SAVONESI CHE HANNO FATTO LA NOSTRA STORIA
LE FAMIGLIE PIU' ANTICHE DELLA CITTA'
ANDREA PICASSO E AMILCARE LUNARDELLI
IL CONTE GILBERTO FELICE CHABROL DE VOLVIC
I
DEPORTATI SAVONESI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
Nell'occasione della giornata della memoria, 27 Gennaio, abbiamo pensato di
dedicare il piccolo spazio della nostra rubrica riservata ai savonesi illustri,
a quei nostri concittadini che, tra il 1943 ed il 1944 furono deportati nei
campi di sterminio nazisti.
A Savona la presenza degli ebrei era molto limitata e, quindi, numericamente il
peso della Shoah fu limitato, ma non per questo meno pesante ed importante.
La maggior parte dei savonesi deportati nei campi di sterminio erano, invece,
operai delle fabbriche rastrellati nell'occasione degli scioperi che, nonostante
le difficoltà dei tempi, ci furono e numerosi.
Non pubblichiamo qui elenchi dei savonesi scomparsi nella fossa dell'Olocausto:
intendiamo ricordarli tutti, rivolgendo loro un pensiero deferente rivolto al
“Mai più un orrore simile” (anche se, in verità, abbiamo assistito e stiamo
assistendo al perpetuarsi della barbarie).
In particolare vogliamo ricordare i deportati in seguito allo sciopero del 1°
Marzo 1944: in quell'occasione i nazisti ed i loro alleati della Repubblica di
Salò rastrellarono, dalle principali fabbriche della nostra Città (Ilva, Scarpa
e Magnano, Servettaz Basevi, ecc) 110 persone, scegliendole tra i principali
organizzatori dello sciopero: dopo essere stati trasferiti, prima all'Istituto
Merello di Spotorno e, successivamente, alla Casa dello Studente di Genova,
furono deportati, in gran parte, nei campi di Mauthausen ed in quelli, da esso
dipendenti, di Gusen ed Ebersee.
A Savona, ne tornarono vivi, alla fine della guerra,
soltanto 8.
Giovanni Michelangeli nacque a Montefiore dell'Aso, in provincia di Ascoli Piceno, il 9 Aprile 1883. Trasferitosi ad Offida nel 1890, seguì gli studi in seminario e fu ordinato sacerdote.
Dal 1912 fu parroco ad Amatrice, ma nel 1920 lasciò l'abito talare ed iniziò una attiva milizia politica.
Aderì al Partito Socialista e, trasferitosi a Savona verso la fine del 1920. assunse la carica di segretario della locale lega contadina e di membro della commissione esecutiva della Camera del Lavoro.
Fu tra i primi che, a Savona, aderirono alla frazione comunista e, successivamente, al Pcd'I.
Partecipò al I Congresso Regionale comunista, svoltosi a Savona il 20 Marzo del 1921 nella sala del ridotto del Teatro Chiabrera con la presidenza di Antonio Gramsci, dove svolse la relazione sull'attività sindacale, affrontando particolarmente il tema dei consigli di fabbrica, criticando la direzione eccessivamente centralizzatrice svolta dalla CgdL che, in quel modo, ne limitava una piena espressione di tipo classista.
Da quel congresso fu designato membro del comitato esecutivo regionale del Partito.
Nel maggio dello stesso anno fu candidato alle elezioni politiche nelle liste del Pcd'I, che videro però, in Liguria, eletto un solo deputato, l'economista Antonio Graziadei.
Nel giugno del 1921 Michelangeli fu eletto segretario della Camera del Lavoro di Savona, sostituendo un altro comunista, Enrico Hoenning.
A Savona, infatti, la mozione presentata dai comunisti al Consiglio delle Leghe aveva ottenuto oltre 17.000 voti, contro i 4.000 della mozione socialista.
Al II Congresso regionale del Pcd'I,svoltosi a Sampierdarena il 22 Gennaio 1922, Michelangeli fu confermato nell'esecutivo regionale e delegato al II congresso nazionale, dove tenne una relazione sul rapporto tra il Sindacato ed il Partito.
