AL CINEMA, NELLE SALE DELLA PROVINCIA

RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO
AL CINEMA, NELLE SALE DELLA PROVINCIA
Chernobyl Diaries – La Mutazione

 

RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO 
AL CINEMA, NELLE SALE DELLA PROVINCIA
Chernobyl Diaries – La Mutazione


 

 Uscita Cinema: 06/2012

 

Genere: Horror, Thriller

Regia: Bradley Parker

Sceneggiatura: Oren Peli

Attori:

Ingrid Bolsø Berdal, Dimitri Diatchenko, Olivia Dudley, Jesse Mccartney, Devin Kelley, Nathan Phillips, Jonathan Sadowski

Fotografia: Morten Søborg

Musiche: Diego Stocco

Produzione: Filmnation Entertainment

Distribuzione: M2 Pictures

Paese: Usa 2012

Durata: 86 Min

Formato: Colore

Recensore Biagio Giordano

Indispensabile premessa storica sulla città di Pri’pyat’in Ucraina:

 

 

 

Pryp”jat’ (Прип’ять in ucraino, Припять – Pripjat’ in russo, Pripyat in Europa) è una città dell’Ucraina situata vicino al confine nord bielorusso, a circa un centinaio di km dalla capitale Kiev, nella estesa zona acquitrinosa della Polesia. È una città fantasma in quanto sorge vicino alla famosa centrale Cornobil’s’ka (conosciuta con il nome di centrale nucleare di Černobyl’), nota per aver avuto un grave incidente  nucleare che ha liberato nell’aria mortali dosi di radiazioni.

Secondo alcune attendibili informazioni da Wikipedia,  la città oggi è quasi del tutto disabitata. Le strade, dal 1986, seppur ancora agibili sono raramente percorse da veicoli. Alcune vie  sono state sbarrate   impedendo ogni accesso.

Nonostante i severi controlli della polizia, sembra che nella città vi siano ancora  centinaia di persone, alcune sono tornate nelle loro case e altre vivono nell’area intorno alla centrale nutrendosi di prodotti agricoli e bevendo, con grave pericolo, l’acqua proibita dei torrenti:  in cui abbondano tra l’altro pesci contaminati e mostruosi.

Per accedere all’area occorrono permessi speciali che vengono rilasciati esclusivamente per  lavori di igiene e  sicurezza della città o per un turismo guidato. All’uscita dalla zona vengono poi misurate le radiazioni presenti nei  corpi di ciascun visitatore, se risultano alte, i contaminati sono obbligati a fare una doccia studiata appositamente contro il contagio.

Sempre da informazioni via internet sembra che numerosi veicoli militari dell’Unione sovietica,  accantonati nel 1986 a causa dell’elevato quantitativo di radiazioni assorbite, giacciano in un’enorme discarica a cielo aperto, nella vicina frazione di Rossokha. Essi formano tuttora una delle parti più contaminate di Pripjat’.

Questa sorta di  aldilà umano vede come  protagonisti  gli animali. Non più sotto la tutela e il rigore imposto dall’uomo essi possono circolare in piena libertà. Hanno occupato abitazioni e strutture abbandonate e non è raro incontrare un lupo, un orso grigio o una volpe che attraversano la strada o qualche pericoloso branco di cani desiderosi di aggredire persone isolate o gruppi di persone che mostrano loro incertezze e paure.

Secondo dati di Wikipedia, attualmente a Pripyat i livelli di radiazione si aggirano tra i 15 – 300 micro-roentgen per ora, quindi non sono letali (per una dose letale ci vogliono tra i 300 – 500 micro-roentgen per ora).

La città, la cui costruzione iniziò il 4 febbraio del 1970, fu pensata per ospitare i lavoratori ed i costruttori della centrale nucleare di Černobyl’ distante circa tre chilometri a sud-est,  con annesso anche il personale dei vari servizi sociali e le loro famiglie. Negli anni successivi, data anche l’elevata qualità della vita a Pripjat’ relativamente alta rispetto al resto dell’Unione Sovietica, vi si insediarono molte persone che non  avevano a che fare con la centrale  né direttamente né indirettamente, essi incrementarono notevolmente la popolazione.  Nel 1986, anno dell’abbandono, la città contava circa 47.000 abitanti.

Il giorno dell’evacuazione, tramite un altoparlante i cittadini di Pripyat furono informati della procedura di sgombero  con queste parole ricavate da Wikipedia:

Lo sceneggiatore Oren Peli

«Per l’attenzione degli abitanti di Pripyat! Il Comune informa che a causa dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, nella città di Pripyat le condizioni radioattive nelle vicinanze si stanno deteriorando. Il Partito Comunista, i suoi funzionari e le forze armate stanno prendendo misure necessarie per combattere gli effetti di questo incidente. Tuttavia, al fine di tenere le persone e soprattutto i loro figli più al sicuro e sani possibili, con la massima priorità, abbiamo bisogno di evacuare temporaneamente i cittadini nella vicina città di Kiev. Per queste ragioni, a partire dal 27 aprile 1986 ogni condominio avrà un bus a sua disposizione, sotto la supervisione da parte della polizia e dei funzionari della città.

