Allergie e quei miti da sfatare

Cresce il numero di persone che soffrono di questi problemi legati alla alimentazione: ne parliamo con la dottoressa Truffelli

Allergie e quei miti da sfatare

Cresce il numero di persone che soffrono di questi problemi legati alla alimentazione: ne parliamo con la dottoressa Truffelli

Allergie e quei miti da sfatare

 “Stanno proliferando sistemi diagnostici alternativi e discutibili che portano a soluzioni potenzialmente dannose” 

 

 

Negli ultimi anni è cresciuto quasi esponenzialmente il numero di persone che soffrono di una qualche intolleranza o allergia alimentare. I più, tuttavia, non hanno chiara la differenza tra i due scenari e per i pazienti non è agevole districarsi nella giungla di test, analisi e diagnosi più o meno accurate e attendibili. “L’allergia è una reazione improvvisa dell’organismo a una sostanza, con sintomi gravi come svenimento e gonfiore che possono avere conseguenze fatali – spiega la dottoressa Tiziana Truffelli, allergologa e immunologa – per questo motivo i soggetti con provate allergie alimentari, ma anche punture di insetti, hanno sempre con sé un iniettore di epinefrina da usare in caso di shock anafilattico”.

Uno scenario serio che la scienza sta cercando di affrontare da una nuova prospettiva. “A causa della gravità e della repentinità della reazione, gli allergici sono relativamente pochi e devono prestare molta attenzione a ciò che mangiano – prosegue – tuttavia studi recenti hanno evidenziato come evitare gli alimenti a cui si è allergici aggravi la situazione, mentre un’introduzione controllata e monitorata può aiutare ad alzare la soglia di resistenza”. 

La ormai famosa celiachia viene erroneamente “identificata come reazione allergica. “In realtà è una malattia autoimmune per cui l’organismo stesso crea anticorpi contro la gliadina, una proteina presente nel glutine, rendendone impossibile l’assorbimento – spiega Truffelli – la diagnosi avviene con esami clinici ed è sufficientemente accurata, seppure persistano molte eccezioni e atipicità”.

A complicare le cose arrivano poi le allergie crociate. “Alcuni alimenti hanno una composizione proteica simile a quella di acari e pollini – spiega – quindi il consumo di tali cibi, specie nei periodi di picco dei fenomeni allergici respiratori, può provocare ulteriori reazioni”. 

Meno certo è invece il panorama delle  intolleranze. “Si tratta di una carenza enzimatica che rende difficile la digestione di alcuni cibi – precisa la dottoressa – la più nota è quella al lattosio, caratteristica delle persone caucasiche. Dopo i 15 anni di età il nostro corpo non produce più lattasi e quindi l’ingestione di latte può causare fastidio a livello intestinale”.

Una gamma di sintomi che genera confusione. “Non vi sono test attendibili per identificare un’intolleranza – puntualizza – stanno però proliferando sistemi diagnostici alternativi di valore medico e scientifico molto discutibile che   forniscono   risultati aleatori e portano a ‘soluzioni’ potenzialmente dannose per la salute”. No quindi all’esclusione indiscriminata di determinati alimenti.  “È una falsa soluzione a un falso problema, o meglio, a un problema identificato in modo scorretto. I disturbi gastrointestinali possono dipendere da svariate cause – argomenta la dottoressa Truffelli – il cibo diventa un facile capro espiatorio su cui scaricare la responsabilità di un malessere.

Certamente eliminare il frumento porta a perdere peso e dunque, secondo una logica distorta del nostro tempo, a star bene, ma non è garantito che il problema a monte sia risolto. Anzi, spesso si finisce per diventare schiavi del nuovo regime alimentare, con tutti i rischi del caso”.

Un cortocircuito diagnostico e curativo che nasconde una carenza sanitaria. “A monte manca la cura nei confronti del paziente – attacca la dottoressa – le tempistiche per le visite si sono accorciate e non sempre è possibile prestare a ciascuno la doverosa attenzione. Si tende a indirizzarli allo specialista che si ritiene più adatto, ma a seguito di una visita sommaria che inevitabilmente difetta in precisione”.

Gli allergologi si trovano così a dover dipanare matasse aggrovigliate. “Ci arrivano persone già sfiduciate o persino rovinate da auto-diagnosi e cure fai-da-te – conclude – sarebbe auspicabile un approccio più vecchio stile, che valuti la persona nella propria complessità, per identificare il sintomo di una patologia spesso non legata a una fantomatica intolleranza ma a una banale problematica fisica o a un disagio psicologico”

 

MARCO CALLERI Il Letimbro

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