Dopo lo sciopero dell'agosto 1922, come altri numerosi dirigenti comunisti savonesi, fu colpito dal bando fascista ed iniziò una avventurosa vita da esule condotta tra il Messico, gli USA (dove lavorò per un certo periodo in una banca di Filadelfia), la Germania (a Berlino nel 1923, fu componente del Comitato Centrale del Soccorso operaio internazionale), nuovamente gli Stati Uniti, che lasciò definitivamente nel 1928 per tornare in Europa, tra il Belgio e, soprattutto la Francia. A Parigi lavorava come parrucchiere (successivamente aprì un negozio a Mondeville presso Caen) e fu raggiunto , in circostanze romanzesche, dalla moglie, la savonese Teresa Canepa e dalla figlia Anna, che vive ancora nella nostra città con il marito, il partigiano “Gelo” Miniati, figlio e nipoti.
La morte colse Giovanni Michelangeli ancor a in esilio, a Parigi, nel 1938 mentre stava lavorando all'arruolamento dei volontari per le Brigate Internazionali nella guerra di Spagna.
Gin Bevilacqua, grande comandante partigiano caduto per la libertà, nacque ad Albisola Superiore il 2 Agosto 1895.
Dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale, Gin Bevilacqua è assunto all'Ilva ed inizia subito una intensa attività politica, iscrivendosi al Pcd'I nel 1924.
Durante il fascismo svolge attività clandestina : arrestato il 3 Aprile 1934 è condannato , dal Tribunale Speciale, a 10 anni di reclusione.
Amnistiato, dopo un lungo periodo di disoccupazione riesce e rientrare all'Ilva nel 1939 e riprendere le fila del suo lavoro politico.
Il 26 Luglio 1943, non appena la radio annunciò la caduta di Mussolini, fu Bevilacqua a riunire il Comitato Federale del PCI, nella chiesetta di San Lorenzo (sopra Piazza Brennero) ed a parlare alla folla, assieme all'avv.Molinari, Campanile e Cristoforo Astengo, nella grande manifestazione di Piazza Mameli, durante le quali i savonesi gridarono tutta la loro volontà di pace.
Nel momento più tragico: all'8 Settembre 1943, Bevilacqua dirige gli antifascisti impegnati a raccogliere le armi abbandonate nelle caserme dai soldati, lasciati sbandati e senza ordini dai comandi centrali., in fuga.
Il 25 Settembre 1943 a Santa Giulia, nei pressi di Dego, Bevilacqua costituisce il primo nucleo partigiano, denominato “Stella Rossa”.
Inizia, così la lotta partigiana: Bevilacqua sarà uno dei protagonista, in qualità di Commissario Politico del distaccamento Calcagno e, successivamente, ispettore della IV e V Brigata Garibaldi.
Nel Novembre 1944, durante una azione presso il Bric Camulera è arrestato, assieme ad altri cinque giovani compagni, ed immediatamente fucilato.
Pubblichiamo, di seguito, il testo della motivazione con cui gli fu assegnata, alla memoria, la medaglia d'argento al Valor Militare:
“ Combattente della lotta partigiana, fedele alla Patria ed animato da vivo amore per la libertà, dimostrava sino dai primi giorni tempra impareggiabile di organizzatore. Animava la Resistenza della zona di Savona e, nel corso di numerose azioni dava belle e sicure prove di decisione e valore. Durante un duro rastrellamento condotto da soverchianti forze, cadeva in mani nemiche sul monte Camulera mentre, incurante del pericolo, si portava da una posizione all'altra per animare la lotta. Nelle poche ore della sua prigionia manteneva contegno fiero ed esemplare e, sul luogo stesso della cattura, affrontava la morte con il coraggio dei valorosi”.
LE FAMIGLIE PIU' ANTICHE DELLA CITTA'
Dalla “Guida Storica, Economica e Artistica” della Città di Savona, scritta da Nicolò Cesare Garoni e pubblicata, presso la Tipografia Sambolino nel 1874, pubblichiamo il capitolo dedicato alle più antiche famiglie della nostra Città.
