Queste ciance di ogni giorno nei TG sono pagate dallo Stato, cioè coi nostri soldi, con stipendi d’oro, e vertono su questioni sempre meno in rapporto con il mondo reale
GUARDANDO LA TIVVU’

Marco G. Pellifroni

 "Quante volte le insegne del potere portate dai potenti di questo mondo sono un insulto alla verità, alla giustizia e alla dignità dell’uomo! Quante volte i loro rituali e le loro grandi parole, in verità, non sono altro che pompose menzogne, una caricatura del compito a cui sono tenuti per il loro ufficio: quello di mettersi al servizio del bene.” (*)

Lette queste parole ho assistito con occhi ancora più disincantati al congresso dell’UDC su un lussuosissimo mega-palco, dove il segretario Cesa arringava i partecipanti esaltando il ruolo preminente che nella compagine politica devono assumere i moderati, insomma i pellegrini verso il Grande Centro. Mi ha sempre incuriosito, e ancor più infastidito il mero termine “moderati”, come all’epoca di Nixon quello di “maggioranza silenziosa”: hanno sempre portato alla mia mente immagini di ovini ossequiosi del verbo del potere, di marionette rispettose del divieto di parlare al manovratore. Gli elettori ideali per i politici: votano e poi scompaiono!

Scorrono le immagini e appare un altro Congresso (ma quanti ne fanno?), dello SDI, dove il segretario Boselli (viso e tono conformi all’identikit dei moderati) commemora il defunto PSI e deplora il vuoto che ha lasciato; senza forse ben rendersi conto di quanto volentieri l’abbiano già da quel dì riempito i DS, con uno slancio tale da oltrepassare il fatidico centro, trovandovisi peraltro perfettamente a loro agio.

Poi è la volta di Montezemolo, che dichiara che il modo migliore per ridurre le tasse è quello di devolvere il mitico “tesoretto” (quello che Visco non molla manco a sparargli) alle imprese, con mirabili ricadute sui poveri (magari disoccupati) e i pensionati (che, per definizione, non lavorano, e i cui proventi mensili seguono pedissequamente le false rilevazioni Istat sull’inflazione, onde agevolarne un più celere trasloco al camposanto).

Queste ciance di ogni giorno nei TG sono pagate dallo Stato, cioè coi nostri soldi, con stipendi d’oro, e vertono su questioni sempre meno in rapporto con il mondo reale. Nessuno che osi aprir bocca e dire la verità ultima: che l’Italia è vittima di un salasso equivalente a tutta la moneta in circolazione, cartacea e digitale, che viene emessa senza spese e senza tasse da Bankitalia SpA e BCE, per poi riprendersela, attraverso il lavoro di tutti, sotto forma di Titoli di Stato, e trasferirla, c’è da arguire, in ben custoditi paradisi. Di certo in Italia non resta: ce ne sarebbe traccia. Anzi no, la traccia c’è, ma in negativo: è il c.d. “debito pubblico”, l’unica destinazione cui Visco vorrebbe incanalare il tesoretto, rendendo –pardon, regalando- alle banche il loro falso prestito. Ma di questi dettagli lorsignori si guardano bene dal parlare; né loro né i grilli parlanti, come la Gabanelli, dagli schermi TV, e il Grillo nazionale, che in TV non lo lasciano andare, per motivi che mi sfuggono, visto che tanto, qualunque scandalo si riporti, non succede poi niente. Ma questo sarebbe davvero troppo grosso: meglio non rischiare. Potrebbe saltare qualche poltrona; forse anche tutte. Meglio ripiegare su Vallettopoli, o sulla Champion’s League, che fanno tanta audience.

E allora, con un altro nesso logico, ho guardato con simpatia ai cinesi che, a Milano, hanno avuto il coraggio di trasformare una scintilla in protesta di piazza per un’altra delle ingiustizie che ci piombano addosso come una pioggia di fuoco: le contravvenzioni, altra tassa sotto nome improprio, ingegnata per sopperire agli ammanchi pappati dalle banche col “servizio del debito”; che dobbiamo naturalmente pagare noi, dai nostri risicati cespiti, mica dagli stipendi di Camera e Senato. C’è voluta una forte solidarietà etnica per coalizzarsi contro le squadre in divisa che perlustrano le strade a caccia di automobilisti non in regola con le loro regole. Gente sempre pronta a multare, mai ad aiutare. Tutti li temono, nessuno li ama. E’ il destino dei poliziotti, che ci volete fare, noi italiani, è un retaggio borbonico, ce l’abbiamo nel DNA. Ad amarli non ci riusciamo proprio. Ma coviamo tutto dentro, con cristiana rassegnazione. I cinesi, invece, all’ennesimo prelievo del sangue, si sono coalizzati. Si sono ribellati. Il giudizio su di loro non lasciamolo alla Moratti, ma a quanti, un giorno sì e l’altro pure, incappano in controlli di polizia, municipale, statale, CC, GdF, ASL et similia. Ci vorrebbe un referendum sul dramma delle multe, i cui importi sono rovinosi per i redditi del cittadino medio, e vengono inaspriti ad ogni riunione dei Consigli di Sicurezza Stradale (dove, a differenza dell’ONU, nessuno ha purtroppo il diritto di veto). L’ultima chicca sono € 12.000 (15 giorni –ipotetici- di un parlamentare, 1 anno –sicuro- per la gente comune) e sei mesi di galera per guida in stato di ebbrezza. Reprimere sempre, prevenire mai: questo il motto di ogni regime che si rispetti. O peggio, etichettare come prevenzione una maggiore repressione.   

Marco Giacinto Pellifroni 

Finale Ligure, 15 aprile 2007

(*) Card. Joseph Ratzinger, Roma, 25 marzo 2005. Spesso mi chiedo se quanto qui denuncio sia a sua conoscenza. In tal caso, anche le sue sarebbero vacue ciance, come quelle dei politicanti che condanna. Ma ammiro troppo la sua cultura e la sua fede per crederlo possibile.