TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

VEDOVE E MARTIRI 

 

Ho letto un reportage sulle vedove dell’India che, alla morte del marito per un’orrida tradizione di costume più che di religione, vengono bruciate vive sul rogo allestito per il defunto. Questa usanza trae il suo nome “sati”  da quello di una dea che aveva compiuto tale gesto.

Ora la pratica è severamente vietata dalla legge, tuttavia - diceva il reportage – non poche di loro scelgono volontariamente di rispettare la tradizione. La legge condanna anche chi spinge al sati o chi, potendolo,non lo impedisce.

Ma  si continua a praticarlo, anche di propria spontanea volontà.

Sembra impossibile ai nostri occhi che si possa scegliere di morire in questa assurda maniera, ma bisogna cercare una spiegazione accettando i dettami di una cultura antica che non si combatte con i divieti, ma cambiando la cultura .

E’ sempre lo stesso problema: i cambiamenti più difficili sono quelli che incidono sul sentire popolare. e non si fanno con i divieti, ma cambiando forma mentale.

In Spagna la corrida è morta solo quando la maggioranza  degli spagnoli l’ha rifiutata.

In India il divieto ha ottenuto un risultato nelle grandi città che sono vere  e proprie isole di super occidentalizzazione.

Le città indiane, vere e proprie  megalopoli ( come quelle cinesi ), hanno grattacieli, grandi magazzini, traffico intenso ed evidenti segni di consumismo esasperato. Qui le donne sono spesso laureate, lavorano ed hanno anche indipendenza economica. Si sono affrancate dalla sudditanza al marito. Ma il paese va a due velocità.

Nelle zone rurali lo scenario cambia totalmente: non più ragazzi in jeans e donne in carriera , ma abiti tradizionali e uomini dominanti nel clan familiare.

I mariti però possono morire e , in questo caso, si ripropone il problema delle vedove che un tempo veniva risolto eliminandole sul rogo del defunto.

Lo strano però è che ora si possa scegliere volontariamente di morire in quel modo orrendo.

Questa scelta ha motivazioni non troppo dissimili a quelle dei kamikaze.

Originano il fenomeno interpretazioni forzate del dettame religioso ( le vedove vengono considerate sante da coloro che le conoscono ), situazioni sociali assurde e disperazione.

Qui il discorso viene necessariamente focalizzato anche su altre motivazioni cioè su quelle economiche.

La nascita di una bimba in India è una vera e propria sciagura per la famiglia.

Bisogna prepararle una dote degna del suo rango e per far questo si arriva anche a coprirsi di debiti.

Proprio per questo , se la figlia è rimasta vedova, non viene più accolta nella casa della vecchia famiglia che non intende accollarsi un altro peso . La via del ritorno è preclusa perché, fra l’altro, nessuno vorrà più sposare una donna già sposata e in più senza dote.

Soprattutto quando la famiglia d’origine ha sistemato la figlia, non intende nel modo più assoluto alleviare l’impegno dei nuovi parenti che hanno ricevuto una ricca somma alla cerimonia e, se non l’hanno più, sono degli scialacquatori e non meritano aiuto.

I secondi poi,  hanno accettato la giovane proprio per la somma che aveva portato e ora si rivela soltanto un fastidio.

Da noi, nel nord del mondo, in questi casi la donna si rimbocca le maniche, cerca di trovare un lavoro e, magari, ci sono anche le forme assistenziali che cercano di fornirle sostegni e appoggi. C’è anche la reversibilità della pensione, anche se spesso misera!

Ma per una donna, in particolare se non giovane, è un problema trovare lavoro anche da noi. In India è quasi impossibile.

Visto in quest’ottica il sacrificio santificante di buttarsi, ovviamente quando gli altri non la buttano , sul rogo presenta aspetti meno ideali e sublimi.

Io non credo, se non in pochi casi, all’eroismo.

Nessuno è eroe per vocazione. La vita ti costringe e spesso il resto viene di conseguenza.

Ci sono i casi di sublimità, ma non sono poi così numerosi.

Granisci diceva: “Eroismo non vuol dire gesto eccezionale o almeno non solo gesto eccezionale, ma piuttosto continuità”

E penso che sia proprio così.

 

Margherita Pira