..... La più antica, la prima che comparisce nei documenti risale al 1161. Al giuramento del marchese Oberto, è testimonio uno Astengo, e l'anno 1179 fra i consiglieri del comune è Baldovino Astengo.
Alla carta della Consevola del 1142 sono testimoni filii Natalis Homodei Astensis.
L'anno 1179 abbiamo fra i consiglieri del comune Ioanni da Nitia, o Nizza, Albertus Trino e un Guglielmo Greco.
I più antichi notari ci vennero da Milano e da Como. Guido Mediolanensis e probabilmente anche l'Ambrosius del 1136 e l'Ambrosius iudex consigliere del Comune l'anno 1179 e Arnaldus Cumanus, che rogarono fra la fine del secolo XII e il principio del XIII e da Milano, secondo la tradizione ci vennero i Foldrato, famiglia consolare che comparisce nel 1179.
Le famiglie Niella, Pavesi, Cuneo, Corsi antichissime sono senza dubbio originarie dei luoghi cui presero i nomi, e secondo le tradizioni, dal Mondovì ci vennero i Ferrero, da Acqui i Chiabrera, da Alba i Boschi, da Milano i Pozzombonelli e gli Zocca, da Tortona i Gavotti, dal Sassello i Gentili, da Nizza i Naselli, da Voltri i Grassi, dal Cervo i Salinieri, dal Finale i Raimondi, e Ogerio del Finale avea case nel castello l'anno 1228 ed avea sposato una Benenca, o Benedetta Terreta; da Celle i Bertolotti, da Albenga i Vizio, famiglia consolare antichissima e i Berninzoni.
Non entro mallevadore della verità di queste tradizioni gentilizie, ma per legittimi documenti è fuori di dubbio che le prenominate famiglie pervennero in tempi antichissimi a Savona, dal Piemonte, di Lombardia e delle Riviere....
Angelo Viglienzoni, nato nel 1855 e deceduto, sempre nella nostra Città, nel 1924, fu un grande industriale, realizzatore di molte opere di beneficenza e sociali per gli operai e l'infanzia.
Nel 1873 il padre, Giuseppe, con altri due savonesi, Angelo Frugoni e Stefano Caorsi, aveva impiantato uno stabilimento vetrario in via delle Trincee, sulla sponda sinistra del Letimbro.
Nel 1895, sotto la ragione sociale di Giuseppe ed Angelo Viglienzoni, la fabbrica si trasferì in Corso Ricci (esattamente dove oggi sorge l'Ipercoop) assumendo rapidamente dimensioni grandiose ed occupando migliaia di operai, grazie all'esclusiva, in Italia, della fabbricazione di bottiglie scure per il vino.
Angelo Viglienzoni, prima ancora che la legge ne facesse obbligo, pensò di assicurare i propri operai contro gli infortuni, istituendo una apposita Cassa.
Sempre per i suoi operai fece costruire, all'inizio del '900, 150 appartamenti che si trovano nel palazzo “di ringhiera” di Via Aglietto (all'epoca via Generale Pescetto).
Mantenne, a proprie spese, una colonia alpina per i figli degli operai e, morendo, il suo lascito (compreso il palazzo di Via Paleocapa e le ville Bianca e Rossa di via Mongrifone) rappresentò la gran parte del patrimonio delle Opere Sociali di NS di Misericordia che, a Savona, hanno rappresentato per decenni il soggetto fondamentale per l'assistenza all'infanzia abbandonata e per gli anziani.
Pochi settimane fa la scrittrice savonese Nina Bazzino ha dedicato, alle vetrerie Viglienzoni ed alla costruzione delle Case Operaie, il bel libro “Soffiava nel vetro” (Sabatelli editore).
ANDREA PICASSO E AMILCARE LUNARDELLI
Nei giorni scorsi sono mancati due amministratori pubblici che, nel passato, si erano distinti per dedizione e competenza nel governo di importanti realtà della nostra zona: Andrea Picasso, già sindaco di Quiliano e Amilcare Lunardelli ex- sindaco di Savona.
Andrea Picasso (Drin) è deceduto a 78 anni, dopo aver ricoperto per un lungo periodo tra gli anni'60 e la metà degli anni'80, l'incarico di primo cittadino di Quiliano.
