Arte concettuale e il concetto dell’arte

ARTE CONCETTUALE
E IL CONCETTO DELL’ARTE

 

ARTE CONCETTUALE E IL CONCETTO DELL’ARTE

 Dopo l’arte astratta, composta di sole linee, figure geometriche e colori (che interpreta alla lettera la famosa definizione  di Cézanne :”Ricordarsi che un quadro – prima di essere un cavallo da battaglia, una donna nuda o un qualsiasi aneddoto – è essenzialmente una superficie piana ricoperta di colori messi insieme con un certo ordine”), dopo la concettualizzazione estrema del Quadrato nero su fondo bianco di Malevic e dopo il realismo materiale-oggettuale  dei ready-made di Marcel Duchamp, il passo successivo non poteva essere che l’abolizione stessa dell’opera, sostituita dall’idea o dal concetto di opera d’arte presente solo nel pensiero dell’artista, il quale, così pensando, “crea”. Che cosa? Prendiamo l’opera intitolata Una e tre sedie (1965) dell’artista americano Joseph Kosuth, che fu il primo a definire con l’aggettivo “concettuale”, alla metà degli anni Sessanta, la sua produzione artistica: l’opera è un insieme composto da una vera sedia, una fotografia a grandezza naturale della medesima e da un pannello con su stampata la definizione di sedia presa da un dizionario.

 
Quadrato nero su fondo bianco di Malevic

Dov’è l’artisticità di quest’opera? Semplice: nel concetto di quella sedia una e trina. Vediamo, infatti, la stessa sedia, o meglio, una sedia sotto tre aspetti diversi: due in immagine, e una rappresentata con parole scritte; nei primi due casi a nessuno verrebbe in mette di apporre un cartellino con la scritta “sedia”, la definizione tratta dal dizionario si riferisce tanto alla sedia vera quanto alla sua riproduzione fotografica, e così la sedia vera come la sua effigie, se potessero parlare, direbbero: quella voce di dizionario parla di noi, dice quello che siamo, cioè “sedie”, non tavoli, né divani, né poltrone, né armadi , né lampadari, né comodini da notte, né cassapanche, né letti, né…Insomma non si può continuare ad enumerare tutte le cose che non sono sedie; con una differenza ontologica, però: una delle due è l’originale in re, l’altra la sua riproduzione tecnica (per citare Walter Benjamin).

Evidentemente Kosuth ci pone innanzi il problema della relazione tra l’oggetto concreto, la sua immagine e la sua definizione verbale. Qui, nondimeno, più che di arte, mi permetto di osservare, sarebbe più appropriato parlare di filosofia: non ci troviamo forse di fronte al problema della realtà e della sua imitazione discusso, per esempio, all’inizio del decimo libro della Repubblica platonica tra Socrate e Glaucone? “Vuoi allora che – dice Socrate -. seguendo il metodo consueto, iniziamo la ricerca a partire da qui: siamo soliti porre ogni volta una certa singola ‘idea’ per ogni gruppo di più oggetti ai quali riferiamo lo stesso nome. O non comprendi?  ‘Comprendo’ ‘Poniamo dunque anche ora una pluralità di questi oggetti, quella che tu vuoi. Per esempio, se credi, ci sono, diciamo, molti letti e tavoli.’ ‘Come no?’ ‘Ma due sono, direi, le idee relative a questa mobilia: una del letto, una del tavolo.’ ‘Sì’ ‘E non siamo allora soliti dire che gli artefici di entrambi questi mobili, rivolgendo lo sguardo all’idea, hanno costruito in questo modo l’uno i letti, l’altro i tavoli di cui noi ci serviamo? E non accade lo stesso per ogni altra cosa? Perché certo l’idea stessa non la fabbrica nessuno degli artigiani.’ ‘Come potrebbe?’ ‘in nessun modo. Ma ora vedi che nome daresti all’artigiano di cui sto per parlare.’ ‘Quale?’ ‘Quello che fa tutte le cose che appartengono alla competenza di ognuno dei diversi dei diversi produttori.’ ‘Parli di un uomo di straordinaria bravura.’ ‘Aspetta: presto potrai dirlo a maggior ragione.


Una e tre sedie (1965) dell’artista americano Joseph Kosuth

Questo stesso artigiano non solo è capace di costruire ogni tipo di mobile, ma fabbrica anche tutto ciò che cresce dalla terra, e produce tutti i viventi, compreso se stesso, e per giunta produce la terra e il cielo e gli dei e tutto ciò che vi è nel cielo e sottoterra nell’Ade.’”Chi sarà mai questo superartigiano creatore di tutte le cose che sono in cielo, in terra e sottoterra? E siccome Glaucone dubita che esista un simile artista onnipotente, Socrate così argomenta: “Non ti rendi conto che anche tu potresti in qualche modo essere capace di fare tutto questo?’ E qual è questo modo?’ ‘Non è difficile, anzi è attuabile spesso e rapidamente, direi molto rapidamente, se vuoi prendere uno specchio e girarlo in ogni direzione: subito riprodurrai il sole e quanto vi è nel cielo, subito la terra, subito te stesso e gli altri viventi e mobili e piante e tutto ciò di cui ora si diceva’”. In questo esempio il Socrate platonico può essere considerato il più grande artista concettuale di tutti i tempi; ma la metafora serve a Platone per dimostrare la vanità delle immagini che riflettono le cose ma non sono le cose riflesse, così come un letto dipinto non è il letto costruito dall’artigiano. Sennonché chi ha fabbricato materialmente un letto, non per questo ha fabbricato l’idea di letto, ma solo quel particolare letto. Dunque, dove si trova il letto vero?


 Per Platone si trova solo nella mente di Dio, solo nella sua mente, infatti, abita l’dea, il concetto, l’eidos del letto da cui derivano tutti i letti che percepiamo con i nostri sensi, così quelli su cui possiamo sdraiarci per riposare come quelli rappresentati nelle pitture. Quindi, seguendo il ragionamento di Socrate, i letti risultano di tre tipi: il primo è il letto ideale nella mente di Dio, il secondo è quello fabbricato dal falegname e il terzo quello riprodotto dal pittore. Ma il letto vero è solo il primo, gli altri non sono che copie, anzi, quello dipinto è la copia di una copia…Se ora torniamo alle tre sedie di Joseph Kosuth ci rendiamo meglio conto di come “funziona” l’arte concettuale: è il concetto che si ha dell’artisticità di un oggetto a fare di quell’oggetto un’opera d’arte e non viceversa. Per Kosuth, l’arte è la sua definizione; in altri termini: è arte ciò che diciamo essere arte, ciò che importa è l’idea non l’opera, la quale può anche consistere in una serie di azioni sceniche (performance) riprodotte in video e moltiplicate ad libitum. Altri artisti concettuale sono gli americani Bruce Nauman e Lawrence Weiner, il tedesco Joseph Beuys e l’italiano Giulio Paolini, a mio modo di vedere il più “artista” di tutti. Ma intendo tornare su questo specifico argomento così significativo per comprendere l’arte contemporanea (e quindi il mondo in cui viviamo) nelle prossime settimane.

 Fulvio Sguerso

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