acts di 5 uomini e 220 mila euro. Siamo di fronte alla solita politica dei due tempi: oggi i tagli sul personale, i sacrifici per l’utenza, i vantaggi per le società, domani la discussione a tutto tondo, i programmi, i miglioramenti. Oggi si moltiplicano le società e si spezzetta ulteriormente il fronte dei lavoratori, e questo è il dato certo, domani si provvederà alle fusioni, alla riunificazione, agli studi approfonditi, e queste sono promesse.
LA NOSTRA VALUTAZIONE La nostra impressione quindi è che, per il momento, il Protocollo d’intesa abbia come scopo principale il fatto che la SAR TPL, attraverso la fusione con ACTS LINEA, mantenga la gestione del servizio evitando la gara d’appalto. Al di la della contraddizione evidente di chi rivendica la liberalizzazione dei servizi, in una logica di puro mercato, ma poi non esita a ricorrere a stratagemmi di ogni sorta, compresi quelli legislativi per non sottoporsi alle sue regole, riteniamo evidente e pericoloso il tentativo di coinvolgere i lavoratori, attraverso le loro rappresentanze, in una logica di concorrenza tra società che non può che distoglierli dalla tutela dei propri interessi. Ribadiamo pertanto la nostra contrarietà non tanto al Protocollo d’Intesa o ai suoi contenuti generali sui quali già sopra ci siamo dichiarati favorevoli, quanto a quelli non specificati ma che riconducono la filosofia del Protocollo alla logica contenuta nell’accordo sul rinnovo del biennio economico 2006/2007 del settore, attraverso il quale FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI, FAISA e UGL condividono con il Governo “amico”, le Regioni e le associazioni datoriali la scelta di accelerare e definire compiutamente la liberalizzazione del settore, anticipando e spianando la strada al decreto Lanzillotta che, una volta approvato, metterà definitivamente sul mercato il TPL, con un prevedibile rilevante peggioramento delle condizioni dei lavoratori e dell’utenza.
CUBTRASPORTI SAVONA Savona 9 marzo 2007
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