Esponente del PCI, protagonista fin da giovanissimo della lotta antifascista, aveva guidato l'amministrazione quilianese in una fase di grande espansione della cittadina, favorendone un equilibrato sviluppo edilizio orientato essenzialmente verso i settori meno agiati della popolazione: da qui la presenza massiccia , sul territorio di Quiliano, di edilizia popolare.
Uomo di grande rettitudine morale, aperto al dialogo, Picasso ha interpretato davvero il ruolo del Sindaco all'antica, vicino ai problemi di tutti i cittadini.
Alla generazione precedente a quella di Picasso, apparteneva Amilcare Lunardelli, classe 1912.
Operaio dell'Ilva, fiero antifascista Lunardelli fu condannato al confino e successivamente al carcere per otto anni.
Liberato al 25 Luglio, entrò nei quadri dirigenti del PCI, ricoprendo nel 1945 l'incarico di segretario della federazione di Viterbo.
Rientrato a Savona dopo la Liberazione, diventò segretario della federazione savonese comunista sostituendo Gilardi trasferito alla federazione di Imperia.
Dopo le elezioni del 1951 fu eletto Sindaco della Città: in quel ruolo esercitò una funzione decisiva nell'opera di ricostruzione della Città dalle macerie della guerra, completando l'opera già impostata dal suo predecessore, il Sindaco della Liberazione, Aglietto.
Riconfermato alle elezioni del 1956, Lunardelli si dimise nel 1957: le ragioni di quel gesto sono state affidate ad una lettera il cui contenuto è stato rivelato dal figlio Corrado, dopo la sua morte avvenuta proprio qualche giorno fa nella nostra Città.
Lunardelli era rimasto molto colpito dall'intervento sovietico in Ungheria (un evento che aveva suscitato un particolare dibattito proprio all'interno della federazione savonese del PCI: dibattito inseritosi nel quadro del vero e proprio sommovimento che aveva colpito il Partito a livello nazionale. Echi del dibattito savonese giunsero fino alla tribuna dell'VIII Congresso Nazionale (Novembre 1956): fatto davvero inusuale per un partito dalla forma (e dalla sostanza) monolitica qual'era ancora il PCI a quel tempo.
Lunardelli uscì così dalla politica, ritirandosi nel Cadore per svolgere l'attività di funzionario dell'ENI (negli anni'90 ritornò, poi, alla vita pubblica diventando Sindaco del Comune di Borchia di Cadore).
Tornato nella nostra Città a trascorrervi gli anni della vecchiaia, non aveva smesso di partecipare alla vita politica, intervenendo varie volte in convegni dove si trattava della storia della vita istituzionale di Savona.
Proseguiamo nella galleria riservata agli amministratori più importanti, succedutisi alla guida della Città nei decenni trascorsi.
Parliamo oggi del cavalier Giuseppe Brignoni, eletto sindaco in due successive occasioni, la prima tra il 1887 (all'età di 42 anni, essendo nato nel 1845) ed il 1889, e successivamente tra il 1893 ed il 1895.
Si trattò di fasi particolarmente importanti per la vita della nostra Città, in quanto si trattava di completarne lo sviluppo edilizio impostato dal piano regolatore del 1856, svilupparne la presenza industriale in una fase di forte espansione ma anche di grandi contraddizioni (si pensi alle ricorrenti crisi della siderurgia, che pure rappresentava già un settore decisivo per l'economia cittadina), accrescerne la presenza di istituti scolastici, in un momento dove l'istruzione stava estendendosi a ceti fino a quel momento esclusi.
Brignoni , esponente del ceto borghese moderato ma fermo sostenitore del metodo democratico, può essere così ricordato come un Sindaco dello sviluppo di Savona.
Si deve alla sua amministrazione la tracciatura di due vie importantissime, per far uscire Savona dal ristretto ambito delle mura medioevali: Via Pietro Giuria e Via Caboto, mentre fu decisivo l'impulso verso il completamento di via Paleocapa, verso il mare (opera completata nel 1900).