E’ altamente consigliabile prendere i documenti, alcuni effetti personali e una certa quantità di cibo, per ogni evenienza. Gli alti dirigenti di strutture pubbliche e industriale della città hanno deciso l’elenco dei dipendenti necessari a Pripyat per mantenere queste strutture in un buon ordine di lavoro. Tutte le case saranno sorvegliate dalla polizia durante il periodo di evacuazione. Lasciando la residenza temporaneamente, si prega di assicurarsi di avere spento le luci, le apparecchiature elettriche e chiuso l’acqua e le finestre. Si prega di restare calmi e ordinati nel processo di questo breve periodo di evacuazione. »

Pripjat’  aggiungeva  lustro alla sua immagine più pubblicitaria  acquisendo di fatto  il sopranome  “la città dei fiori”. Numerose  erano le aiuole e le zone fiorite, esse si trovavano  configurate con gusto artistico nelle vie e nelle piazze. Pripyat era anche una città considerata   moderna, i servizi pubblici  erano ben organizzati, c’erano  due ospedali, un grosso supermercato, due Alberghi, numerosi ristoranti e bar, sale cinematografiche, un teatro,  una piscina coperta  attiva anche dopo l’incidente. Oggi una delle caratteristiche di questo insediamento urbano è di essere rimasto praticamente come fu lasciato dagli abitanti, fatta eccezione per i danni causati dal tempo e da quella delinquenza di rapina priva di ogni pudore denominata di sciacallaggio.

Secondo fonti tratte da alcuni blog di internet, gli abitanti di Pripyat erano stati falsamente rassicurati circa il loro ritorno in città: previsto per non oltre tre settimane dall’evacuazione. Le informazioni pubbliche  asserivano trattarsi di “un non grave incidente” avvenuto nella centrale della zona, ma a parte qualche cittadino  del tutto incurante dei pericoli, la maggior parte degli abitanti non fece più ritorno a casa.

Nel racconto filmico di Parker, Chernobyl Diaries – La Mutazion, gli statunitensi Chris, Natalie, la sua ragazza, e Amanda appena uscita da una difficile relazione sentimentale, decidono di visitare l’Europa.  Si recano a Parigi, Londra, Roma, Venezia,  filmando monumenti e situazioni curiose e immettendo poi tutte le immagini in rete per il piacere degli amici e dei parenti, dopodiché fanno tappa a Kiev dove si è trasferito da anni per lavoro Paul, fratello di Chris.

Dopo Kiev c’è in progetto di andare tutti insieme a Mosca, ma Paul, desideroso di emozioni forti, suggerisce di visitare per almeno due ore  Pripyat, con un furgone-pulmino del suo amico Uri che gestisce un’agenzia specializzata in Turismo estremo. I giovani americani accettano e al momento della partenza si aggregano a loro altri due turisti: Michael e la sua fidanzata Zoe.

 

Arrivati all’ingresso  principale della città, controllato dai militari, viene loro impedito l’accesso  per improvvisi lavori di manutenzione. Uri, per non restituire i soldi ai turisti, ripiega allora su una strada secondaria e giunto nei pressi di Pripyat attraversando un  bosco,  scende dal furgone per  rimuovere uno sbarramento mobile di ferro spinato che  impediva  l’ingresso; un gesto sinistro che  trasgredendo a delle regole sembra voler preannunciare i maggior guai cui andranno  incontro i   giovani.

Dapprima il gruppo visita, con grande turbamento e pietà i resti del Luna Park dove il 26 aprile del 1986 bambini e ragazzi si preparavano a festeggiare il 1° maggio dedicato alla primavera.

Poi, preso a caso un palazzo da visitare il gruppo scopre ai piedi  del suo portone una carogna di cane-lupo che stupisce Uri  perché non ne aveva mai viste, i ragazzi si inoltrano quindi in stanze e corridoi fatiscenti, avvertendo tutte le emozioni che possono dare gli effetti personali come le fotografie appese, i libri, le cucine, le cartoline firmate, i giocattoli dei bambini, lasciati dalle famiglie evacuate  che nonostante le promesse fatte  dalle autorità non  sono più tornate  a casa.

 Con un segnalatore di radioattività in mano, i turisti  si inoltrano, sempre più  stupiti e incuriositi, in ogni anfratto della costruzione,  scoprendo via via  sinistre presenze: un orso grigio impaurito scappa verso l’esterno quasi sfiorandoli, rumori strani di vaga origine  spaventano e lasciano perplessi. Tutto viene video registrato dai ragazzi dando al film di Parker una caratterizzazione stilistica bipolare, dove il dilettantismo delle immagini riprese dai personaggi-turisti si alterna a quelle  professionistiche dello staff del film, le une diventano emozione del reale le altre emozioni legate a risultati di  una più accurata ricerca della forma estetica  compositiva della inquadratura.

