DUE PAROLE SU AMBIENTE E SVILUPPO NEL SAVONESE
di Giulio Save
Che sviluppo e ambiente non siano categorie in contrasto fra di loro ma possano non solo ragionevolmente convivere ma addirittura agire sinergicamente è cosa che ormai non può sfuggire ad una lettura appena meno che svogliata dell’odierno contesto sociale-produttivo.
Solo qualche accanito resistente, onorato ospite delle sacche di conservazione culturalmente residuali ancora presenti in organizzazioni difensive che pare si siano assunte il compito di ostacolare l’evoluzione della nostra struttura economica e sociale, può sostenere che per avere sviluppo non ci sia altra strada che sacrificare un po’ (loro graziosa concessione) d’ambiente.
E’ una posizione che, da sempre, sappiamo essere insensata, ma che viene ora clamorosamente sconfessata anche dalla pubblicazione di alcuni dati congiunturali regionali che evidenziano uno stato di salute piuttosto buono per l’economia locale e per l’occupazione nonostante la severa riduzione delle attività della grande industria. Eccone un piccolissimo stralcio da due punti di vista:
a) dell’economia: aumenta il PIL (+1,7%) che riaggancia la crescita italiana; crescono gli occupati (+4,7%), crescono le imprese attive (+948p); per la prima volta la Liguria batte il nord-est;
b) dell’occupazione: cresce l’occupazione nell’industria, perfino in quella manifatturiera che aumenta del 8,7%; complessivamente la Liguria segna un aumento del 2,5% contro il 2,3 del nord-est e il 2% del nord-ovest;
Sono dati in linea con quelli che fornisce da anni SavonaEconomica, e dunque sorprendono solo chi vuole farsi sorprendere. Essi mostrano che, qui da noi, sviluppo economico e aumento dell’occupazione hanno cominciato a migliorare proprio nei tempi in cui prese avvio quella trasformazione del tessuto produttivo che ha visto convertire l’eccedenza insostenibile di grande industria inquinante, paradigma di un’arcaica necessità d’accumulo ormai spenta, in media e piccola impresa diffusa e terziario. E’ un dato di fatto; ignorarlo è imprudente, ma soprattutto è autolesivo.
E’ una trasformazione prevista, annunciata, fisiologica, che certo implica un’alta intensità sociale, ma che sta finalmente smuovendo un sistema che era immobilizzato nella passiva sudditanza al grande al pesante allo sporco (che nel sentire popolare, astutamente coltivato dai “portatori d’interesse”, poteva rappresentare addirittura un sacrificio comprensibile, dovuto, quasi morale, sull’altare del “progresso”) per indirizzarlo verso attività meno distruggenti e più proficue. Cercare di riportarlo indietro continuando ostinatamente a riproporre iniziative devastanti a base di carbone e cemento, è ben più che un errore: è una scemenza. E quei dati lo dimostrano.
Quella trasformazione è ineluttabile e certo deve essere accolta e aiutata; ma, prima di tutto capita.
In “State of the World 2006”, si legge:”il deterioramento degli ecosistemi renderà più alti i rischi e i costi delle attività economiche” mentre “diventare una corporation responsabile non comporta necessariamente sacrifici finanziari, anzi molto spesso i risultati migliorano”.
Sembrerebbe la scoperta dell’acqua calda. Ma c’è chi ancora stenta a comprendere le brillanti opportunità offerte all’imprenditoria più avanzata dal “sistema ambiente”, particolarmente sinergico con le PMI, (ne posso parlare con un certo fondamento visto che lavoro nel settore più o meno da trent’anni) e guarda a quell’affermazione con sospetto. Mentre, tanto per dire, la General Electric, presentando un suo progetto di ricerca su tecnologie eco-compatibili affermava:”stiamo lanciando il programma non per essere alla moda o particolarmente etici, ma perché il programma accelererà la nostra crescita e ci renderà più competitivi.”. Vuol dire che GE è stata folgorata sulla via dell’ambientalismo e si è convertita ad un capitalismo, diciamo così, morale? Ma nemmeno per sogno. Non c’è nulla di particolarmente etico in questa dichiarazione; e d’altra parte nessuno glielo chiede. Semplicemente con quest’affermazione GE ha davvero colto intelligentemente il nocciolo della questione con l’attenta visuale del vero imprenditore. GE ha capito che l’avvenire dell’azienda è possibile solo se si prende atto che il peggioramento delle condizioni ambientali comporta inevitabilmente un peggioramento anche delle attività economiche, e che bisogna intraprendere di conseguenza.
C’è una scelta da fare e un momento da cogliere: o ci si sporge su questo paesaggio di fresche opportunità con intelligenza, audacia e rispetto degli altri interessi, come predicano da tempo anche le varie stakeholder’s theories e fanno gli imprenditori più avvertiti; o, respingendo la sfida, ci si rinchiude nell’egoistica sicurezza, invero solo apparente, del già noto (e spremuto) e, per usare un detto abbastanza famoso (“Così parlò Zaratustra”) si pensa a: “soddisfare una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute.”;
Una terza alternativa, naturalmente, è ignorare quei dati e quelle esperienze e, per progettare il futuro, affidarsi a oroscopi e tarocchi.
Giulio Save Osservatorio per la Qualità della Vita