Altrettanto importante l'iniziativa riguardante l'allargamento del porto, in funzione commerciale e di adeguamento alle nuove dimensioni delle navi, nel passaggio dalla vela al vapore.
Eletto Consigliere Provinciale nel 1899, morì nel 1919.
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Andiamo avanti nell'illustrare vita e opere dei grandi savonesi del passato, puntando principalmente la nostra attenzione sugli amministratori pubblici.
Il nostro ricordo tocca, questa volta, al marchese Luigi Corsi: un nobile, sicuramente all'altezza del suo compito mentre non lo sono i “proletari” (si fa per dire) che reggono attualmente le sorti del nostro antico Comune.
Luigi Corsi, nato nel 1815, combatté nel corso della Prima Guerra d'Indipendenza partecipando alle battaglie di Goito e Custoza.
Affermatosi nella professione legale, si dedicò alla politica risultando eletto al Parlamento Subalpino nelle elezioni del 1849, 1853, 1857.
Fu eletto, per una prima volta, Sindaco di Savona nel 1861 e rimase al suo posto di primo cittadino sino al 1874.
L'atto più importante della sindacatura del marchese Corsi fu l'adozione della variante del piano regolatore varato nel 1856 dagli architetti Cortese e Galleano (allora si facevano i piani regolatori!).
La variante, varata il 13 Giugno 1865 con votazione del Consiglio Comunale con atto firmato dal Sindaco, Luigi Corsi, dal membro anziano del Consiglio, Paolo Boselli, dal ministro dei Lavori Pubblici Jacini e dagli ingegneri Tissoni e Frumento, prevedeva la costruzione di via Paleocapa, Corso Italia, Piazza Mameli, via Niella, via Montenotte, via Guidobono e le altre vie di quello che, oggi, è denominato come “centro ottocentesco”. In quel tempo vi sorgevano orti, vigneti e aranceti.
Il Comune acquistò quella zona, di circa 6 mila mq, e grazie ad una associazione di capitali, promossa dal Marchese De Mari a cui parteciparono anche associazioni della classe operaia savonese (in particolare quelle dei calafati e dei carpentieri), si cambiò il volto della Città tracciandone le linee di sviluppo per il futuro.
Nominato Senatore del Regno nel 1876,fu rieletto Sindaco nel 1895, ma rinunciò all'incarico proprio per non ricoprire il doppio incarico. Morì due anni dopo, nel 1897.
<< Torna su >>Il Conte Gilberto Felice Chabrol de Volvic, prefetto del Dipartimento napoleonico di Montenotte (capoluogo Savona) dal 1806 al 1812 è stato, a nostro personalissimo giudizio, il miglior Amministratore Pubblico nella storia della Città.
Chabrol, che concluse la sua carriera con la prestigiosa nomina a Prefetto del Dipartimento della Senna, si rese subito conto dell'importanza di Savona, porto commerciale strategico nell'ambito dell'Impero (sotto questo aspetto, nel 1824, pubblicò l'importatissima “Statisque de l'ancien departemente de Montenotte), dando così grande impulso all'avvio della rivoluzione industriale a Savona: cantieri navali, fabbriche di mattoni, di maioliche, di saponi, filande, vetrerie, concerie.
Sotto la sua guida ( Chabrol era il Prefetto da cui dipendeva tutto il dipartimento, il maire o Sindaco di Savona era il marchese Sansoni che, però, dipendeva direttamente dal Prefetto secondo il rigido schema centralistico dello Stato napoleonico) furono pavimentate le strade, costruito il Cimitero alla foce del Letimbro (più o meno dove adesso c'è la chiesa del Sacro Cuore), avviò la costruzione della strada carrozzabile tra Savona e Torino (già tracciata dall'Armata d'Italia nel corso della campagna del 1796) e studiò i progetti di un acquedotto dalle dimensioni sufficienti per l'approvvigionamento idrico della Città e per l'ampliamento del porto.Insomma: l'esatto contrario dei nostri attuali amministratori.
