A 26 anni, a Vado
si ripropone il problema del potenziamento della centrale.
Ecco cosa scriveva Sergio Del Santo, già capo della
redazione di Savona del Secolo
XIX,
oggi
collaboratore dello stesso giornale e responsabile della
redazione di Primocanale tv. E' il giornalista savonese più
introdotto e benvoluto dagli ambienti economici del porto di
Savona, della Camera di Commercio e dell'Unione Industriali.
In pericolo l'assetto del comprensorio
Vado: l'Enel
alla carica per raddoppiare la centrale
Il
potenziamento degli impianti potrebbe coinvolgere
nell'inquinamento anche i centri della riviera, con gravi
danni per il turismo. Senza contare la situazione, già
drammatica adesso, degli abitanti della città
SAVONA — L'Enel è
tornata alla carica. Ha cautamente tastato il terreno per
verificare la possibilità di raddoppiare la potenza della
centrale termoelettrica di Vado Ligure. Ai quattro gruppi da
320 megawatt attualmente installati e funzionati sia a
carbone sia ad olio combustibile dovrebbero aggiungersene
due, da 640 megawatt ciascuno, portando la potenza
complessiva a 2.640 megawatt, in grado di produrre ogni
anno 14 miliardi di chilowattora, quanto basta per
soddisfare le esigenze di una città di cinque milioni di
abitanti.
E' un'iniziativa
che, se perseguita, stravolgerebbe l'assetto territoriale
non solo di Vado ma dell'intero comprensorio. La centrale
occupa un'area urbana, a ridosso delle case. Dai suoi
altissimi camini escono già oggi decine di milioni di metri
cubi di prodotti gassosi al giorno. Sono emissioni che si
disperdono ad ombrello nel raggio di sei chilometri.
L'entrata in funzione di un terzo camino raddoppierebbe la
dispersione nell'atmosfera, allargherebbe l'«ombrello» e
finirebbe col coinvolgere in un «fall out» certo non
innocuo, anche i centri della riviera. Sembrerebbe dunque un
progetto suicida per il territorio. Ma ha anche una sua
logica.
Già in origine (la
centrale è stata avviata dieci anni or sono) era stata
progettata l'installazione di un quinto e sesto gruppo da
320 megawatt e in effetti, a fianco degli impianti oggi in
funzione vi è una vasta area da destinare a futuri
ampliamenti
Occorrendo
autorizzazioni e licenze edilizie da parte degli enti locali
ed opponendo questi forti resistenze ad accettare
ampliamenti, non se n’ era fatto nulla. Nel marzo del ’75
c’era stato un tentativo, attraverso il decreto legge n. 50,
di sottrarre alle autonomie locali ogni possibilità di
intervenire per quanto riguardava il rilascio delle licenze
relative alle centrali: si trattava di una prima «risposta»
alla crisi energetica e non si era escogitato nulla di
meglio che dare via libera a tutti i progetti Enel
osteggiati dai comuni ove erano previsti gli insediamenti.
Tra questi progetti era tornato alla ribalta il problema
del quinto e sesto gruppo di Vado.
C'erano state
allora fiere repliche degli enti locali savonesi,
raccomandazioni al governo, proteste e assemblee. Non se ne
parlò più, anche perchè nel frattempo il problema centrale
era diventato quello della conversione da olio combustibile
a carbone. Improvvisamente, il 30 dicembre del '79, altro
decreto governativo: vi si prospettavano tre grandi
centrali a carbone, ciascuna da 2.640 megawatt, a Gioia
Tauro, Taranto e Bastida Pancarana, piccolo comune del
Vogherese.
Quest'ultima
attirò subito l'attenzione, ma per un problema diverso.
Avrebbe dovuto «ingoiare» ogni anno cinque milioni di
tonnellate di carbone e occorreva decidere da dove farlo
arrivare. Le discussioni, tra Genova e Savona, su chi
avrebbe avuto l'onore, l'onore (e gli introiti) dell'
inoltro del fossile si sono protratte a lungo e tuttora
restano in piedi. Nel frattempo però la Regione Lombardia ha
indicato al ministero dell'Industria l'area di Bastida su
cui dovrà sorgere la centrale, la cui potenzialità è stata
però fissata a 1.320 megawatt, cioè la metà del previsto.
A questo punto
sembra essere stato scoperto il classico «uovo di Colombo».
A Vado ci sono già le strutture, c'è l'area, c'è il
carbonodotto: non resta che inserirvi due gruppi da 640
megawatt ed il «buco» elettrico è colmato.
Un ragionamento
che apparirebbe del tutto logico, non fosse che la centrale
di Vado si trova in mezzo alle case. Tra l'altro si
ridurrebbe della metà il quantitativo di carbone da
trasportare oltre Appennino (e quindi potrebbero bastare
per l'incontro gli impianti delle Funivie Savona - San
Giuseppe); il maggior quantitativo di carbone richiesto per
Vado potrebbe essere sbarcato al pontile Fornicoke, di cui è
stato progettato il potenziamento. Salterebbe quindi
l'ipotesi del nuovo terminal carbone. Ma, forse,
occorrerebbe prevedere anche un'altra conseguenza: l'esodo
della popolazione di Vado Ligure
Sergio Del Santo
I
presidenti di Regione a Roma per il nucleare
La politica
energetica è stata al centro dei colloqui che i presidenti
delle Regioni hanno avuto con i ministri Mazzotti
(Regioni), Pandolfi (Industria), La Malfa (Bilancio) e
Scotti (Politica comunitaria). E' stato un incontro nel
corso del quale sono stati ascoltati gli orientamenti delle
varie Regioni sul problema dell'energia. Le conclusioni
verranno dopo la prossima riunione, già fissata con il
ministro Pandolfi, che si terrà, sempre automa, mercoledì
prossimo.
Le nuove centrali
per la produzione di energia saranno a carbone o nucleari?
Saranno le Regioni a dover scegliere? Ne è prevista la
costruzione in Liguria? Saranno dati dei «premi» alle
località che accetteranno una centrale sul loro territorio?
«L'orientamento è più per il nucleare — ha detto Persico,
presidente della Regione Liguria — anche se ovviamente si
può parlare solo di orientamento. Comunque c'è da
registrare una propensione dei vari presidenti
all'installazione di centrali sul proprio territorio».
E' da escludersi,
per ora, che nuove centrali siano installate in Liguria.
«Il primo piano di interventi — ha detto il presidente — non
ne prevede la costruzione nella nostra regione». Ma sembra
che un «premio», una sorta di risarcimento, potrà essere
assegnato alla Liguria.
«Abbiamo già, ad esempio, Vado, con tutti i
suoi inconvenienti, tutto quel movimento di treni carichi
di carbone, tutto quel disagio per la popolazione — ha detto
Persico — Perciò abbiamo chiesto anche noi il "premio" che
potrebbe essere la realizzazione del nuovo sistema portuale
della Liguria».
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