IL RAPPORTO tra economia ed energia è, in
provincia di Savona, particolarmente stretto. Produzione,
catena logistica e grandi utilizzatori riuniscono attività
che valgono duemila posti di lavoro e un fatturato annuo
intorno ai 2 miliardi di euro.
«Possiamo farne a meno?» si chiede, con tante scuse alla
retorica, il direttore dell'Unione Industriali, Luciano
Pasquale.
Nessuno butta via qualcosa che vale, ma il problema è un
altro: qui si vuole aumentare la produzione bruciando
dell'altro carbone alla Tirreno Power di Vado?
«Certo, ma mi si deve spiegare perché se un'azienda propone
di potenziare la produzione riducendo l'inquinamento e
impegnandosi a fondo nello sviluppo delle fonti rinnovabili,
bisogna comunque sbarrarle la strada».
Forse perchè non si fidano, oppure pensano che sia una
promessa da marinaio, che è impossibile migliorare
l'ambiente bruciando più carbone?
«Se qualcuno sostiene che si può diminuire l'impatto, il
buon senso imporrebbe di andare a vedergli le carte. Anche
perché l'unico comportamento alternativo coerente sarebbe
quello di chiedere un inquinamento zero, ovvero la chiusura
di ogni attività. E allora torniamo da capo: questa è una
cosa che possiamo permettercI? Non dico Quiliano o Vado,
dico l'Italia. Può permetterselo?»
Però anche mettendo assieme tutto il buonsenso e la
comprensione del mondo, chi accetterebbe di farsi carico dei
problemi dell'Italia senza la sicurezza di averne una
contropartita?
"Tirreno Power ha presentato un progetto integrato di
notevole spessore, inaugurando una via italiana all'energia
sostenibile: con i risparmi generati dall'uso del carbone si
possono adottare le migliori tecnologie e finanziare i
programmi eolici, solari, idroelettrici. Tutte belle idee,
ma per dargli forza e sostanza servono grandi risorse che
possono essere generate solo producendo energia a costi in
linea con quelli dei concorrenti europei".
Che però sull'innovazione e la ricerca sono un passo avanti
a noi?
"Guardi, se oggi la Francia e la Germania possono fare della
filosofia sulle fonti rinnovabili è perché hanno alle spalle
una l'energia nucleare, l'altra l'energia del carbone. Noi
bruciamo nelle centrali il metano, che è un po' come fare il
bagno nel latte d'asina, e se ci manca questo andiamo a
comprarci i chilowattora francesi o quelli tedeschi.
Dobbiamo uscire da questa spirale. E non avendo materie
prime dobbiamo essere creativi e nello stesso tempo stare
attenti a non dipendere solo da pochi fornitori".
Resta il fatto che non può farsene carico solo Savona, che
qualche miliardo di chilowattora già li produce?
"Sì, ma questo è un discorso che non ci porta da nessuna
parte. In Italia qualcuno deve farsi carico dell'Alta
velocità, qualcun altro degli inceneritori, delle
discariche, delle basi militari, delle antenne e così via.
Si può fare se ognuno accetta la propria quota di disagio, e
se chi non ha questi disagi accetta di pagare qualcosa di
più".
Vale a dire che si può pensare ad uno sconto per chi invece
l'energia la "esporta"?
"Il territorio deve avere dei benefici, questo è chiaro.
Però questo non lo può decidere la Regione o un Comune, e
nemmeno un'azienda come Tirreno Power. Deve esserci una
legge che preveda tagli sulle bollette delle imprese e delle
famiglie che vivono dove c'è una centrale, o minori tasse
sui rifiuti per chi ha una discarica nel comune dove abita e
così via".
Detta così sembrerebbe una riproposizione della famigerata
"penosa" per chi faceva un lavoro malsano?
"Ma non è vero, perché la base di tutto è che ci sarà meno
inquinamento. A Vado verranno messi filtri più potenti, i
depositi di carbone saranno coperti, verrà attuato un
monitoraggio ambientale la cui gestione sarà affidata a
soggetti super partes. Ci sono tutte le garanzie che gli
impegni saranno mantenuti".
Il problema resta quello di convincere gli amministratori e
le popolazioni?
"Capisco i sindaci. Non è pensabile che tutte le tensioni si
scarichino su di loro, devono esserci degli interventi a
monte, non solo per definire il quadro dei benefici, ma
anche per sostenere dei modelli di sviluppo, chiarire il
ruolo di ogni comunità locale e del suo territorio. La gente
deve essere informata di più, deve rendersi conto che non ci
sono rischi, che tutto è sotto controllo".
E che comunque è in discussione un grosso investimento?
"Sì, 625 milioni, 80 posti di lavoro diretti, 200
nell'indotto, quattro anni di cantieri con 250 occupati
medi. Sono cifre importanti che possono ridare slancio
all'economia locale. Ed è un progetto che può segnare
l'avvio di un percorso nuovo per le scelte energetiche
nazionali".
Sergio Del Santo