Ma queste cose non si dicono nei suddetti programmi TV. Dobbiamo dirle on line
FISCO E PARADISI FISCALI

Marco G. Pellifroni

 

 

Ho battuto moneta falsa.  Le banche pure.
Ma qui dentro ci finisco solo io.

[Scritta murale in una cella carceraria]
 

L’ultima puntata di Ballarò ha visto uno sparuto e quasi impaurito rappresentante della maggioranza, Giulio Santagata (qualificato sussiegosamente da Fini “non autorevole, ma dignitoso”),
 rintanato sulla sedia che avrebbe dovuto occupare pare Fassino, resosi prudentemente indisponibile, dopo il tracollo di voti nel Nord. Su quel rappresentante, titolare del “Ministero per l’attuazione del programma di governo”, si sono riversati il saccente sarcasmo del suddetto Fini e, con toni meno netti, la denuncia delle inadempienze governative, snocciolate da vari esponenti di Confindustria: il vice-presidente Alberto Bombassei, l’ex-presidente e attuale presidente BNL (banca ex statale, ex italiana, oggi  diretta da Paris Bas) Luigi Abete, da Confartigianato, ecc.

I punti salienti della trasmissione sono stati, a mio avviso:

- la denuncia di Confartigianato della valanga di adempimenti e tasse che travolgono, paralizzano e sovente portano alla chiusura le piccole imprese;

- la graduatoria, redatta dalla Banca Mondiale e letta da Bombassei, delle tasse dirette e indirette pagate nei vari Paesi del mondo, dove al primo posto brilla l’Italia, con un 76% del PIL: frutto della rapina di 9 mesi all’anno del lavoro di tutti, convogliato in buona parte su conti bancari offshore come destinazione ultima*;

- i timori espressi dal direttore di Corsera, Paolo Mieli, che ha rinunciato al suo abituale  understatement, di una imminente implosione del sistema a causa dello scollamento, forse ormai irreversibile, tra politica e Paese reale.

Se questi sono i temi che più ritengo abbiamo colto nel segno, un altro mi ha ancor più colpito, ma proprio per il fatto che è stato solo sfiorato e che tutti si sono ben guardati, per ignoranza, vera o simulata, dall’affrontare seriamente: il cosiddetto debito pubblico.

Le puntate di Ballarò, Anno Zero, Report et sim. si susseguono, il tema del debito pubblico affiora spesso, con la proposta di varie ricette per ridurlo; ma il salto del fossato, verso la denuncia della sua vera natura, di credito privato bancario, tanto astronomico quanto illegittimo, resta sempre incompiuto, in quanto neppure tentato. Eppure, è proprio lì che si annida il grande imbroglio, è proprio da lì che deve partire la riscossa per ridare fiato alla parte produttiva del Paese, come reclama a gran voce Confindustria (con cui una tantum concordo) e tutta la congerie di associazioni di imprese piccole e medie, inclusi quegli artigiani e commercianti additati dai sindacati confederali (la “triplice” tutrice degli statali e dei redditi da lavoro dipendente: in salita i primi, in discesa i secondi) e dalla vetero-sinistra come i grandi evasori; mentre non mi stanco di ripetere come gravi sulle loro spalle la sfida di una concorrenza al ribasso scatenata dalle liberalizzazioni selvagge promosse dal Governo attuale, che scarica su di loro una ridda di espletamenti burocratici e relativi salassi sin dai primi mesi di attività, con l’intento di sfiancarli e portarli alla chiusura nel più breve tempo possibile (2 partite Iva su 3 cadono dopo i primi mesi di attività: del resto, questa è la legge della giungla). E si noti che, a fronte di un’intera classe politica che risulta essere la più costosa del mondo, e la cui più marcata caratteristica è l’assoluta assenza di responsabilità per i suoi atti, quindi con un rapporto costi/benefici fuori da ogni logica di quel mercato cui pur vorrebbero asservire i perseguitati lavoratori autonomi, questi ultimi devono render conto, e quindi sono responsabili in prima persona, sia verso quel mercato che lo Stato declama, sia verso lo stesso Stato che li chiama a giudizio al cospetto di organi di controllo sempre più dispotici e “fondamentalisti”: un Unico tribunale orchestrato dal Grande Esattore Vincenzo Visco, per converso molto tenero verso i “suoi”, come emerge dalla denuncia del generale della GdF Speciale per pressioni a favore di Unipol (con la vergognosa conclusione della rimozione dello stesso Speciale). Un “libero” mercato dove concorrenza significa impari lotta tra regolari e abusivi in ogni campo, dal commercio all’industria all’agricoltura (in barba alle varie e sontuose CCIAA); dove a farla da padrona è la mafia, simbolo di chi traffica in nero e delle tasse ha solo sentito parlare. Non si tratta quindi di far emergere il migliore, ma il più furbo: quello che le tasse riesce a non pagarle, facendo così cadere chi le paga. Uno Stato, insomma, che fa paura solo agli onesti.