Insomma: l'esatto contrario dei nostri attuali amministratori. << Torna su >>Andrea Aglietto (“Drin”), nacque ad Arenzano nel 1888. Trasferito a Savona lavorò all'Ilva come operaio, aderendo giovanissimo al movimento socialista. Nel 1920 fu eletto consigliere comunale ed assessore alla Pubblica Istruzione nella prima giunta socialista di Savona, guidata dal Sindaco Mario Accomasso. Nelle fila del PSI si collocò , a fianco di Giacinto Menotti Serrati , sulla posizione dei “terzinternazionalisti”, che nel 1924 aderirono al PCI.
Antifascista convinto fu perseguitato dal Regime e condannato a 10 anni di carcere dal Tribunale Speciale.
Successivamente fu inviato al confino: tornò a Savona durante la Resistenza ed al 25 Aprile fu nominato dal CLN, Sindaco della Città. Confermato dalle elezioni del Marzo 1946 e successivamente da quelle del 1951, si dimise nel 1953.
Fu il Sindaco della ricostruzione di Savona dalle macerie della guerra e, per questo motivo, ricordiamo un passaggio del suo discorso tenuto in Consiglio Comunale il 12 Settembre 1953, nel momento del passaggio delle consegne al suo successore Amilcare Lunardelli: “Il popolo savonese ha saputo rapidamente sollevarsi dalle più gravi rovine materiali e morali nonostante le avversità rinascenti. Frutto questo dell'unione che la popolazione savonese ha saputo realizzare, nonostante tutto, attorno ai fondamentali interessi della nostra Città. A questa unione ho dedicato le mie forze, ben sapendo che in essa risiede la premessa per ogni successo”.
Aglietto rimase molto attivo nella politica savonese , fino alla morte avvenuta nel 1965, rappresentandone un'anima nobile, collocata al di sopra delle divisioni dovute alla lotta politica quotidiana, mirando sempre agli alti ideali del socialismo e dell'antifascismo.
A lui è dedicata la via traversa di Corso Ricci, su cui si affacciano le antiche “Case Operaie”.
Camillo Sbarbaro, letterato e poeta, nacque a Santa Margherita Ligure nel 1888. Mantenne sempre rapporti molto stretti con l'ambiente culturale savonese, in particolare con i poeti Bonino e Barile.
Visse a lungo a Spotorno.
Sbarbaro visse l'intera sua esistenza di letterato in una posizione d'avanguardia.
Viveva traducendo dal greco e dal francese (in particolare i grandi poeti dell'800: da Rimbaud a Verlaine) e studiando i licheni, di cui era diventato uno specialista di fama internazionale.
Le sue opere prime furono: “Resine”(1911) e “Pianissimo” (1914), cui seguirono i poemetti in versi ed i frammenti di “Trucioli” (1920) e di “Liquidazione” (1928) e delle altre molte raccoltine, spesso minuscole, provviste di titoli per lo più composti da un solo vocabolo (Fuochi Fatui, Gocce, Quisquilie).
Sbarbaro è, forse, l'esempio italiano più rigoroso della prosa d'arte frammentistica: ma l'importanza, anche storica, della sua poesia discorsiva, in endecasillabi sciolti (inframezzati qual e là da qualche moncone) è stata notevole, in particolare sul Montale di “Arsenio”. Montale lo ricorda con rispetto ed affetto in “Ossia di Seppia”.
Camillo Sbarbaro morì a Savona nel 1967, e questo nostro ricordo speriamo possa valere a far sì che la cultura savonese torni ad occuparsi delle sue opere, nella dimensione che effettivamente meritano.
Trucioli di Liguria
Trucioli di Liguria raccoglie le prose di Sbarbaro dedicate al paesaggio di Liguria: da Ventimiglia a Noli, da Spotorno a Coronata, dal cuore di Genova a Portofino e oltre il grande poeta con la sua acuta osservazione ha catturato sulla pagina impressioni e suggestioni, nell'arco di più di cinquant'anni, dal 1914 al 1967. Tanto la riviera aspra e luminosa, quanto le città (Genova e Savona), con il loro variopinto paesaggio di umani,intrigano uno straordinario scrittore, che nell'estrema essenzialità della sua scrittura ci attesta l'accordo o il contrasto tra paesaggio e uomo, tra effimero e durevole