AUTORITA' Portuale e Fondazione Carisa hanno perso la
pazienza e si accingono a gettare la spugna: non si
trasferiranno a Palazzo Della Rovere (o di Santa Chiara o
del vecchio Tribunale). Due note ufficiali sono attese a
giorni. E così l'antica dimora fatta costruire dal cardinale
Giuliano della Rovere che, a cantieri aperti, sarebbe
diventato papa Giulio II, rischia l'abbandono e il degrado
dopo 500 anni di onorato servizio per le istituzioni
cittadine.
«Finirà col cadere sulle teste dei savonesi - dice il
presidente dell'Authority Rino Canavese -. Già ci piove
dentro, figuriamoci se passano ancora degli anni senza
intervenire».
Il fatto è che l'Autorità Portuale, sollecitata dalla
Soprintendenza e dalla Prefettura, si era dichiarata
disponibile già nel 2001 a trasferire i propri uffici da via
Gramsci nella più prestigiosa e scenografica sede che si
apre su via Pia. Un'operazione che avrebbe centrato due
obiettivi: da un lato risolvere i problemi
dell'amministrazione portuale, sistemata in un normale
condominio, e dall'altro recuperare un autentico patrimonio
architettonico in pieno centro storico, che correva il
rischio del degrado dopo che era stato abbandonato dalla
questura, dagli uffici giudiziari e finanziari.
«Già nel piano triennale 2002-2004 avevamo inserito un
finanziamento ah hoc per contribuire al restauro e
all'adattamento del palazzo - aggiunge Canavese - ma cinque
anni dopo siamo al punto di partenza. La proprietàè
demaniale, abbiamo fatto la spola con l'Agenzia del demanio
di Roma, anno dopo anno, tutte le volte rassicurati che nel
giro di pochi giorni si sarebbero formalizzati gli accordi.
Questo anche alla fine del 2006. Ma non si è formalizzato un
bel niente, non ci rispondono nemmeno».
Il risultato è che un finanziamento di 3 milioni è fermo da
più di tre anni e mentre cadono via via le ipotesi di
sistemazione di altre istituzioni negli spazi ancora
disponibili all'interno del palazzo (si era parlato della
stessa Prefettura, poi si è fatta avanti la Fondazione
Carisa), anche lo "spirito di servizio" con cui l'Authority
aveva affrontato la questione si sta esaurendo.
«Passano gli anni, la nostra situazione logistica in via
Gramsci peggiora e non c'è verso di capire quando potremo
trasferirci - prosegue il presidente dell'Authority -. Con 3
milioni e tutti gli spazi disponibili che vogliamo dentro il
porto, potremmo farci due sedi, anche più razionali di come
avremmo comunque potuto adattare Palazzo Della Rovere».
In effetti, proprio per la particolarità dell'edificio,
erano cadute in passato altre ipotesi di insediamento:
Prefettura, Biblioteca, Archivio di Stato. Tutte istituzioni
fondate su libri, documentazioni e montagne di carta che
avrebbero richiesto un radicale rinforzo di tutte le
solette, con costi spaventosi. Così, alla fine, l'interesse
si è limitato all'Autorità Portuale e alla Fondazione Carisa
(avrebbe occupato i locali della vecchia Questura). Ma anche
la Fondazione, dopo un "flirt" di un paio di anni con il
Demanio, ora storce il naso, perché l'affitto appare molto
caro, anche in relazione al fatto che bisognerà spendere
molti quattrini per sistemare gli uffici. Alla fine a
rimetterci potrebbe essere la città, che si troverebbe un
altro contenitore da ristrutturare e mantenere in buono
stato senza soldi di gestione.
Sergio Del Santo
UN
EDIFICIO GIOIELLO che fu tribunale |
LA
STORIA |
PALAZZO Della Rovere, uno dei gioielli
del centro storico di Savona, fu
costruito tra il 1495 e il 1505 su
progetto di Giuliano da Sangallo. A
commissionarlo al grande architetto
fiorentino era stato il cardinale
Giuliano Della Rovere, che nel 1503
sarebbe diventato papa con il nome di
Giulio II. I disegni del Sangallo e la
munificenza della famiglia dei Della
Rovere si fusero per ricreare a Savona
uno dei rari esempi di architettura
rinascimentale toscana in Liguria.
Caratterizzato da una severa facciata
con un doppio ordine di lesene doriche e
da un grande cortile interno a "L", in
parte porticato, il palazzo rimase
tuttavia di proprietà dei Della Rovere
per pochi decenni. Nel 1531 fu
acquistato dal marchese Francesco
Spinola di Garessio, i cui discendenti
lo conservarono sino al 1673, quando
venne ceduto alle suore francescane di
Santa Chiara, dalle quali prese quel
nome, palazzo o monastero di Santa
Chiara, con cui è ancora oggi più noto
ai savonesi. Le sale all'interno
ospitano dalla metà del XVI secolo un
pregevole ciclo di affreschi opera di
Ottavio Semino, mentre la trasformazione
in monastero delle Clarisse rese
necessario ricavare tra le mura una
cappella, opera di Giobatta Costanzo.
Nel 1809, allontanate le suore, i
francesi ne fecero la sede della
Prefettura del Dipartimento di
Montenotte. La cappella divenne (e lo
restò per oltre un secolo e mezzo) aula
di Tribunale.
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