E in questo desolante quadro Visco si sciacqua ogni giorno la bocca discettando di debito pubblico, quando sa benissimo che è solo una farsa a favore del mondo bancario; una farsa che diverrà più prima che poi tragedia, come paventato da Mieli, quando il popolo scoprirà la colossale truffa che si annida sotto quel nome, quando scoprirà che il Fisco rastrella ogni anno € 90 miliardi per pagare alle banche gli interessi su un debito fasullo e incostituzionale, che uno Stato succube si accolla ogni anno per ingrassare i suoi padroni banchieri, mettendo alla frusta gli italiani.

Altro che “tesoretto”! Eliminate 90 miliardi di euro dalle uscite dello Stato italiano e vedrete che resterà ben poco da succhiare ai contribuenti per pagare le opere pubbliche e un apparato statale molto più alleggerito: sia per la maggior capacità di assorbire nuova –e regolare!- forza lavoro da parte di un mercato sgravato dal grosso delle tasse, sia per la conseguente inutilità di mantenere una macchina fiscale pletorica e invasiva quale quella che oggi ci opprime con gabelle, la cui drastica riduzione ne consentirebbe il pagamento, non dico col sorriso sulle labbra, ma senza l’angoscia che attualmente attanaglia il contribuente, vessato da un fisco onnivoro e spietato.

Esagerazioni? Eppure l’ing. Argo Fedrigo, presidente del Colimo (Comitato di Liberazione Monetaria) ha mostrato in TV la dichiarazione di una banca delle Cayman attestante l’esistenza di due conti segreti di Bankitalia *, con tanto di riferimenti numerici, esortando la magistratura ad aprire un’indagine. Tuttavia, anche la magistratura, così rigorosa coi cittadini comuni, quando entra in campo monetario sembra essere disorientata e infine desiste, sostenendo trattarsi di campo “metagiuridico”; cosa in parte vera, purtroppo, grazie al Trattato di Maarstricht, che sancì l’abdicazione della politica ai banchieri. Vedremo se, anche di fronte a conti segreti di Bankitalia nei paradisi fiscali, la magistratura continuerà a dichiararsi “incompetente”.

Ma queste cose non si dicono nei suddetti programmi TV. Dobbiamo dirle on line, su piccoli siti come questo **, lasciati liberi di parlare purchè non crescano troppo. Ma stiamo crescendo, e faremo sapere agli italiani a quale immane giogo siamo stati asserviti; e un giorno manderemo in pensione (equiparate però a quelle che percepiamo noi comuni mortali) il “grosso” degli attuali onorevoli, che tanto onorevoli in verità non sono, visto il silenzio che mantengono sulla più grande iniquità che avvelena la vita dei loro elettori.

Quel giorno potremo esclamare coralmente: Grazie Internet!  

Marco Giacinto Pellifroni                                                                 3 giugno 2007 

 * Vedi l’intervista all’avv. Marco Della Luna su:  www.ilconsapevole.it/articolo.php?id=8357. …i soldi della mafia, del narcotraffico, dei mercanti d’armi, delle tangenti, non circolano certo per le banche normali. Esistono servizi appositi in paradisi bancari esenti da ogni indagine. […] Le norme sulla trasparenza bancaria hanno il solo scopo di spiare il patrimonio del cittadino per spolparlo meglio, in favore dei proprietari di Bankitalia. 

** Ma vedi anche:
www.signoraggio.com
www.disinformazione.it

www.domenicods.tk

www.open-economy.org

www.adusbef.it
www.centrostudimonetari.org
www.tuttotrading.it/t/granditemi/banche.php

www.colimo.org
 

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