Alcune considerazioni sull’immigrazione

Alcune considerazioni
sull’immigrazione

Alcune considerazioni sull’immigrazione

 

Da quanto rilevabile dalle statistiche ISTAT, la popolazione residente in Italia ha raggiunto il valore massimo ad inizio 2015 attestandosi sui 60milioni 808mila residenti, con un aumento demografico, rispetto all’anno precedente, pari allo 0,4 per mille, il più basso rilevato negli ultimi dieci anni. Al primo gennaio 2016 i residenti erano già calati a 60milioni 656mila unità.

Il rapporto dell’ISTAT sulla demografia italiana del 2016 stima che la popolazione italiana al primo gennaio 2017 si attesti a 60 milioni 579mila residenti con un calo di 86mila unità rispetto all’anno precedente (-1,4 per mille).

La perdita di residenti tra l’inizio del 2015 e l’inizio del 2017 risulterebbe di oltre 220mila unità, una città come Padova. Si tenga tra l’altro conto che la provincia di Savona ha una popolazione di poco inferiore alle 280mila unità.

I freddi numeri delle statistiche indicano che è dal 2008 che si registra una decrescita del numero delle nascite e già a partire dal 2007 non viene raggiunta la quota 500mila, nel 2016 il numero di nascite si colloca intorno alle 473mila unità. Tale fenomeno è presente in quasi tutti i paesi europei e gli esperti di demografia non possono non notare il parallelo con la crisi economica iniziata appunto tra il 2007 ed il 2008. Se prima dell’avvento dell’industrializzazione a determinare contrazioni della popolazione erano principalmente carestie e pestilenze, oggi non si muore più di fame, ma una delle cause che influisce sul numero di nascite è l’insicurezza che nel futuro le condizioni di vita potranno essere peggiori del presente, a causa delle incertezze della congiuntura economica. È da evidenziare che la crisi economica del 2007-2008 ha manifestato i suoi effetti più devastanti tra le potenze economiche a più alto grado di industrializzazione e benessere, determinandone un declino rispetto alle nuove potenze emergenti asiatiche.

Le statistiche rilevano anche altre tendenze migratorie, che interessano cittadini italiani di origine asiatica che vanno in cerca di occasioni migliori emigrando.

Altro fatto che evidenzia il progressivo invecchiamento della popolazione residente in Italia è che nel 2016 il saldo totale tra nascite e decessi è risultato negativo per quasi 142mila unità. Se si considerassero i soli cittadini italiani residenti il saldo negativo arriverebbe a quasi 205mila unità, mentre risulta essere positivo per i cittadini stranieri residenti in Italia per quasi 63mila unità.

Negli ultimi 30 anni i flussi migratori hanno contribuito all’aumentare della popolazione italiana, questo fenomeno sembra però essersi arrestato a partire dalla seconda metà di questo decennio, infatti come già accennato dal 2016 la popolazione è tornata a decrescere. Le cause possono essere spiegate col fatto che seppur i saldi migratori risultano essere sempre positivi, ma in decremento, questi non riescono più a compensare l’invecchiamento naturale della popolazione.

Altre curiosità rilevabili dalle statistiche demografiche periodicamente elaborate dall’ISTAT, è che nel 2016 il saldo naturale della popolazione è risultato negativo in tutte le provincie italiane, ad esclusione di quella di Bolzano che ha registrato un saldo positivo pari al 2,3 per mille. Il tasso di crescita a livello nazionale risulta essere negativo per il 2,3 per mille, gli esperti di demografia definiscono il fenomeno inverno demografico. La Regione più fredda risulta essere la Liguria con il primato negativo del saldo naturale della popolazione che si attesta a meno 7per mille.

Saldo demografico (fonte ISTAT)

Altra considerazione da fare è quella della distribuzione della popolazione in base alle fasce di età. L’aumento della popolazione nelle fasce di età più avanzate, dovuto al miglioramento delle condizioni di vita ed il contestuale calo delle nascite, ha reso l’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo. Sul grafico è riportata nelle due tonalità di grigio (linea continua) la distribuzione della popolazione in base alle fasce di età che si aveva nell’anno 2007, interessante notare che mentre nel 2007 il picco si aveva tra i 30 ed i 40 anni, 10 anni dopo questo picco si è spostato nella fascia tra i 40 ed i 50 anni. Questo sensibile invecchiamento si traduce nel fatto che al gennaio 2017 le statistiche riportavano un’età media della popolazione italiana di 44,9 anni, mentre dieci anni prima, nel 2007, era di 42,9 anni.

Questi ammanchi di popolazione nelle fasce di età più attiva (20-49anni), con l’aggravante della continua diminuzione delle nascite, non potranno che essere causa, nell’arco dei prossimi 10-15anni, di pesanti problemi di tenuta per l’economia di un paese ad alto tasso di industrializzazione quale è l’Italia. Le proiezioni statistiche stimerebbero questo ammanco in circa cinque milioni di unità.

Distribuzione popolazione per fasce di età (fonte ISTAT)

Si può ben capire che riuscire ad invertire il saldo naturale della popolazione per via “autarchica”, in modo da ricostituire nel giro di 10-15 anni la distribuzione per fasce di età della popolazione che si aveva solo nel 2007 è un’impresa poco probabile. L’unica via praticabile non può che essere “l’importazione” ossia, almeno nel breve periodo, ricorrere all’immigrazione.