 

Verso sera, al momento di ripartire, il motore del furgone di Uri non si avvia, l’autista scopre con sgomento che sono stati tagliati i cavi dello spinterogeno. Attivata la radio per chiedere soccorso nessuno risponde alla sua chiamata. Il gruppo ormai terrorizzato comincia ad avere visioni ambigue, un bambino appare nel buio senza che i turisti possano  stabilirne con certezza l’esistenza reale, intorno al furgone i rumori e le sembianze confuse di esseri aggressivi si fanno sempre più consistenti  frastornando gli occupanti il mezzo che continuano a riprendere tutto con il video.

A un certo punto l’autista Uri  tira fuori la pistola ed esce per fronteggiare con coraggio la situazione.

 

Riusciranno i ragazzi a svelare il mistero di Pripyat e a proseguire il loro viaggio verso Mosca?

Questo film di Parker, che è alla sua prima esperienza in un lungo metraggio, sceneggiato da Oren Peli, famoso per Paranormal Activity, dona agli spettatori brividi e ricordi di grande impatto emotivo,esaltati, seppur solo nella forma della commozione, da un evento storico  preciso che ha fatto scalpore: quale è stato l’esplosione del reattore n°4 di Chernobyl. La forza mnemonica  del film è straordinaria, ben veicolata con lo strumento della suggestione che il fantastico mondo dell’Horror riesce spesso a creare con i suoi strumenti.

Chernobyl  ha fatto tremare il mondo facendo ripensare tutto un modo di produrre energia che allora era dato per scontato a favore del nucleare perché economicamente più vantaggioso.

Il soggetto di questo film, nel suo complesso,  è caratterizzato da forme espressive artistiche già collaudate, riconoscibili per i loro effetti emotivi più estetizzanti, di buona letteratura filmica.

Le sequenze sceniche sono spesso anche di alto valore drammatico, addirittura a volte di eccelsa, preziosa spaventosità,  qualcosa che risulta sempre pertinente al genere horror.

Inutile dire che le location del film valgono da sole quasi l’intera pellicola, esse contribuiscono a fondere magistralmente  il genere horror fantascientifico con una sorta di verismo da spogliazione, da decadenza sociale, quale era diventata Pripyat, amplificando dramma e tensioni in misura tale da lasciare per lungo tempo  lo spettatore intontito e rapito da un vero, riuscito spettacolo.

L’atmosfera reale di Pripyat  con tutte le sue gradazioni metaforiche di grigio esistenziale riesce a entrare quasi tutta nel film, i silenzi gravidi di pericoli, l’erbaccia delle strade che buca l’asfalto, i ponti dei fiumi ormai impercorribili perché privi di manutenzione, la minaccia di una morte invisibile portata da radiazioni variabili da luogo  a luogo che può colpire perché no anche lo staff del film, la mutazione deformante del corpo che non ha fretta di apparire lasciando ancora nell’animo di alcuni cittadini qualche tiepida speranza che li induce a  ritornare nelle proprie case di Pripyat, sono fattori di vero che combinati con una sceneggiatura  di intrecci ben intriganti, di mestiere, che funziona come di dovere, rendono il film meravigliosamente attraente. Finzione e documento storico, arte e spettacolo si armonizzano in un sentire d’insieme di alto valore estetico che è comunicato agli spettatori con  grande efficacia, anche tecnica.

Bocciato dalla critica che si è soffermata, inspiegabilmente, sugli aspetti formali della pellicola, giungendo a un giudizio negativo, perché essi sono stati ritenuti affetti, gravemente, da  un già visto,  l’opera di Parker è in realtà un film che coinvolge lo spettatore su diversi piani psichici e culturali, donando ricchezza suggestiva, sovente originale,  e una paura che percepiamo come nostra proiettata com’è in un imminente futuro, ben reale, ancora eccessivamente nucleare.

Oltre all’importanza del piano storico mnemonico  questo film di Parker è  gradito per come porta lo spettatore a sperimentare esteticamente una curiosità reale intorno allo spaventoso mutamento genetico che può venire dall’incidente nucleare.

Quanto le apparizioni fisiche mutanti, misteriose, del film sono irreali e quanto reali? Con questo film, fantahorror e naturalismo sembrano trovare un equilibrio, perché la fantasia non prende mai un sopravvento nefasto sulla realtà, e ciò aumenta le nostre apprensioni-spettacolo lasciandoci  però ben cullati, in una poltrona sicura, dai massaggi estetici  del dispositivo della finzione.

 BIAGIO GIORDANO
Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.