“Aperture domenicali si, aperture domenicali no”

“Aperture domenicali si,
aperture domenicali no”

“Aperture domenicali si, aperture domenicali no”

 Dopo le affermazioni del vicepremier Di Maio, si parla molto dell’argomento aperture domenicali. Il tutto ha scatenato un putiferio tra chi è favorevole e chi è contrario, si sono fatti sondaggi, milioni di post; una battaglia a suon di commenti sui social.

Scrivo questo articolo per chiarire con semplicità ciò che è stato dichiarato e qual è la realtà del settore retail.

Per cominciare bisogna chiarire che il vicepremier Di Maio ha affermato che la chiusura non sarebbe totale ma ci sarebbe una turnazione con il 25% dei negozi aperti e a decidere chi sarà aperto e chi chiuso saranno, come in passato, Sindaco e commercianti.


Essendo stata nel settore dal 1999 al 2015 come dipendente, vorrei chiarire, per far arrivare il messaggio a più persone possibili, qual è la vera situazione lavorativa dei dipendenti retail, e perchè non possono e non devono essere paragonati a medici, infermieri, vigili del fuoco, poliziotti, baristi, camerieri, ristoratori ecc ecc..

Ora sono un libero professionista, ho uno studio per consulenze incremento fatturati attività commerciali private, e sono docente di corsi di formazione per il settore, dove non dimentico mai di spiegare che cosa l’azienda si aspetterà da chi intraprende questo percorso lavorativo.

Per questo motivo voglio dar voce a tutte quelle persone, venditrici, venditori, commesse e commessi, che essendo all’interno della realtà aziendale spesso preferiscono non esporsi più di tanto.

Vi riporto pertanto la mia testimonianza da dipendente, sperando che finalmente tutti possano capire il perchè della battaglia portata avanti da anni sulla regolamentazione delle aperture dei negozi, che ha portato a condizioni di lavoro estremamente difficili.


Nel 1999 ho cominciato a lavorare in negozio, e così è stato sino al 2015. Ho dovuto lasciare. Premetto che chi sceglieva la ristorazione, la sanità e le forze Dell ordine sapeva di dover lavorare su turnistica. Noi ci siamo visti addosso, dal giorno alla notte, il decreto Monti. Ho lavorato e collaborato per più di 20 aziende strutturate retail. In 16 anni (e 19 anni fino ad ora come libero professionista) non ho visto un’assunzione per la turnistica domenicale. Prima si riposava 1 volta a settimana (riposo infrasettimanale) ora si arriva anche fino a 12 gg senza riposo, tanto nel settore è legale e a discrezione dello store Manager che agisce su direttive dell’azienda.

La domenica viene pagata come un giorno normale se va bene, se no si va a scalare le ore fatte la domenica, uscendo o entrando un’ora dopo ogni tanto. Ho visto persone piangere, ho visto persone con l’esaurimento, ho visto persone che non si sono più presentate ai turni di lavoro.

Ho fatto e faccio tutt’ora analisi matematiche su gli indicatori di performance delle attività commerciali e il fatturato che si faceva in 6 gg lo si fa ora in 7, e ormai anche meno. Non c è logica in tutto questo. Soprattutto pensando che vestiti e accessori non sono basilari. Ho cambiato lavoro pur rimanendo nel settore e mi sento dire “grazie, tu capisci”, si capisco perché la vita della commessa non è vita.

 


E la rabbia che provo nel sentir dire “ancora grazie che hanno un lavoro” non mi è mai passata. Non è lavorare, è buttare la propria vita alle ortiche. Non essere mai presente in famiglia, nelle giornate con gli amici, non poter sviluppare una vita sociale normale… Per una maglia, un pantalone o un paio di mutande, che per l’amor del cielo, finiamola di paragonarla a chi si occupa della nostra salute (dopo le 19 si chiama la guardia medica per permettere al medico di famiglia di riposare), all’ordine pubblico e ai ristoratori (che hanno scelto questa vita, o che comunque sanno a cosa vanno incontro).

Ma il vero punto della questione non è che le commesse non hanno voglia di lavorare la domenica, ma è che la domenica, come ho già detto, non viene pagata come dovrebbe.

Per capirlo bisognerebbe provarlo lavorando 1 mese nel settore e magari andare a fare una vetrina alle 6 del mattino senza essere pagati fino alle 9 (orario di aperture del centro commerciale) e uscire alle 18 (sentendosi dire dal Retail manager “vai GIÀ a casa!?!?”). E mettiamoci il forfait straordinari (dal 3° livello in su) di € 100 al mese (con 10 ore di straordinario alla settimana, fatevi due conti). Perché regalare ore della propria vita non significa lavorare, e magari fatelo un sorriso al commesso che vi serve la domenica.


Non ci saranno i licenziamenti perchè il numero di addetti non è mai variato, e in barba ai dati Istat, non considero assunzioni due giorni di voucher o contratti a chiamata. Vogliamo parlare degli inventari notturni? Della preparazione dei saldi notturni? Di legge dopo le 22 scatta la maggiorazione notturna, nel retail non è nemmeno straordinario, ma recupero ore.

Ma che fine ha fatto la solidarietà dei lavoratori? Ci sfugge che la vincita di uno è una vincita per tutti. Manca la comprensione, l’unità e la partecipazione. Se disgraziatamente quel giorno la commessa non è al top della forma, magari chiedetele il perchè invece di mandare mail di segnalazione all’azienda sentendovi “forti”.

La mia profonda stima a tutte le persone che ancora, con la loro forza, vanno avanti nel loro lavoro, mentre i figli crescono, i genitori invecchiano, gli amici si sposano.

 VALENTINA MELIS

 

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