L’ex Ministro della Salute nel secondo Governo Prodi, Livia Turco, nel suo blog sull’Huffington Post Italia riporta che cento imprenditori piemontesi hanno scritto a Prefetto e Sindaco di Torino ed al presidente della Regione, di poter essere messi nelle condizioni di assumere dei migranti “sono ragazzi che hanno imparato un mestiere e sono una risorsa importate per la nostra economia”. I migranti a cui si fa riferimento nell’articolo sono rifugiati che hanno presentato una domanda di asilo e nell’attesa di risposta da parte delle autorità competenti si sono trovati un lavoro. Per un imprenditore che ha speso risorse e tempo per formare della manodopera, non sarebbe una buona prospettiva dovervi rinunciare per motivi burocratici o legati alle dispute politiche del momento, per spartirsi una manciata di voti.

Sul fatto che questo gruppo di imprenditori piemontesi sia ricorso ad un bacino di manodopera straniera, bisognerebbe interrogarsi sui motivi. Ad esempio le figure professionali ricercate non siano state trovate tra la manodopera italiana disponibile, oppure se le condizioni di lavoro offerte da quegli imprenditori, fossero troppo esigue per essere accettate da italiani o da lavoratori comunitari provenienti da paesi a livello di sviluppo e condizioni confrontabili con quelle italiane. Comunque per l’ex Ministro Livia Turco la via da seguire, anche per l’Italia, sarebbe quella già intrapresa dalla Germania della Cancelliera Angela Merkel.

La cancelliera tedesca al contrario della maggior parte della classe politicante italiana, ha ben chiara la questione che se la Germania vuole continuare ad essere la “locomotiva” d’Europa e di poter competere con le maggiori potenze a livello globale, ha la necessità di garantirsi una forza lavoro in grado di mantenere in efficienza l’apparato produttivo tedesco. La Germania accoglie e protegge i migranti, ma in cambio esige che questi migranti si inseriscano proficuamente negli ingranaggi che muovono l’industria tedesca.

A tale riguardo bisogna notare che le condizioni demografiche tedesche sullo stato di invecchiamento della popolazione sono molto simili a quelle italiane. Gli esperti di statistica definiscono l’indice di vecchiaia come rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e oltre e la popolazione di età 0-14 anni. Le statistiche ISTAT del 2014 fissavano questo valore per la Germania a quota 159,9% subito seguita dall’Italia a quota 157,7%. Italia e Germania risultano essere i due paesi europei con questo indice statistico più elevato, mentre il paese più giovane risulta l’Irlanda con indice pari al 100%.

Tra le regioni italiane i numeri per la Liguria risultano essere impietosi, con un indice di vecchiaia pari a 246,5% si conferma anche per questo parametro la regione italiana più vecchia, mentre all’opposto si riscontra la Campania con un indice pari a 117,3%.

Se la manodopera locale scarseggia vuoi perché troppo vecchia vuoi perché non trova corrispondenza con le richieste della classe imprenditoriale, l’afflusso di manodopera straniera può anche essere funzionale ad incrementare l’offerta. Si aumenta quindi la concorrenza tra i lavoratori salariati e di conseguenza si determina una diminuzione del costo del lavoro, una vera manna per i nostri industriali alle prese con la concorrenza asiatica. Non potendo svalutare la moneta per poter essere più competitivi, è necessario ricorrere alla svalutazione del costo del lavoro.

Profughi Caporetto

Il problema della concorrenza e della diffidenza tra manodopera e popolazioni locali verso quelle straniere si ripropone spesso nella storia. Su un articolo del settembre 2017 comparso sul giornale dei vescovi italiani, Avvenire, viene posta l’attenzione sul fatto che i profughi friulani sarebbero stati «Poco avvezzi al lavoro». Per profughi friulani si intendono le centinaia di migliaia di civili, principalmente donne vecchi e bambini, che per sfuggire alle devastazioni del primo conflitto mondiale, dove le maggiori potenze dell’epoca si scontrarono per conquistare nuovi territori e mercati, dopo la disfatta di Caporetto del 24 ottobre 1917, i civili friulani cercarono rifugio in varie parti d’Italia. Secondo quanto riportato sull’articolo, questi profughi della guerra spesso non trovarono il favore delle popolazioni locali. I più fortunati, destinatari di piccoli sussidi da parte dell’allora Governo del regno d’Italia furono tacciati di essere dei parassiti e quindi di essere incentivati a non trovarsi un lavoro.

Al contrario quando gli sfortunati profughi, pur di lavorare per guadagnarsi un tozzo di pane, il lavoro lo trovarono accettando condizioni inferiori a quelle della manovalanza locale, si generarono, anche in questo caso, dei malcontenti tra le popolazioni indigene. Una vera guerra tra poveri in cui a trarne i frutti sono, allora come oggi, quei soggetti interessati a poter disporre di una manodopera flessibile ed a basso costo.

L’inverno demografico che colpisce i paesi più avanzati i flussi migratori, determinati anche dal mutare delle condizioni economiche di molti paesi in via di sviluppo oltre che dalle tensioni internazionali ed alle guerre dovute alla competizione sempre più serrata tra nuove e vecchie potenze, sono tutti fenomeni che caratterizzano l’attuale periodo storico, determinando incertezze e paure. Incertezze e paure a cui una classe politica cialtrona non sembra essere in grado di dare risposte credibili.

Dal punto di vista di chi maggiormente subisce questi repentini mutamenti ossia le classi salariate, per non essere strumento di interessi altrui è sicuramente necessaria una maggiore comprensione di questi fatti, un’organizzazione sindacale di respiro europeo appare sempre più necessaria.

Mauro Gamalero                 11 Febbraio 2018

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.