TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni |
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UOMINI E BESTIE 8: Prospezioni dell’immaginario Puellae eaedem flores Prima parte
Ecco quanto si legge in due passaggi del Roman d’Alexandre di Alexandre de Paris (che sarà oggetto di una futura scheda di approfondimento).
Si tratta dunque di una foresta magica in cui l’esercito di Alessandro incontra delle dame di gran lusso, e assai generose cogli uomini dei loro favori, ognuna delle quali pare la proiezione antropomorfa dello spirito vitale di un albero[1] della foresta, tant’è vero che non possono allontanarsi da essa, pena la morte.
Non conosco nessuna attestazione classica della singolare fantasia, e non stupisce certo, perché questo bordello di lusso per nobili cavalieri si poteva fantasticare solo dopo secoli di sessuofobia cristiana, ma le puceles sono orientali e dunque… (come nei tempi piú bui della censura democristiana si concedeva però al cinema la visione delle negrette seminude, tanto non erano donne del tutto). In effetti, tra puellae e flores il rapporto canonico era uno solo:
Virgo Christi, si vis caelesti sponso digne placere; stude flores virgineos et munda lilia intus habere: et omnes sensus tuos foris a deceptionibus custodire. Cave milvum o simplex columba: fuge lupum mitis agnella; cave serpentem tibi approximantem, casta puella: ne per fenestras corporis intret ad cubiculum cordis; et corrumpatur puritas conscientiae tuae, per incautum visum vel turpem auditum: aut per ceteros sensus tuos pronos semper ad malum” (THOMAS A KEMPIS, Sermones ad nouicios regulares, p. 254 POHL).
E nel mondo greco:
Dell’Antike resta solo un pallido e anodino ricordo delle ninfe e dei culti arborei. Quelle cosí potremmo catalogare:
Dovremo riprendere in considerazione questo passo
esiodeo quando parleremo dei Giganti. Osserviamo qui che nei testi di
Boğazköy compare il cd. Ciclo di Kumarbi, il quale conta secondo
Hoffner (Hittite Myths, 1990) i sgg. poemi in lingua ittita,
tradotti da originali urriti perduti: Il canto di Kumarbi: 14 = CTH
[LAROCHE, Catalogue des textes hittites, 1971] 344
Il canto di Lamma: 15 = CTH
343
(La regalità del dio Kal) Il canto dell’Argento personificato: 16
Il canto di Hedammu: 17 = CTH
348 Il canto di Ullikummi: 18 =
CTH 345. Dopo la pubblicazione vi furono molti che notarono
le straordinarie somiglianze colla Teogonia esiodea. Scrive ad
es. il Wilhelm (The Hurrians, 1989, pp. 59-60):
There is no doubt about the parallels
between the Hurrian myth of succession and the Theogony of
Hesiod, the Greek poet living in Boeotia in about 700 B.C. Just as in
the Hurrian myth Anu, the god of heaven, is castrated by his son
Kumarbi, to be deposed in his turn by the weather god Teshup, so Kronos
becomes ruler of the gods after the castration of his father, Uranus,
god of heaven, only to be usurped by Zeus, the thunder god. Non va infatti dimenticato che la famiglia del
poeta proveniva da Cuma eolica, ove può aver avuto luogo la feconda
contaminazione (P. WALCOT, Hesiod and the Near East, 1966). Ecco
la trad. it. dall’ed. di Hoffner della parte meglio conservata del
Canto di Kumarbi (§ 2-7 = A I 7-41):
Molto tempo fa durante gli evi anteriori
Alalu era re nei cieli. Alalu era assiso sul trono e il possente Anu [Alalu
ed Anu sono fusi nell’Urano esiodeo secondo Duchemin], il primo degli
dei, stava in piedi innanzi a lui. Si prosternava ai piedi <di Alalu> e
gli offriva la coppa nella sua mano. Per nove anni Alalu fu re nei
cieli. Nel nono anno Anu mosse guerra ad Alalu e lo vinse. Alalu fuggí
dal suo cospetto e prese la via della Terra Oscura. Prese la via della
Terra Oscura e Anu si assise sul trono. Anu occupava il trono divino e
il grande Kumarbi [Crono] gli porgeva la bevanda. <Kumarbi> si
prosternava ai suoi piedi e gli offriva la coppa nella sua mano. Per
nove anni Anu fu re nei cieli. Nel nono anno Anu mosse guerra a Kumarbi.
Kumarbi, prole di Alalu, mosse guerra ad Anu. <Quando> non poté piú
reggere oltre <il lampeggío?> degli occhi di Kumarbi, Anu si liberò
dalle mani di lui e fuggí. Prese il volo verso il cielo, <ma> Kumarbi si
precipitò dietro di lui, afferrò Anu per i piedi [o “per le gambe”] e lo
fece precipitare dal cielo. <Kumarbi> morse le reni <di Anu> e la
virilità di lui si mescolò alle interiora di Kumarbi, come il bronzo.
Quando Kumarbi ebbe inghiottito la virilità di Anu si rallegrò e rise
rumorosamente. Anu girandosi indietro disse a Kumarbi: “Ti rallegri nel
tuo intimo perché hai ingoiato la mia virilità? Smetti di rallegrati nel
tuo intimo. Ho deposto in te un greve fardello. In primo luogo ti ho
ingravidato del nobile dio della tempesta [Teshub-Zeus]. In secondo
luogo ti ho ingravidato dell’irresistibile fiume Aranzah [il Tigri]. In
terzo luogo ti ho ingravidato del nobile Tashmishu. Tre terribili dei ho
collocati in te, quali grevi fardelli. In futuro finirai col picchiare
colla testa le pietre del monte Tassa”. Avendo pronunciato queste
parole, Anu si levò verso il cielo e vi si nascose. Kumarbi, il saggio
re, sputò ciò che aveva in bocca. Sputò dalla bocca saliva [?] e
<sperma> mescolati. Ciò che Kumarbi sputò, il monte Kanzurra ... passato
... lo spaventevole ... [probabilmente lo sputo di Kumarbi feconda la
terra come le gocce del sangue di Urano]. Quanto segue è frammentario: sembra che Kumarbi
occupasse il trono in Nippur e cercasse per lo meno di divorare Teshub
quand’era ancora dentro di lui, ma gli fu data da ingoiare una pietra di
basalto (cfr. theog. 485 sqq.); dopo sette mesi di
gestazione gli dei di cui era gravido tentarono di uscire dal corpo di
Kumarbi ma non sapevano donde, finché Teshub e il monte Kanzurra,
assistiti da levatrici, non passarono per “il buon posto” (l’uretra?).
Alla fine Teshub probabilmente sconfiggeva Kumarbi e prendeva il potere.
Le Meliadi, le ninfe dei frassini (l’albero ie. per eccellenza,
Yggdrasill o Mimameidr della tradizione norrena), furono le madri della
terza generazione bronzea (HES. op. 143 sqq.), una di esse
di Folo, il centauro ospite di Ercole (PsAp. II 83), e una di
Dolione, l’eroe eponimo dei Dolioni della Bitinia (Alessandro Etolo ap.
STRAB. XII 4, 8).
[1]
In latino arbor è femminile, come tutti i nomi di pianta,
e del resto è ovvio: gli alberi generano. I frutti sono neutri
perché sono di sesso indifferenziato. Quindi malus (il
melo, femm.) sta a malum (la mela, neutro) come in ted. die Mutter sta a das Kind. |