TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni |
A proposito del Signor Montgolfier Si legge nelle cronache che a spingere il signor de Montgolfier alla sua creazione fu la sua smodata autocelebrazione. Ricco, nobile e pio, praticamente un precursore della Rivoluzione proletaria, nel suo Castello, trasformato in una sorta di studio, invitava gli amici a vedere le sue scoperte ed invenzioni, lui che aveva cose importanti a cui pensare, da giovane cadetto aveva fatto fortuna grazie all’amicizia con Alemus e Rutelius, principi romani con i quali era solito partecipare alle feste che si davano alla corte per ottenere i favori del Principe. Cosi Montgolfier non solo crebbe, ma si gonfiò a tal punto che, quando passava e parlava, gli altri rimanevano muti dal timore che scoppiasse, ed invero si presentava bene al popolo che lo ascoltava timoroso di contrariarlo, specie quando un giorno, gonfio all’inverosimile, pensò e disse che avrebbe voluto realizzare una cosa simile a lui per poter guardare il mondo dall’alto in basso, cosicchè tutti ne sarebbero stati impressionati e lui ricordato nei secoli. Sapeva che Leonardo aveva studiato il volo degli uccelli, ma questi volavano e la gente non poteva guardarli se non di sfuggita, lui invece aveva bisogno di farsi notare come un simbolo, un faro. Così, in piena crisi mistica, pensando al faro, gli venne in mente una torre, l’eterno simbolo della sfida umana al cielo e a Dio, e decise che la sua torre, sarebbe stata tanto alta da essere vista anche dalle città vicine e che, anche da lontano, sarebbero accorsi a guardare quella sua meravigliosa creatura. Da quel giorno le Torri, altissime e storte, furono il suo pensiero fisso e costante. Forse fu per questa sua ossessione che dagli scaffali della libreria fece togliere e bruciare tutti i libri di Freud e altri pensatori imperialisti. Una notte, mentre pensava a una nuova Torre che gli aveva ordinato un mercante di legname Russo, diventato ricco dopo la caduta dello Zar, stanco dal pensare, andò a cena da Rutelius che doveva presentargli un altro mercante, ansioso di costruire in una città di mare un qualcosa a cui legare le paranze di amici di amici. Quando a cena gli fu chiesto se avesse qualche Idea, Montgolfier, disse che stava pensando a una cosa alta e cominciò a sciorinare numeri. I commensali ammutolirono, abituati com’erano alle loro casette con orto e gommone lo interruppero. Un invitato, persona usa a girar per boschi e valli, gli fece notare che era più alta dei monti e che la Torre avrebbe risentito dell’aria inquinata proveniente dalla terra dei Longobardi, popolazione che aveva mire sul contado anche se a certe condizioni, ad esempio, una strada non in terra battuta, ma con le fattezze delle vecchie vie consolari romane per questo la strada si sarebbe potuta chiamare Aurelia Bis. Rutelius approvò l’idea, l’impero romano era l’esempio non solo del governo ma anche dello stile di vita e i villici ne sarebbero stati entusiasti. Tornato alla magione e stretti i tempi, Montgolfier che, non era tanto stupido, prese il vecchio disegno fatto per il mercante russo e con un paio di forbici e un pò di colla modificò il disegno sino a quando la torre non fu dell’altezza voluta; era troppo stanco per pensare a simili quisquiglie, lui proprio lui che dava del tu a Rutelius e a tutta la corte romana. Con il disegno sottobraccio Montgolfier si reco nella città dei villici, che nel frattempo si erano preoccupati delle loro casette e orti e protestavano sotto la casa del Viceré, chiedendo pane e lavoro. Montgolfier zittì tutto il Gran Consiglio con il suo modo di fare, lo istruì sulle nuove idee che andavano di moda a Pietroburgo e nei nuovi territori dell’Arabia dove, dopo la spedizione di Napoleone in Egitto, aspiravano ad avere una torre, altro che quell’accozzaglia di travi e bulloni che un suo collega, un tale Eiffel, aveva costruito, tra l’altro gratis, a Parigi. Spiegò che erano finiti i tempi dell’orto e del gommone, che era giunto il tempo del nuovo. I loro problemi, anche economici, sarebbero stati risolti portando come esempio le cooperative di cammellieri che nel nord Africa portano a spasso i ricchi turisti e che già le mance erano, per loro, uno stipendio . Contestò ai villici il vivere male sparsi in borghi, stretti, nervosi e mugugnosi. Il Viceré e i suoi consiglieri per non urtarsi con Montgolfier e anche con Rutelius lo applaudirono e si presero l’impegno a zittire quelli che non erano d’accordo con l’idea. Ma, come sovente accade, i villici continuavano a protestare, nonostante i Maestri delle confraternite si dessero da fare per convincerli; Montgolfier ci rimase male, disperandosi e confidando ad un suo biografo che lui, proprio lui, così vicino al popolo, lo faceva solo per il loro bene e non per guadagno od onore. Qui si interrompe la cronaca del XVII secolo, ma da amici librai in quel di Roma e Mediolanum spero di trovare altre pagine di questa cronaca invero educativa, che rende onore a chi non per vil denaro si dedico alla crescita morale, spirituale e dell’arte il popolo villico e litigioso della Valle del Manubrio. IL Cronista De Bello Savonensis
|