ANALISI DEI MOVIMENTI

ANALISI DEI MOVIMENTI: I WOODSTOCK ALL’ITALIANA
IL “POPOLO VIOLA” ED IL “NO B- DAY 2”
MA L’OMERTA’ POLITICA NON FA BENE ALLA SINISTRA
(…Quei 20 giovanotti scelti col click che disprezzano le istituzioni…)

ANALISI DEI MOVIMENTI: I WOODSTOCK ALL’ITALIANA
IL “POPOLO VIOLA” ED IL “NO B- DAY 2”
MA L’OMERTA’ POLITICA NON FA BENE ALLA SINISTRA
(…Quei 20 giovanotti scelti col click che disprezzano le istituzioni…)
 

Nella ridda di fatti, episodi, iniziative che affollano il panorama della politica italiana intendiamo affrontare un tema che, a sinistra, dovrebbe grandemente interessare quanti pensano a costruire una nuova identità per quei soggetti che auspicano e perseguono l’idea di una profonda trasformazione degli equilibri politici e sociali: il tema è quello del rapporto tra politica e movimenti.

Prendiamo spunto da due episodi, il primo relativo allo svolgimento nello scorso week-end, con sede a Cesena, di una sorta di “Woodstock all’ italiana” promossa da un soggetto facente capo ad un comico televisivo ( un happening nel corso del quale comunque, stando alle cronache, si è più cantato che discusso): soggetto che, comunque, si è già presentato alle elezioni ed intende presentarsi anche ad eventuali elezioni legislative generali anticipate; il secondo riguardante l’adesione, a titolo personale, di un possibile presunto e futuribile leader del centrosinistra ( e portavoce di una movimento politico organizzato) alla manifestazione del “popolo viola” prevista a Roma per sabato prossimo e denominata “No B-day2”.

All’interno delle situazioni appena descritte emergono elementi di forte contraddizione che non possono essere sottaciuti, salvo trincerarsi dietro ad una omertà politica che non farebbe il bene della già claudicante sinistra italiana: non possiamo, comunque, arrenderci e farci trascinare da correnti d’opinione in questo momento apparentemente maggioritarie.

Andiamo, allora, per ordine: la prima contraddizione che ci pare di dover rilevare è quella tra movimenti d’opinione che agiscono come soggetti nella società e movimenti che si trasformano automaticamente in partiti nel momento in cui si presentano – appunto – alle elezioni.

E’ il caso, deve essere ricordato con chiarezza, del “movimento” promotore del raduno di Cesena, che si è già presentato ad elezioni locali, superando in qualche caso la soglia utile per ottenere una rappresentanza istituzionale: questo fatto ha già messo in moto, almeno stando alle cronache giornalistiche, meccanismi di competizione e di separazione interna attraverso dinamiche tipiche della logica dell’ “autonomia del politico” sul terreno proprio della collocazione istituzionale, della legittimità di mandato, del finanziamento del movimento attraverso fonti pubbliche (indennità di funzione degli eletti, formazione dei gruppi consiliari, ecc, ecc).

Di fronte a questo tipo di problematiche (apparentemente inevitabili) è necessario un discorso di verità sulla natura dei movimenti che si fanno partito che affronteremo più avanti (ricordando, senza trascriverlo integralmente, l’articolo 49 della costituzione, in particolare dove si scrive “con metodo democratico”).

Il secondo caso, quello dell’adesione di un leader di pretesa dimensione nazionale ad una manifestazione indetta da un movimento emerge il tema di una concezione di subalternità ad un certo tipo di logica concernente la dinamica di massa da parte del partito politico: il partito politico viene infatti concepito come circoscritto, nella sua funzione e nella sua azione, ad una logica di tipo meramente movimentista (per certi versi analoga a quella utilizzata da quei soggetti politici che si muovono esclusivamente sulla base delle indicazioni fornite dai sondaggi d’opinione) e che si collega direttamente al processo di trasformazione del “partito pigliatutti” in partito “personale – elettorale”.

L’esempio storico cui si può riferire, quale punto di svolta per l’adozione di questo tipo di meccanismo in una dimensione fortemente visibile, rimane quello riferito al PRC in occasione del G8 di Genova del 2001, allorquando quel partito scelse di “sciogliersi” all’interno del Social Forum, rinunciando a svolgere quel ruolo di direzione politica ed anche di pedagogia politica che dovrebbero costituire un elemento essenziale di identità per una forza che si pretende erede della migliore tradizione della sinistra, anche sul piano internazionale.

Il punto di fondo di questo stato di cose, però, deve essere inquadrato sotto un aspetto che rimane, almeno a nostro giudizio, assolutamente fondamentale per la prospettiva stessa dell’intero sistema politico italiano.

Assistiamo infatti ad un rovesciamento nel rapporto “storico” tra policy (termine con il quale si indicano le leggi o altri atti giuridici attuati dal potere politico per gestire la cosa pubblica) e politics (termine con il quale si definiscono le dinamiche attuate dai vari partiti o gruppi di pressione per riuscire a conquistare il potere politico).

Nella sostanza si antepone la figura del leader carismatico (inteso come detentore di un potere assoluto) ai progetti ed ai programmi politici, fondando proprio l’azione politica sulla gestione del potere: gestione da presentare direttamente alle masse al di fuori dal compito di filtro, raccolta di consenso, mediazione svolto dai cosiddetti “corpi intermedi”.

La gestione del “potere” (anche quello di affabulazione nei confronti di un pubblico che assiste alla politica come a teatro, in TV o fuori dalla TV) sfugge così ad una idea di rapporto tra mezzi e fini ( che risulta rovesciato, come abbiamo visto), con la razionalità affidata semplicisticamente ad una sorta di “logica di senso” (in questo l’omologazione con la logica di esercizio del potere attualmente sviluppata dalla maggioranza di centrodestra, di cui sostanzialmente si producono “a specchio” i meccanismi di “movimentazione politica”, in una dimensione fortemente “ avanguardista – futurista”).

Circa il ruolo dei corpi intermedi, ovviamente, c’è molto da discutere dopo la fortissima accelerazione del meccanismo di burocratizzazione e di professionismo politico (fenomeni comunque già ampiamente studiati al momento della formazione dei grandi partiti di massa, da Pareto, Mosca, Michels, Weber le cui analisi rimangono di stretta attualità) verificatasi, all’interno del sistema politico italiano, nel corso degli ultimi decenni: pur tuttavia non possiamo negarne l’indispensabilità, sia sul terreno della rappresentanza politica (partiti) sia della rappresentanza sociale (sindacati, associazioni).

E’ necessario aprire una discussione seria su questi punti, comprendendo anche il tema della selezione del personale politico (non solo al riguardo del territorio, sul piano orizzontale, ma anche in senso verticale: della costruzione di un gruppo dirigente, inteso in senso lato).

Lascia sgomenti l’idea del disprezzo delle istituzioni da parte di chi vorrebbe occuparle con 20 giovanotti scelti conclick” sul web: ricordando ancora come questo appaia un modo furbesco per nascondere il tema vero, quello del potere, di chi lo esercita e con quali funzioni.

Una volontà di occultare il tema di fondo che rimane quello della qualità della nostra democrazia, in una Repubblica che intendiamo mantenere fondata sulla Costituzione che ne indica, con chiarezza, l’incontrovertibile assetto parlamentare.

Savona, 28 Settembre 2010                                               Franco Astengo

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